La sensazione di essere compresi, sostenuti e appoggiati dagli altri è appagante. Sentire che le nostre emozioni e i nostri bisogni sono accettati ci fa sentire accolti e in sintonia con il nostro mondo interiore.
In alcune fasi della nostra vita, il bisogno di essere capiti diventa più forte, sentiamo l’esigenza di vedere riconosciute le nostre paure, le nostre ansie e il nostro dolore, ma non sempre accade.
In questi casi, la tipica frase è:
Nessuno mi capisce!
Talvolta, può accadere di provare una sensazione di “irraggiungilità”, come se tra te e gli altri ci sia una distanza incolmabile e, dentro questa distanza, un grande vuoto.
In questo spazio nasce la sensazione di non sentirsi capiti, la tristezza e la solitudine interiore con la certezza che nulla cambierà mai.
Questo è parte del vissuto di una Persona che vive nella propria vita la deprivazione emotiva.
La Persona resta intrappolata dentro questa dinamica.
Sentirsi deprivati emotivamente significa percepire una grande solitudine interiore, cioè la sensazione che nessuno sia disponibile per te ma, soprattutto, che nessuno possa mai comprenderti fino in fondo.
In questi casi, è importante imparare a differenziare cosa arriva da dentro di te in termini di emozioni e percezioni e, che cosa arriva dall’effettivo contatto con chi ci sta accanto. Questo per dire che, senza volerlo, chi vive questa dinamica tende più o meno volutamente a relazionarsi agli altri rinforzandola.
Esempio. Sei una Persona molto indipendente che se la cava da sola. Subisci una perdita dolorosa e stai male. Un amico ti chiede come stai e tu hai la possibilità di trovare sostegno in lui, ma non lo fai, magari non ti esponi molto, utilizzi parole che andrebbero lette tra le righe e che il tuo amico non legge.
Dentro di te si rafforza la sensazione di non essere visto e compreso in quello che senti, con la conseguenza di mandare al tuo amico il messaggio che te la caverai da solo a gestire la situazione.
Dove nasce la deprivazione emotiva
La deprivazione emotiva presuppone delle esperienze relazionali disfunzionali.
La deprivazione emotiva si autoalimenta.
Ad esempio, se ho sperimentato il senso della solitudine, mi rivolgerò alla vita sfiduciato, sentendomi impotente circa la possibilità di cambiare le cose.
Stessa cosa per la deprivazione emotiva, qualsiasi tentativo fatto dall’Altro per comprenderci, non è mai abbastanza.
Il rischio di far vincere la distanza relazionale, la chiusura sociale è alto.
Sentirci non compresi, non significa che le persone intorno a noi sono inadeguate, ma è molto difficile che gli altri riescano a capirci senza che noi ci prendiamo volontariamente mostriamo i nostri bisogni.
Sentirsi deprivati deriva dalla nostra esperienza di attaccamento vissuta nell’infanzia
Un tipo di attaccamento evitante con la figura materna caratterizzato da ASSENZA DI CALORE (coccole, abbracci, tenerezza, amore) che non fa sentire il bambino amato, che non lo fa sentire importante e meritevole di amore, ASSENZA DI EMPATIA che dovrebbe consentire alla madre di decifrare lo stato mentale del bambino (sintonizzazione), comprendere e accogliere i suoi sentimenti e comunicargli la sua vicinanza, ASSENZA DI PROTEZIONE, ovvero la sensazione di sicurezza, che consente al bambino di percepire di avere qualcuno su cui contare emotivamente, trovare supporto e guida se ne ha bisogno, conduce a sperimentare uno stato di mancanza di soddisfazione dei bisogni emotivi fondamentali.
Le capacità del genitore di accudire il bambino e di rispondere alla sua sofferenza saranno alla base dello sviluppo di credenze come “il mio dolore può essere placato”, “gli altri capiscono ciò che provo” e “le mie emozioni hanno un senso”.
Se, al contrario, la madre non è in grado di riconoscere le emozioni del bambino o, addirittura, tenta di reprimerle, la credenza che si svilupperà sarà “il mio dolore non può essere guarito” e “gli altri non possono capire ciò che provo”.
Di riflesso, nel corso del tempo può succedere di sviluppare strategie maladattive per ottenere il sostegno degli altri: lamentarsi continuamente, piagnucolare, esagerare le proprie emozioni, ripetere sempre le stesse cose, accusare o punire gli altri, arrabbiarsi, minacciare di andarcene, diventare aggressivi, tenere il broncio, mettere in atto comportamenti autolesivi.
Tutti questi comportamenti hanno il significato di richieste di aiuto, tentativi di ottenere attenzione e sostegno dagli altri. Il problema, purtroppo, è che questi comportamenti tendono a peggiorare i rapporti e ad allontanare le persone.
Come influisce l’esperienza di deprivazione emotiva infantile nelle esperienze di relazioni adulte?
- L’adulto non si lega all’Altro adottando la strategia dell’evitamento totale.
- L’adulto sceglie vicino a Sé delle persone fredde e distanzianti, che non faranno altro che rinforzare lo schema relazionale della deprivazione emotiva.
- L’adulto tenderà a interrompere i rapporti nel momento in cui stanno diventando troppo intimi. L’intimità è percepita come pericolosa perché, fondamentalmente, sconosciuta.
Uscire dallo schema disfunzionale della deprivazione emotiva
La sensazione di solitudine non è un qualcosa da demonizzare a prescindere. In alcuni momenti, il raccoglimento e l’ascolto di Sé possono fungere da spazi di crescita personale, recupero di energie e di focalizzazione sugli obiettivi da perseguire.
Questo stato di solitudine non è legato alla deprivazione emotiva.
La Persona che sperimenta questo stato tende a camuffare le proprie emozioni, a far finta che vada tutto bene. Paradossalmente, a volte, si trova ad ascoltare gli altri, piuttosto che ad essere ascoltata.
È sensibile ai bisogni emotivi altrui, quasi a compensare ciò che manca a lei, donandolo agli altri.
Do a te quello che vorrei ricevere io.
Ti chiedi mai:
Quanto ti lasci avvicinare dagli altri?
Quanto ti metti in condizione di poter ricevere qualcosa dagli altri?
Quanto ricevi e quanto dai?
Quanto ti avvali del supporto di una Persona a te vicina?
Quanto ti senti davvero meritevole di questo supporto?
Senti di non essere compreso, ascoltato. La comprensione e l’ascolto che ti viene data non ti basta mai.
Questo porta a distanziarti ancora di più dagli altri.
Come puoi trasformare il risentimento di non essere compreso in apertura e capacità di chiedere aiuto, senza il timore di essere rifiutato, criticato, abbandonato?
Può essere utile iniziare a pensare che, se riesco ad avere vicino qualcuno che mi vuole bene, posso piano piano mostrargli i miei bisogni, le mie fragilità, imparare a condividere, imparare a chiedere, farsi conoscere senza aspettative e senza paura di soffrire.
Stare in relazione in modo evolutivo e adulto significa spiegare concretamente di cosa hai bisogno, cosa senti e come gli altri possono aiutarti.
Intervento terapeutico
Per superare l’esperienza di deprivazione emotiva infantile è necessario entrare in contatto profondo con quel bambino da qualche parte dentro di te che si sente solo, non compreso, triste, deprivato.
Imparare ad ascoltare e prenderti cura dei bisogni di quel bambino, ti farà essere un adulto consapevole delle tue risorse, deresponsabilizzato dalle motivazioni di un accudimento evitante e insicuro, padrone delle tue scelte personali e affettive.
Le ferite emotive del passato continuano a far male anche se non si vedono e possono esprimersi nel nostro presente, tra le altre cose, attraverso la percezione che nessuno ci capisca, aspettando che gli altri ci leggano nella mente, non condividendo mai esplicitamente i propri bisogni e/o chiedendo aiuto all’Altro.
Quando sviluppiamo e nutriamo le ferite finiamo per identificarci con esse, creiamo un’identità intorno al Sé ferito. Quindi, è necessario non solo cicatrizzare la ferita, ma rivedere la nostra identità alla luce di nuove convinzioni più sane e positive.
Quanto influisce la tua ferita nell’espressione del tuo Sé e nelle relazioni per te significative?
Per guarire una ferita emotiva, le emozioni devono essere espresse ed elaborate fino in fondo. Questo significa sentire le emozioni completamente senza respingerle o negarle, lasciandole intrappolate nella mente e nel corpo.
Comprendere se stessi e avvicinarsi alle proprie emozioni agevola il processo di cambiamento ed evoluzione.
Un percorso terapeutico può essere utile per IMPARARE A RICONOSCERE IL PROPRIO VALORE E L’IDEA DI ACCETTARSI ED AMARSI, NONCHÉ DI MERITARE DI ESSERE AMATI, concedendosi la possibilità di esprimere i propri bisogni in modo libero e autentico, non trascinandosi più pesi emotivi o pensieri negativi del passato.
Diventare consapevoli delle proprie ferite emotive e di quello che blocca la propria naturale espressione è nelle nostre possibilità. Questi condizionamenti sono idee che abbiamo di noi stessi, acquisiti nel corso della nostra storia personale e che, con il passare del tempo, hanno preso forza, cristallizzandosi.
Il senso di un percorso psicologico va ricercato in un’ottica di promozione della crescita personale, di esplorazione delle potenzialità e delle fallibilità che ci rappresentano, accompagnando la Persona in un processo di ricerca.
Decidere di intraprendere un percorso di psicoterapia individuale significa:
- Approfondire la propria storia di vita.
- Esplorare la storia familiare e le modalità relazionali, emotive ed affettive acquisite nei propri contesti significativi di appartenenza.
- Riportare alla luce una percezione reale di se stessi, non offuscata e debilitata da pensieri negativi e non evolutivi appresi da ricordi, eventi ed esperienze passate.
- Rielaborare le esperienze negative inerenti ai legami di attaccamento insicuro ed evitante per permettere l’instaurarsi di legami significativi e soddisfacenti.
- Individuare, destrutturare e ristrutturare gli schemi distorti di funzionamento, le credenze negative e disfunzionali legate al proprio valore “IO NON VALGO”, “IO NON MI POSSO AMARE”, “IO NON SONO AMABILE” e le implicazioni che ne derivano da un punto di vista cognitivo, emotivo, psicologico, affettivo, comportamentale e relazionale, comprenderne i significati, sostenendo l’apprendimento di una nuova percezione di Sé, più costruttiva ed evolutiva.
- Agevolare lo sviluppo della consapevolezza e del collegamento tra convinzioni negative e l’idea di Sé attuale che impedisce alla Persona di esprimere i propri bisogni in modo diretto e di sentirsi costantemente incompresa.
- Imparare a volersi bene, a stare bene con se stessi e ad accettarsi.
- Imparare a prendersi cura di se stessi, imparando ad imparare dalle proprie esperienze.
- Acquisire maggiore consapevolezza circa le proprie modalità relazionali ed emotive e le ripercussioni delle stesse nelle proprie relazioni.
- Imparare a conoscersi meglio e sviluppare l’assertività in modo da poter esprimere i propri bisogni senza timore, contribuendo alla costruzione di un più solido senso di Sé .
- Potenziare la propria autostima e il senso di autoefficacia, riflettendo sulle proprie vulnerabilità e potenziando i propri punti di forza.
- Lasciare il passato nel passato, rivolgere uno sguardo positivo verso il futuro, ma soprattutto vivere con intensità la dimensione temporale del presente.
- Sostenere la motivazione della Persona al cambiamento e al recupero del proprio benessere psicofisico, emotivo e relazionale.
Strumenti d’intervento
Il percorso psicologico si avvale di tecniche e strumenti diversificati in base all’unicità della Persona e ai suoi bisogni: il colloquio clinico, l’osservazione clinica, l’ascolto attivo, una comunicazione partecipativa e trasformativa, la Terapia delle emozioni, la Terapia EMDR, l’Ipnosi ericksoniana, la Terapia cognitivo – comportamentale, la Terapia sistemico – relazionale, tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, la Timeline, l’apprendimento di tecniche di autoipnosi, strumenti grafici, la Fotovideo Terapia, home work, prescrizioni comportamentali, esercizi di role play, Carte Dixit, il potenziamento delle risorse, il Genogramma, etc., che consentono di rintracciare i costrutti, le credenze o gli schemi fissi di ragionamento responsabili dell’attivazione e del mantenimento del disturbo/problema/disagio che impedisce di perseguire in modo fluido i propri obiettivi evolutivi, destrutturarli e ristrutturarli, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.
Puoi contattarmi per chiedere informazioni o fissare un appuntamento.
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