Il disturbo psicopatico (psicopatia) si caratterizza per un quadro comportamentale antisociale che inizia a manifestarsi durante l’infanzia.
Si caratterizza per una serie di fattori interpersonali, affettivi e comportamentali:
- Loquacità/fascino superficiale: lo psicopatico è spesso un conversatore divertente e piacevole, capace di raccontare storie improbabili, ma convincenti, che lo mettono in buona luce agli occhi degli altri,
- Senso grandioso del Sé: la psicopatia è caratterizzata da un’opinione elevata del proprio valore e delle proprie caratteristiche.
- Bisogno di stimoli/propensione alla noia: lo psicopatico si annoia rapidamente e tende a ricercare la riattivazione comportamentale o emotiva assumendo comportamenti a rischio.
- Menzogna patologica: possiede solitamente una notevole prontezza ed abilità nel mentire.
- Atteggiamento manipolatorio: può far uso della frode per truffare, ingannare o manipolare gli altri, al fine di conseguire uno scopo personale percepito come vantaggioso.
- Assenza di rimorso/senso di colpa: la psicopatia può manifestarsi con assenza di preoccupazione per le conseguenze negative delle proprie azioni.
- Affettività superficiale: le emozioni sono spesso teatrali, superficiali e di breve durata.
- Deficit del controllo comportamentale: lo psicopatico può essere collerico o irritabile, oltreché rispondere alla frustrazione con comportamenti aggressivi verbalmente o condotte violente.
- Impulsività: nella psicopatia può essere presente la carenza di riflessione, pianificazione e premeditazione.
L’origine clinica della sociopatia non è totalmente chiara. Le ricerche evidenziano la concomitanza di fattori neurobiologici e ambientali.
Fattori neurobiologici
Alcune ricerche sostengono che l’ipotesi del “deficit empatico” sarebbe provata da un’anomalia nel funzionamento della amigdala (complessa struttura cerebrale, con sede nel sistema limbico, che conserva ed elabora le emozioni) che renderebbe difficile e/o assente il riconoscimento delle emozioni altrui come ansia e tristezza, nonché bassa reattività agli stimoli nocivi o minacciosi, implicando un’insufficiente sensibilità alle punizioni e, di conseguenza, una limitata rilevanza attribuita alle norme morali.
L’assenza di reciprocità emotiva ed empatia, oppure la riduzione di intensità con cui vengono vissute e rappresentate le emozioni, potrebbe spiegare la capacità di persuasione che connota queste persone. Mancando di empatia, le persone psicopatiche sarebbero maggiormente in grado di rappresentare la loro vittima come “un oggetto da usare”, riuscendo a non provare rimorso o senso di colpa per le conseguenze delle loro azioni.
Fattori cognitivi
Gli schemi di base di sé, degli altri e del mondo degli psicopatici sembrano caratterizzarsi per rigidità ed inflessibilità. Lo psicopatico vede se stesso come forte e autonomo, mentre gli altri come deboli e passibili di sfruttamento. È presente un bias (errore cognitivo) per il quale sono sovrastimate le intenzioni cattive altrui. Lo psicopatico tenderà dunque a fare massima attenzione, minimizzando il rischio di essere vittima e divenendo lui stesso aggressore.
Fattori ambientali
La storia evolutiva delle persone psicopatiche è generalmente caratterizzata da esperienze di genitorialità disfunzionali, ad esempio, disciplina inconsistente o, al contrario, eccessivamente severa; bassa supervisione e monitoraggio; insufficiente espressione dell’affetto; alto numero di verbalizzazioni negative ed elevata conflittualità, atteggiamenti rabbiosi, incoerenza nel gestire le situazioni.
Dalle ricerche, emerge che i contesti familiari della Persona psicopatica non sono stati in grado di assolvere i bisogni psicologici, emotivi, affettivi e di accudimento del bambino.
Si possono predire relazioni aggressive con i coetanei e l’affiliazione a gruppi devianti in età adolescenziale.
Intervento terapeutico
Il trattamento della psicopatia va definito all’interno del quadro sintomatologico complessivo nel quale viene diagnosticato.
L’intervento è orientato verso i sintomi del disturbo antisociale di personalità e consiste nel trattamento psicoterapeutico, riabilitativo e farmacologico.
La capacità di provare empatia può essere un elemento cruciale per una prognosi maggiormente favorevole nel trattamento della psicopatia. Essendo l’empatia, nonché il rispetto degli altri, carente e/o assente, per il disturbo psicopatico sono possibili interventi riabilitativi atti a:
- Indurre la Persona a comprendere la natura e le ragioni del proprio comportamento attraverso un riesame della propria storia evolutiva e familiare.
- Favorire esperienze più positive dell’autorità (mettere in evidenza, ad esempio, la funzione protettiva e di vigilanza rispetto ai diritti e ai doveri reciproci).
- Favorire la riflessione sul processo azione – conseguenza.
- Ridurre il bias (distorsione cognitiva) attributivo ostile.
- Incoraggiare la costruzione di un ruolo sociale (es. atteggiamenti, competenze, ecc.) utile a favorire l’appartenenza e la cooperazione.
- Favorire la funzionalità del senso di appartenenza e della socialità.
- Connettere il valore personale e la buona immagine con il comportamento eticamente accettabile.
Il trattamento della psicopatia è complesso in quanto le persone non sono motivate al cambiamento e hanno gravi deficit di monitoraggio del proprio funzionamento.