Social network addiction
dipendenza da social network
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Sono passati trent’anni dalla nascita del World Wide Web (Brenners Lee, 1991) ed è incredibile notare l’evoluzione velocissima di questa tecnologia. Internet rappresenta una vera rivoluzione in moltissimi ambiti della vita quotidiana delle persone, in particolar modo in quello della comunicazione.

L’incontenibile diffusione di devices quali smartphone, smartwatch e simili ha consentito all’utenza, attraverso la tecnologia insita ai social network, di vivere una connessione relazionale ininterrotta.

Il processo è naturale e automatico: non esiste più un on/off, non si è mai disconnessi, le uniche opzioni contemplate sono “disponibile” o “occupato”. L’utente non rinuncia mai alla connessione, neanche quando vorrebbe non essere interrotto da messaggi o notifiche.

 

Cos’è un social network?

Un social network è una piattaforma online grazie alla quale le persone possono connettersi con altre e condividere interessi, eventi o qualsiasi cosa desiderino.

La possibilità offerta dai social di essere costantemente connessi con amici e conoscenti e, più in generale, con l’intera comunità virtuale ha profondamente trasformato le relazioni tra le persone.

 

  • Essere attivi online sembra significare essere partecipativi nella società.
  • Avere un profilo social apprezzato e visitato significa avere valore come Persona.

 

Assimilando queste idee, l’utente inizia a creare un ponte tra la realtà e la realtà virtuale che può arrivare a destabilizzare la concezione di ciò che significa realtà.

L’utente che inizia a dare troppo peso e a tener troppo conto di quello che accade sui social network può perdere il senso critico circa i contenuti condivisi e visualizzati, convincendosi progressivamente del fatto che tutta la sua attività sui social network sia qualcosa che effettivamente avrà valore nella realtà della sua vita.

In altre parole, l’utente si può convincere del fatto che avere amici ed essere apprezzati ed essere seguiti online, significa esserlo anche nella realtà.

Spesso queste traslazioni tra reale e virtuale avvengono poiché il rapporto umano è quello più complesso e, al contempo, entusiasmante da gestire e vivere. I social network possono essere utilizzati come scorciatoie per entrare in relazione, trovando appagamento e soddisfazione in relazioni virtuali piuttosto che in quelle reali.

 

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Il bisogno di avere dei rapporti sociali rimane insito nell’uomo. I social network hanno consentito una sorta di socialità 2.0, basata su like, condivisioni e visualizzazioni, che elicita una “pressione sociale da connessione” giungendo all’espressione di forme di ansia sociale, ma anche a numerosi vantaggi circa la possibilità di comunicare con persone in tutto il mondo in modo istantaneo, nonché a diffondere informazioni in tempo reale.

 

 

 

 

Engagement

Nel campo di ricerca della user experience, il livello di attivazione dell’attenzione dell’utente che interagisce con una particolare applicazione viene definito engagement.

Gamberini, Chittaro e Paternò (2012) nel loro testo “Human-Computer Interaction, fondamenti dell’interazione tra persone e tecnologie”, condividono che “il coinvolgimento dell’utente (engagement) è una dimensione dell’esperienza d’uso che presuppone che l’utente sia coinvolto, curioso, motivato, attento e percepisca un buon livello di controllo della situazione. Variabili che agiscono sul coinvolgimento sono l’estetica, l’attrattività sensoriale, alcuni affettivi (emotivi) indotti dalla tecnologia, il tipo e il livello di sfida che ci si propone, la motivazione”.

L’engagement stabilisce se un’applicazione riesce a coinvolgere l’utente a un livello tale da potervi trarre soddisfazione e piacere, diventando l’utente stesso partecipe di questo processo.

La fruizione istantanea dei contenuti non fa percepire alcuna mediazione tra fruitore e creatore e, per questo motivo si crea l’illusione di un contatto tra le due parti.

Il messaggio è semplice: fotografie, video, storie, frasi brevi, frasi a effetto, parole, emoticon e altri simboli caratterizzate da altrettanta semplicità, che sommati contribuiscono alla creazione di una personalità.

Il social network ha il potere di creare una sorta di alter ego virtuale di una Persona.

I social network creano un ambiente virtuale con delle caratteristiche che consentono all’utente di sentirsi al sicuro, di avere una personalità e di potersi esprimere socialmente.

L’utente percepisce di essere invulnerabile poiché c’è distanza fisica da tutto ciò che circonda il suo ego virtuale.

 

Questa percezione può condurre a preferire la virtualità alla realtà, perché vista come un mezzo “più efficace” di comunicazione e socializzazione, allontanandosi progressivamente dalle relazioni reali, indispensabili per una vita sana ed equilibrata.

Il monitor di un computer o il display di uno smartphone permettono all’utente di nascondere la propria individualità, consentendogli di crearsi un’individualità alternativa nel mondo virtuale, rimodellata in base a quello che desidererebbe essere a scapito della sua reale identità (es. fotografie modificate per apparire più attraente).

Anche il concetto di amicizia può mutare. Tutto e tutti sono più accessibili e i limiti sono sfumati rispetto alla società reale. Per fare amicizia basta un click, per non essere più amici basta un click.

Questo processo ha dato al concetto di engagement una nuova accezione. Lo stato di engagement si attiva nell’utente che desidera provare la sensazione di far parte di qualcosa di più grande, di essere attivo e incluso nella società, anche virtuale. Per tentare di essere più “socialmente apprezzato”, di avere più persone che lo seguono, con le quali scambiarsi contenuti o, semplicemente di non restare isolato, l’utente può farsi assorbire totalmente da una realtà irreale e distorta proposta online, causandone il progressivo isolamento sociale.

 

Fear of Missing Out (FoMO)

Per ciò che concerne i social network, oltre all’engagement, esiste un altro fattore che può contribuire ad alterare il rapporto tra mondo reale e virtuale. Dossey (2014) ne parla nella Rivista “Explore” nell’articolo “FOMO, Digital dementia and Our Dangerous Experiment”, definendo questo fattore Fear of Missing Out (FoMO).

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La FoMO è una parola che si può tradurre come “paura di essere tagliato fuori”, ovvero la paura irrazionale di perdere un evento o una manifestazione che sarà ricordata nel tempo. Si può dire che questa fobia sia una concreta manifestazione di ansia sociale. La paura è sostanzialmente quella di essere tagliati fuori da qualcosa di grande e per questo non essere socialmente accettati nel gruppo di cui si vorrebbe far parte. Con il termine FoMO si può anche indicare la “paura di essere rifiutati”, connessa al fatto che si potrebbero perdere delle particolari occasioni per instaurare nuovi legami sociali.

Gli utenti esperendo queste emozioni possono rendersi conto di esporsi all’isolamento dalla società reale, sostituendo il tempo passato online con quello passato con persone reali. Questa condizione accresce il livello di FoMO.

La FoMO indebolisce l’autostima, costringendo chi ne soffre a controllare compulsivamente i propri profili social nonché quelli dei propri conoscenti, comparandoli costantemente.

Da ciò deriva una continua ricerca di apprezzamento, che spinge l’utente a passare sempre più tempo sui social per postare fotografie o qualsiasi cosa ritenga in grado di attirare l’attenzione, creando così un ciclo di “iper-utilizzo” nel tentativo costante di migliorare la propria reputazione virtuale.

Questo comportamento può sfociare in diverse direzioni: esibizionismo e narcisismo fino ad arrivare al cyberbullismo con tratti di ipercriticismo e atteggiamento giudicante verso le altre persone, significativamente brutali.

 

Attualmente, molte ricerche si interessano a queste tematiche e lo psicologo John Grohol, un esperto in questo settore, ha elaborato la seguente teoria:

“I giovani e gli adulti messaggiano mentre guidano perché la possibilità di una connessione sociale è più importante delle loro vite (e di quelle degli altri). Interrompono una chiamata per rispondere ad un’altra anche se non sanno chi c’è sull’altra linea. Controllano il loro profilo online anche durante un appuntamento anche per la vaga possibilità che accada qualcosa di più interessante. Tutto ciò non è considerato interruzione, ma connessione. Anzi, neanche connessione, ma solamente la potenziale evenienza di una connessione, potrebbe essere migliore o peggiore, non si saprà finché non si avrà provato”.

Tutto ciò sembra essere profondamente legato ad un mondo che effettivamente non esiste. La profonda simbiosi tra realtà e virtualità ha portato a questo tipo di malessere. Chi soffre di questi disagi non riesce a rendersi conto dell’inconsistenze dei fatti, delle informazioni e delle relazioni che provengono dai social network. La rincorsa alla personalità più accattivante, in una dimensione astratta e, spesso, non reale, è la meta finale.

 

Dipendenza da social network e Dipendenza da internet

Gli esperti che si occupano di dipendenze comportamentali condividono l’ipotesi ci sia una evidente correlazione tra dipendenza da Internet e assuefazione ai social network.

Studi pioneristici sulla Internet Addiction Disorder (IAD) sono attribuiti allo psichiatra americano Ivan Goldberg, che nel 1995 ne ha identificato i sintomi caratteristici, oggi ancora considerati validi:

  • Bisogno di trascorrere sempre più tempo in rete per ottenere soddisfazione.
  • Marcata riduzione dell’interesse per altre attività che non prevedano l’uso di Internet.
  • Sviluppo, dopo la sospensione o la diminuzione dell’uso della rete, di agitazione psicomotoria, ansia, depressione, pensieri ossessivi su cosa accade online, classici sintomi dell’astinenza.
  • Necessità di accedere alla rete sempre più frequentemente o per periodi più prolungati rispetto all’intenzione iniziale.
  • Impossibilità di interrompere o tenere sotto controllo l’uso di internet.
  • Dispendio di grandi quantità di tempo spese in attività correlate alla rete.
  • Continuare a utilizzare internet, nonostante i problemi sociali, fisici, lavorativi o psicologici provocati dalla rete.

 

Come è evidente, i sintomi indicati da Goldberg per descrivere lo schema cognitivo, emotivo e comportamentale di una Persona dipendente da Internet sono sovrapponibili a quelli di una Persona dipendente da social network.

 

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La dipendenza da social network altera l’umore e la percezione del Sé e della realtà della Persona. In tal senso, si può affermare che chi soffre di dipendenza da social network sia dipendente da un comportamento, ma ha sintomi paragonabili a quelli che si hanno nel caso di dipendenza da sostanza (astinenza o carving, ovvero pensiero fisso e desiderio incontrollabile di agire il comportamento).

L’attività compulsiva online è portata avanti in maniera costante attraverso meccanismi psicologici e neurologici, che sono alla base di sensazioni di piacere, soddisfazione, affettività e autostima.

Per la paura incontrollata di restare privi di collegamento con la rete a causa di problemi di connessione o dello smarrimento del device, da parte di un dipendente da social network, è stato coniato un temine specifico, ovvero “NOMOFOBIA” (sindrome della disconnessione).

Il termine deriva dall’inglese ed è una parola composta da “nomo” che sta per “no mobile” (ovvero assenza di cellulare) e “fobia” (paura). Questo è probabilmente dovuto al fatto che il mezzo tramite il quale si predilige utilizzare la rete è il telefono, il quale permette di essere costantemente online, senza alcun limite, portando spesso gli utenti a distogliere l’attenzione da ciò che li circonda e permettendogli di isolarsi in un ambiente fittizio.

Per ciò che concerne la correlazione tra dipendenza da Internet (IAD) e dipendenza da social network, uno studio dell’Università della Sapienza di Roma, ha dimostrato che “l’uso dei social network inteso come variabile singola non correla con aumentato rischio per IAD, né per aumentata ansia da interazione sociale. Se associato, invece, all’uso prolungato della rete per 5-6 ore o più, o al concomitante utilizzo di chat e/o net-game, si ritrova un più significativo rischio psicopatologico”.

Individuare studi che descrivano esattamente il fenomeno chiamato “dipendenza da social network” è ancora complesso e ciò potrebbe essere dovuto alla velocità dei mutamenti tecnologici e dei suoi riflessi sociali e relazionali. Detto ciò, ad oggi, una forma di dipendenza da social network appare essere del tutto plausibile.

 

social

 

Come insorge la dipendenza da social network

Non tutti coloro che utilizzano a lungo la rete ne divengono per forza dipendenti. Molti utenti traggono il meglio da Internet, ovvero tutti i vantaggi comunicativi che questa tecnologia offre: comunicazione e informazione istantanea.

L’insorgere di una dipendenza da social network può riguardare persone con pregressa espressione di ansia, depressione, dipendenze comportamentali, nonché persone che hanno vissuto eventi di vita stressanti e/o particolarmente critici (lutti, separazioni, problemi economici/lavorativi, etc.) o persone fragili che si nascondono dietro l’anonimato che la rete offre, fanno finta che i problemi reali non esistano, fanno finta di essere qualcuno che non sono, giungendo, a volte, alla perdita di contatto con la realtà fino all’isolamento sociale.

 

Intervento terapeutico

La realtà è sempre meno in grado di rispondere alle nuove forme di linguaggio e, per questo le persone usano sempre più la tecnologia per mediare e realizzare il loro rapporto con se stessi, gli altri, la realtà.

 

Le complessità psicologiche che ne derivano riguardano competenze come:

  • Le abilità metacognitive, ossia la capacità di riconoscere i contenuti della propria mente e di quella altrui (emozioni, pensieri, fantasie, desideri, sensazioni fisiche); la capacità di distinguerli e collegarli tra loro e con la realtà esterna; la capacità di gestirli, regolarli e quando possibile modificarli con l’azione o il ragionamento.
  • Le capacità di attenzione e concentrazione.
  • Le capacità di compassione, gentilezza, pazienza.

Maggiore è l’utilizzo irrazionale della tecnologia, può difficile risulta superare le difficoltà emotive derivanti dalla percezione del Sé non realistica e dall’insoddisfazione relazionale che ne consegue.

 

PREVENIRE, attraverso la sperimentazione di sane attività e relazioni autentiche nella vita reale, può essere una delle risposte per gestire la dipendenza da social network.

 

Attualmente, non esiste una terapia mirata alla dipendenza da social network, ma è comunque possibile intervenire su questa dipendenza comportamentale.

Ogni terapia è un percorso unico, strutturato in base ai bisogni della Persona e alle sue caratteristiche. Gli elementi di base sembrano essere: la promozione di attività finalizzate al controllo dei comportamenti disturbanti, di attività di vita sana, nonché il lavoro sulle emozioni e sui bisogni interiori che hanno favorito l’insorgere della dipendenza.

 

Per aiutare la Persona a riprendere in mano il controllo del proprio tempo al di là dei social network e a riscoprire il rispetto per la sua unicità senza mascherarla, può essere utile intraprendere un percorso terapeutico con le seguenti finalità:

  • Approfondire la storia di vita della Persona, la storia del sintomo e il significato dello stesso all’interno dei suoi mondi relazionali.
  • Acquisire consapevolezza circa la dipendenza da social network e gli svantaggi psicofisici e relazionali che questa condotta di dipendenza comporta nella propria vita e nella propria salute.
  • Individuare, destrutturare e ristrutturare gli automatismi, schemi cognitivi, comportamentali ed emotivi disfunzionali che elicitano e mantengono il comportamento, sostituendoli con schemi più adattivi per uno stile di vita personale e relazionale più sano.
  • Imparare a condividere i propri bisogni affettivi ed emotivi, nonché a far conoscere la parte più autentica di Sé senza sentirsi vulnerabili e giudicati.
  • Potenziare l’autostima e il senso di Sé.
  • Sviluppare comportamenti alternativi e più adattivi per la gestione delle emozioni intense.
  • Sostenere la motivazione al cambiamento dello stile di vita e al recupero del proprio benessere psicofisico e relazionale (es. regolare il tempo passato su Internet, limitarne l’uso e confinarlo in momenti precisi della giornata, oppure dedicarsi ad esso solo dopo aver svolto compiti necessari, impegnarsi in attività alternative, come attività sportive o hobbies di vario genere entrando in contatto, possibilmente, con persone reali con le quali relazionarsi e fare amicizia, etc.)

 

L’intervento psicologico si struttura analizzando la complessità del quadro sintomatologico, comprendente la dimensione cognitiva, fisiologica, comportamentale, emotiva, psicologica e socio relazionale della Persona e può avvalersi di diversificati approcci terapeutici, tra i quali quello sistemico relazionale, quello cognitivo comportamentale, l’ipnosi ericksoniana e la Mindfulness.

 

POSSO ESSERTI D’AIUTO?

Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.

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