La nascita di un bambino è sempre un evento importantissimo nella vita dei genitori, come dei parenti e della comunità che li circonda, un evento che decreta il passaggio dallo status di ‘coppia’ a quello di ‘famiglia’.
E’ un momento su cui i partner hanno fantasticato molto sulle aspettative positive, bisogni, desideri e preoccupazioni, preparandosi ad accogliere il nuovo componente della famiglia che, perlomeno nei primi mesi di vita, assorbirà gran parte delle attenzioni di tutti.
In alcuni casi può capitare che il figlio non rispecchi le aspettative del genitore, nel caso dei bambini affetti da disabilità (di natura cognitiva e/o motoria e/o metabolica, etc.), questa violazione del ‘bambino-immaginato’, può essere traumatica e difficile.
In queste situazioni, spesso tutte le attenzioni sono istintivamente concentrate sul figlio, dimenticando che non è l’unico a soffrire, con significative conseguenze psicologiche per i genitori, che si trovano a gestire direttamente una situazione a cui non erano preparati.
Questa situazione può avvenire anche più in là negli anni, non necessariamente alla nascita del figlio, ad esempio, con una disabilità acquisita in seguito ad un incidente.
Il dolore è fortissimo, misto a sentimenti di impotenza e di insicurezza, e lo stress raggiunge livelli elevatissimi.
Ricaduta sull’autostima del genitore
Se la nascita di un “figlio sano” viene inconsciamente elaborata come una conferma positiva delle proprie capacità, del proprio senso di Sé e rappresenta una buona iniezione di autostima per i genitori, la nascita di un “figlio disabile” viene vissuta, in particolare dalla madre, come l’espressione della propria inadeguatezza e come un vero e proprio fallimento.
L’autocolpevolizzazione è una delle prime e inevitabili risposte emotive.
Questo vissuto inevitabilmente invalida l’autostima, la percezione della propria efficienza genitoriale e il riconoscimento del proprio valore come Persona.
Tali reazioni emotive interferiscono con il processo di adattamento dei genitori alle nuove condizioni, che la nascita del bambino richiede, andando ad ostacolare l’attivazione delle risorse interne necessarie a tutti i livelli di cura, di cui il neonato necessita.
Le esigenze di cura del bambino sono diverse da ciò che ci si aspettava, facendo sentire i genitori molto impreparati, soprattutto se alla prima esperienza genitoriale.
Conseguenze emotive
Allo shock iniziale seguono nel tempo fasi di negazione e rifiuto di riconoscere l’evidenza, ad esempio, sperando in un errore di diagnosi, alternando fasi depressive e di isolamento e a reazioni di autocolpevolizzazione.
Non trovando spiegazioni, il genitore incolpa se stesso, si fa bersaglio di critiche profonde, a cui reagisce attivando nei confronti del bambino, tendenzialmente, un atteggiamento iperprotettivo e una totale dedizione o, in altri casi, di rifiuto.
La tristezza pervasiva si attiva dal momento in cui il genitore prende atto della discrepanza tra il figlio perfetto immaginato e il figlio reale difficile da accettare e da amare.
Iperprotezione
Nel caso in cui un genitore o entrambi tendono ad iperproteggere il figlio, è possibile imbattersi nell’ostacolo del riconoscimento del potenziale del bambino, cioè delle capacità che si celano dietro alle sue disabilità.
I genitori tendono ad anticipare i bisogni del figlio, senza che il bambino abbia il tempo di esprimerli, si sostituiscono a lui anche dove potrebbe fare da solo.
Rinunciare, da parte dei genitori, agli eccessi di protezione è emotivamente faticoso poiché riattiva i sensi di colpa e l’idea di sentirsi egoisti, stati emotivi che aumentano sempre più, alla sola possibilità di pensare di ritrovare uno spazio per recuperare la propria individualità o la dimensione di coppia.
Intervento terapeutico
L’accettazione della nascita di un figlio disabile non è mai un percorso facile, né una meta che si raggiunge una volta e per sempre, ma una sfida possibile.
L’obiettivo è sostenere i genitori a non dimenticarsi di se stessi e della propria relazione di coppia, evitando quindi che si lascino assorbire completamente dalle cure necessarie al bambino.
UN NUOVO EQUILIBRIO può essere ricercato:
*Lavorando attraverso un PERCORSO PSICOLOGICO INDIVIDUALE mediante il quale il singolo genitore può
- Approfondire la storia di vita della Persona all’interno dei suoi mondi relazionali d’appartenenza.
- Agevolare un processo di accettazione della disabilità del figlio e le intense emozioni che accompagnano questo vissuto.
- Potenziare l’autostima, il senso di adeguatezza e il senso di efficacia genitoriale.
- Scoprire nuove risorse cognitive, emotive e relazionali.
- Acquisire tecniche di coping per gestire lo stress e il senso di frustrazione.
- Riflettere sul proprio stile genitoriale per consentire di ridefinire un senso di genitorialità più consapevole per il benessere dei propri figli.
- Ristrutturare le credenze disfunzionali legate al proprio valore.
- Riacquisire un valore del Sé che non sia associato alla disabilità del figlio.
- Riprendere il controllo della propria vita, ritrovare l’autonomia decisionale, la libertà di essere se stessi e sentire di meritarsi di essere sereni.
Un percorso personale può essere anche utile per sostenere la relazione con il figlio, in quanto può accadere che la relazione diventi, soprattutto per la Persona che si occupa principalmente del figlio, estremamente simbiotica, tanto che il genitore non permette al figlio di sviluppare neanche quel minimo di autonomia di cui sarebbe capace. Un aiuto professionale può quindi consentire di trovare un maggiore equilibrio tra l’espressione della propria genitorialità e la crescita del proprio bambino.
*Lavorando attraverso un PERCORSO PSICOLOGICO DI COPPIA per sostenere i partner nell’accettazione e nell’elaborazione del trauma della disabilità di un figlio, condividendo insieme e in modo sincero le emozioni, le aspettative deluse e rivedere, con dei nuovi presupposti, il progetto di vita. Un sostegno psicologico, soprattutto nelle prime fasi dell’adattamento emotivo, può aiutare a gestire in modo efficace lo stress, diminuire la tristezza, i sensi di colpa, il senso di ingiustizia e frustrazione, la rabbia, l’ansia, permettendo di rielaborare e gradualmente accettare la disabilità del figlio.
Il RICONOSCIMENTO, l’ELABORAZIONE e la RI – SIGNIFICAZIONE in senso evolutivo DEL MALESSERE espresso dal singolo partner e/o dal sistema coppia può agevolare la ridefinizione di una nuova dimensione di coppia e un senso di genitorialità più consapevole per il benessere del nuovo nato e, se sono presenti, anche degli altri figli.
*Lavorando attraverso un percorso di TERAPIA FAMILIARE, per restituire sogni, motivazioni, aspettative, ruoli e competenze, al fine di non dimenticare di essere persone con bisogni e necessità, che non siano il solo “prendersi cura di”. Questo è soprattutto importante per gli altri figli che sono già presenti. Può succedere che i genitori si concentrano così tanto sul figlio disabile da prestare meno attenzione agli altri figli. L’intervento psicologico può aiutare a riequilibrare l’attenzione dei genitori e distribuirla tra i vari componenti del nucleo familiare, per evitare che questi si sentano secondari al figlio disabile o, addirittura, in colpa per essere ‘sani’. Accogliere e condividere il significato che la disabilità può avere per ciascun componente della famiglia, nonché le emozioni e i pensieri ad essa connessa, è funzionale ad agevolare il benessere, i bisogni e una qualità di vita soddisfacente per tutti i componenti del nucleo familiare.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé e di qualcuno importante per Te.
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