Il benessere organizzativo è la capacità di un’organizzazione di saper crescere, di svilupparsi, di cambiare promuovendo adeguati livelli di benessere psicofisico delle persone e incrementando l’appartenenza al contesto e la convivenza sociale.
Pertanto, cambiare significa progettare efficaci interventi aziendali finalizzati e pensati in termini di passaggio di stato dell’organizzazione, una transizione da uno stato ad un altro, in una unità di tempo precisa.
Ogni azione di cambiamento prevede il passare da una situazione ad un’altra, accettando un “periodo di ambivalenza” caratterizzato dal fatto che il vecchio e il nuovo devono coesistere insieme e con pari intensità, nel medesimo contesto, generando entropia e/o conflitto. Secondo il modello di cambiamento, elaborato dallo psicologo sociale Kurt Lewin negli anni ‘50, esso si realizza in tre passaggi fondamentali:
- Disgelo che consiste nella messa in discussione dell’atteggiamento precedente (situazione presente).
- Cambiamento in cui vengono introdotti nuovi comportamenti che dovranno essere adottati.
- Ricongelamento che consiste nel consolidamento di un nuovo atteggiamento.
Questi passaggi consentono l’apprendimento di nuovi comportamenti e atteggiamenti organizzativi, garantendo una nuova visione collettiva dei livelli di benessere organizzativo.
Elementi che agiscono nel processo di cambiamento organizzativo
Un processo di cambiamento organizzativo (o Change Management) si avvia attraverso delle “spinte” che mettono in tensione l’organizzazione, spinte che divengono fattori motivanti per la trasformazione strategica della stessa. Queste spinte possono essere:
- Spinte esterne: comuni a tutte le organizzazioni e individuate, ad esempio, con l’introduzione di nuove tecnologie, con le caratteristiche della forza lavoro, con le pressioni socio-politiche e gli eventi critici che riguardano un determinato periodo storico.
- Spinte interne: contestuali e specifiche della singola realtà organizzativa. Sono riconducibili a problematicità legate alla gestione del personale e alle decisioni e ai comportamenti dei manager.
- Spinte individuali: ancora più specifiche, in quanto legate alla Persona e al suo percorso lavorativo.
In questo processo di cambiamento agiscono molteplici elementi, tra i quali:
- Le resistenze: identificabili in quelle forme e funzioni organizzative che tendono a permanere nel sistema organizzativo, anche se inefficienti e non funzionali rispetto alle nuove esigenze organizzative.
- Gli agenti di cambiamento che risiedono nella leadership, nei ruoli organizzativi critici e nelle reti interne all’organizzazione.
- I processi di cambiamento che intervengono a rompere le condizioni di inerzia organizzativa provocata dalle resistenze e dalle forze oppositrici al cambiamento. I processi di cambiamento sono identificabili come segue:
Attraverso il cambiamento, le organizzazioni modificano i propri sistemi e sottosistemi organizzativi per sopravvivere nei contesti che richiedono un cambiamento continuo e un adeguamento costante alle esigenze esterne.
Il cambiamento organizzativo, dunque, coinvolge l’organizzazione a 360° mettendone in risalto le sue caratteristiche e i nodi sostanziali e critici sui quali è necessario agire, attuando dei processi trasformativi.
Il cambiamento organizzativo richiede alle aziende un atteggiamento proattivo, considerandolo come una occasione di crescita e una opportunità da cui poter trarre vantaggio competitivo.
Tipologie di cambiamento organizzativo
La letteratura psicosociale mette in evidenza la natura relazionale del cambiamento organizzativo, in quanto, esso riguarda l’interazione tra le diverse variabili interne all’azienda, come la struttura organizzativa, i processi, il personale, i meccanismi operativi. In tal senso, se il benessere organizzativo è la capacità di una organizzazione di crescere e svilupparsi producendo cambiamento al suo interno, è fondamentale individuare gli oggetti del cambiamento organizzativo, e dove questi intervengono all’interno dell’organizzazione.
Richard Daft, esperto in teoria dell’organizzazione, e Reymond Noe, Professore di Management e Risorse Umane presso l’Università dell’Ohio, nel loro saggio “Organizational behavior”, hanno identificato tre tipologie di cambiamento organizzativo che coinvolgono le aziende:
- Cambiamento della struttura e delle strategie organizzative: coinvolge in particolare il management ed include cambiamenti nel sistema di ricompense e di coordinamento.
- Cambiamento dei processi di lavoro e dell’ambiente lavorativo: è riferito al modo in cui le persone lavorano. Si tratta di programmi sul benessere, sulla qualità della vita dei lavoratori e valorizzazione dell’empowerment.
- Cambiamento culturale: si riferisce ai cambiamenti nei valori, nelle norme e negli atteggiamenti, nelle credenze e nei comportamenti degli attori organizzativi.
In sintesi, il cambiamento organizzativo può riguardare la progettazione organizzativa, la gestione del personale, ma anche la gestione del sistema informativo che consente di connettere i processi, di ridurre i tempi, di distribuire le informazioni e le conoscenze necessarie per rendere l’organizzazione flessibile.
Effetti del cambiamento organizzativo
La gestione del cambiamento organizzativo è una sfida critica per molte aziende, che si trovano dover gestire situazioni che richiedono trasformazioni e adattamenti, come il passaggio a un modello di lavoro ibrido, l’adozione di nuove tecnologie digitali o la riorganizzazione di strutture aziendali per migliorare l’efficienza operativa.
Gestione del cambiamento
Perché il cambiamento risulti efficace, è necessario adottare un approccio sistematico e una pianificazione strategica. Utilizzando un solo modello o una combinazione di più modelli di cambiamento, l’azienda può sviluppare la metodologia di gestione del cambiamento più efficace. Ciascun modello di cambiamento sottolinea l’importanza di mettere i dipendenti al centro di pianificazione e attuazione del cambiamento. Nessuna delle metodologie di gestione del cambiamento può essere considerata la migliore in assoluto, in quanto, ogni sistema organizzativo ha le proprie esigenze e i propri bisogni e l’intervento più efficace si realizza analizzando la singola realtà organizzativa.
Tra i modelli di cambiamento più utilizzati per favorire la transizione organizzativa, c’è il modello di Beckhard elaborato dal Professore e ricercatore americano Richard Beckhard, uno dei principali riferimenti nel campo del Change Management.
Questo modello aiuta a identificare i fattori chiave che determinano il successo di una transizione e a comprendere come superare le resistenze che possono ostacolare il processo.
Alla base del modello c’è la formula del cambiamento, che rappresenta in modo schematico le condizioni necessarie per garantire una transizione efficace:
𝐶 = 𝐷 × 𝑉 × 𝐹 > 𝑅
- C (Change): si riferisce al cambiamento desiderato.
- D (Dissatisfaction): indica il livello di insoddisfazione rispetto alla situazione attuale.
- V (Vision): rappresenta la visione chiara e condivisa del futuro.
- F (First Steps): fa riferimento ai primi passi necessari ad avviare il cambiamento e rendere l’obiettivo raggiungibile.
- R (Resistance): si riferisce alla resistenza al cambiamento.
Secondo Beckhard, il cambiamento avviene solo quando il prodotto di insoddisfazione, visione e primi passi è maggiore della resistenza. Se uno di questi elementi è assente o debole, l’iniziativa rischia di fallire.
Per APPLICARE IL MODELLO IN AZIENDA si devono individuare ed elaborare gli elementi della formula: dall’insoddisfazione iniziale alla definizione di una visione chiara, passando per i primi passi concreti e la gestione della resistenza.
Valutare e stimolare l’insoddisfazione (D)
L’insoddisfazione verso una o più situazioni è il motore del cambiamento. Per riconoscere questo elemento è necessario:
- Raccogliere e condividere dati oggettivi sulle performance attuali.
- Facilitare il confronto creando occasioni di dialogo con il team.
- Evidenziare il divario tra situazione attuale e potenziale.
Costruire una visione condivisa (V)
La visione deve essere chiara, condivisa e allineata con i valori aziendali. Per questo occorre:
- Definire obiettivi specifici e misurabili.
- Comunicare i benefici attesi per l’organizzazione e il team.
- Creare una narrazione convincente sul futuro atteso.
- Coinvolgere il personale nella definizione della visione.
Pianificare i primi passi concreti (F)
Per poter passare dalla teoria alla pratica, occorre pianificare i cosiddetti “first steps” e:
- Identificare i miglioramenti (quick wins) realizzabili nel breve periodo.
- Definire traguardi (milestone) chiari e verificabili.
- Allocare un numero di risorse adeguate, stabilendo ruoli e responsabilità.
- Determinare una timeline realistica.
Gestire la resistenza al cambiamento (R)
La resistenza fa parte del processo e deve essere, oltre che accettata e compresa, anche gestita in modo proattivo. Per questo occorre:
- Ascoltare le preoccupazioni e i timori del team.
- Formare le persone e offrire loro supporto.
- Coinvolgere il personale nel processo.
- Comunicare in modo continuo e adeguato il cambiamento e i suoi benefici.
Seguendo il modello di Beckhard e i suoi principi, è possibile strutturare un processo di cambiamento attorno a quattro domande fondamentali:
- Dove siamo in questo momento? Analisi della situazione attuale.
- Dove vogliamo andare? Definizione della visione futura.
- Come possiamo arrivarci? Pianificazione strategica degli step da seguire.
- Come possiamo gestire il percorso di transizione? Implementazione e gestione del cambiamento.
Queste domande riflettono gli elementi della formula di Beckhard e possono aiutare le aziende a comunicare il cambiamento in modo trasparente e aperto a tutti i membri dell’organizzazione.
La resistenza al cambiamento
Il cambiamento organizzativo può generare resistenze significative tra il personale. Questa reazione è del tutto naturale ed ha radici profonde nella psicologia umana, in quanto, le persone tendono a resistere al cambiamento per:
- Il timore dell’ignoto e dell’incertezza;
- la perdita percepita di controllo o status;
- la perdita di comfort derivante dalle routine esistenti;
- la mancanza di comprensione dei benefici che può portare il cambiamento;
- le esperienze negative sperimentate nei cambiamenti precedenti;
- il senso di stanchezza o frustrazione causata da cambiamenti troppo frequenti.
- Etc.
Per questi motivi, un supporto ai sistemi organizzativi nella gestione del cambiamento da parte di un professionista attraverso una consulenza organizzativa mirata può essere funzionale a strutturare uno spazio di lavoro per:
- Facilitare una comunicazione efficace e trasparente all’interno dell’organizzazione.
- Aiutare a strutturare il processo di cambiamento, obiettivi chiari e la modalità per raggiungerli, trasmettendo fiducia e convinzione al personale.
- Anticipare e gestire le resistenze in modo proattivo.
- Coltivare e costruire le competenze necessarie (attraverso una formazione mirata), accogliendo la percezione personale di disorientamento trasformandola in opportunità di crescita e non di minaccia alla propria autostima e autorealizzazione.
- Individuare all’interno dell’organizzazione persone e ruoli in grado di agire come “agenti di cambiamento”. Avranno il ruolo di “traino” del resto dell’organizzazione che avrà bisogno di riconoscersi in loro e di vedere che c’è già chi si è messo in movimento.
- Supportare il management nel mantenimento della direzione strategica.
- Sostenere psicologicamente tutti i protagonisti coinvolti nel cambiamento organizzativo.
Dal pensiero all’azione
Un numero sempre maggiore di sistemi organizzativi includono nuove strategie che possano promuovere il benessere dell’ambiente di lavoro e delle relazioni, consapevoli del fatto che, se i lavoratori sono messi nella condizione di poter operare serenamente, di accogliere i cambiamenti organizzativi, di sentirsi a proprio agio, realizzati e appagati, portano a termine i propri compiti lavorativi in modo più efficace e produttivo.
La consulenza organizzativa è orientata al benessere, è orientata a creare ambienti di lavoro equilibrati, produttivi e motivanti.
Ogni intervento dello psicologo è personalizzato rispetto ai bisogni specifici del Cliente (es. azienda di grandi e piccole dimensioni, ente formativo, struttura sanitaria, studio associato di liberi professionisti, etc.) puntando a creare soluzioni sostenibili e a lungo termine.
Una consulenza organizzativa diviene un processo interattivo tra Cliente (sistema organizzativo) e consulente psicologo, attraverso il quale poter circoscrivere l’aspetto sul quale si vuole intervenire, giungendo a co – costruire una soluzione organizzativa efficace ed evolutiva.
L’obiettivo è quello di intervenire strategicamente a sostegno del cambiamento e del benessere organizzativo, attraverso azioni che connettano la performance lavorativa, la salute psicofisica, emotiva e relazionale individuale e gli obiettivi di business.
Puoi contattarmi per scoprire come possiamo progettare insieme una soluzione personalizzata, affrontare le sfide della tua organizzazione, promuovere la salute fisica e psicologica, migliorare il clima lavorativo, la gestione del cambiamento, la comunicazione e la produttività.
Come? Attraverso interventi su misura:
- Percorsi di formazione.
- Sessioni individuali di supporto psicologico.
- Programmi personalizzati per leader, manager e team.