Attualmente, non esiste una categoria nosografica univocamente riconosciuta come “dipendenza da chirurgia estetica” ed essa viene generalmente considerata come un sintomo del disturbo di dismorfismo corporeo.
Come osserva Mark Griffiths, psicologo e direttore dell’International Gaming Research Unit ed esperto di dipendenze comportamentali, “la dipendenza da chirurgia plastica può suonare come una barzelletta, ma in realtà è un problema serio di cui sempre più persone soffrono al giorno d’oggi” e strutture come la OCD-BDD Clinic della California del Nord o il Westwood Institute for Anxiety Disorders sono attive nella ricerca e nel trattamento di questo specifico disturbo.
La specificità della dipendenza da chirurgia estetica sta nel continuo ricorso ad interventi di chirurgia estetica non giustificati da condizioni mediche disfiguranti.
La soddisfazione per il proprio aspetto e l’incremento dell’autostima successive all’intervento sono temporanee o assenti e la preoccupazione e l’insoddisfazione per il proprio aspetto esteriore possono ritornare ad investire la parte già operata o spostarsi su un’altra zona del corpo.
Al riemergere di queste emozioni negative, la Persona ricorre nuovamente alla chirurgia e il ciclo continua fino alle conseguenze più estreme.
Nel caso in cui la Persona dipendente da chirurgia estetica sia impossibilitata a ricevere un’appropriata assistenza da parte di personale medicochirurgico qualificato, può ricorrere ad autorimedi disastrosi, o rivolgersi a criminali bendisposti ad operarli in cambio di denaro senza avere le competenze o le apparecchiature adeguate.
Per le persone affette da dipendenza da chirurgia plastica, questa si presenta come una speranza, una possibile via di fuga dalla sofferenza costante causata dal disturbo finendo per aggravare la sintomatologia del disturbo stesso.
L’ossessione della Persona dipendente nei confronti della propria apparenza fisica non può risolversi con un intervento sul corpo, trattandosi di un problema psicologico.
In alcuni casi, la dipendenza dalla chirurgia estetica evidenzia la presenza di un grave disturbo di dismorfismo corporeo, meglio conosciuto come dismorfofobia.
Si presenta quando chi ne soffre ha una visione distorta del proprio aspetto esteriore, causata da un’eccessiva preoccupazione della propria immagine corporea. La dismorfofobia può provocare diversi problemi di salute e a livello sociale: dai disordini alimentari a problemi nella sfera sessuale, dall’isolamento sociale a comportamenti ossessivo compulsivi, a senso di inferiorità ed inadeguatezza.
Chirurgia estetica e percezione di Sé
Il nuovo rapporto tra corpo e personalità, la dipendenza dell’autostima dai valori estetici, la presenza di fortissime influenze di comportamenti culturali offrono diversificate possibilità di riflessione.
Mutando il concetto di bellezza, derivante dall’influenza dai mass media e dalla moda, arbitri della cultura moderna del corpo, si ha un incremento di persone che presentano dipendenza da chirurgia estetica o “corpo – fobia”, le quali mascherano questa dipendenza comportamentale con la convinzione di perseguire la bellezza ideale.
Uno stato di dipendenza da chirurgia estetica non permette di pensare che al parziale cambiamento del nostro aspetto esteriore, ottenuto dopo un intervento, si verifica una rielaborazione della propria immagine interiorizzata e al contempo proiettata all’esterno e questa rielaborazione incide a livello psicologico talvolta in maniera sostanziale.
Accogliendo questa premessa, si ritiene che la chirurgia estetica incida sul benessere psicofisico, modificando la percezione che la Persona ha di se stessa, come componente di una coppia, di una famiglia, di una comunità.
Generalmente, quasi tutti desiderano essere più belli, poiché la bellezza è spesso sinonimo di successo e di gratificazione e un aspetto piacevole aiuta ad avere maggior fiducia in se stessi e nel rapporto con gli altri e con il mondo esterno.
Laddove, ci sia un auto e/o etero percezione che il cambiamento estetico simboleggi un disagio e un malessere più esteso, può essere utile fare delle riflessioni ulteriori con un professionista. Diversi studi hanno dimostrato che gli interventi di chirurgia estetica in Persone con disturbi psicologici strutturati possono alterare notevolmente il già precario equilibrio psichico.
Prima di un intervento chirurgico, sarebbe adeguato procedere ad una valutazione psicologica che mira innanzitutto a verificare:
- Quali sono le condizioni psichiche della Persona al momento della richiesta dell’intervento estetico?
- Qual è l’immagine che ha del suo corpo?
- In che modo pensa che la propria vita possa cambiare dopo un intervento estetico?
Queste informazioni sono determinanti affinché la Persona non incorra in decisioni dettate da condizioni di sofferenza psichica e non da motivazioni di reale inestetismo corporeo.
La chirurgia non risolve i disagi psicologici.
Le persone portatrici di aspettative realistiche rispetto alla chirurgia estetica sono quelle che ottengono maggiori risultati sul miglioramento della qualità di vita, mentre coloro che pensano di migliorare la loro insoddisfazione esistenziale o carente rete sociale con un intervento estetico, possono alterare il loro stato psichico addirittura peggiorandolo, dal momento che nemmeno un intervento chirurgico è in grado di ridare la serenità a chi l’ha persa o ancor meno a chi non l’ha mai provata.
Non c’è nulla di psichicamente scorretto nel voler relazionarsi con le persone mostrando il meglio della nostra forma psicofisica purché il nostro aspetto non diventi elemento determinante nella costruzione del legame di accettazione di Sé e di Sé con l’Altro.
Intervento terapeutico
Intraprendere un percorso psicoterapeutico, che può essere associato a terapia farmacologica, può essere una possibilità d’intervento per evitare che si strutturi un comportamento disfunzionale e patologico, ovvero che da un piccolo cambiamento del proprio aspetto, si rischi di cambiare progressivamente e radicalmente il proprio aspetto esteriore, arrivando a non riconoscersi più, senza risolvere le difficoltà interiori che questi continui cambiamenti del proprio corpo significano.
Ogni terapia è un percorso unico, strutturato in base ai bisogni della Persona e alle sue caratteristiche. Gli elementi di base sembrano essere: la promozione di attività finalizzate al controllo dei comportamenti disturbanti, nonché il lavoro sulle emozioni e sui bisogni interiori che hanno favorito l’insorgere della dipendenza.
Per aiutare la Persona a riscoprire il rispetto per la sua unicità senza mascherarla o stravolgerla, può essere utile intraprendere un percorso terapeutico con le seguenti finalità:
- Approfondire la storia di vita della Persona, la storia del sintomo e il significato dello stesso all’interno dei suoi mondi relazionali.
- Acquisire consapevolezza circa la dipendenza da chirurgia estetica e gli svantaggi psico-fisici e relazionali che questa condotta di dipendenza comporta nella propria vita e nella propria salute.
- Individuare, destrutturare e ristrutturare i pensieri, le emozioni e i comportamenti ricorrenti, gli schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle reazioni fisiche, emotive e comportamentali relative all’espressione del sintomo, sostituendoli con schemi più adattivi per uno stile di vita personale e relazionale più sano.
- Imparare a condividere i propri bisogni affettivi ed emotivi, nonché a far conoscere la parte più autentica di Sé senza sentirsi vulnerabili e giudicati.
- Potenziare l’autostima e il senso di Sé, nonché riconoscere ed accettare la propria immagine corporea.
- Imparare a volersi bene, a stare bene con se stessi, ad accettarsi.
- Sviluppare comportamenti alternativi per la gestione delle emozioni intense, stati di stress e ansia, nonché sentimenti di solitudine, abbandono e vuoto interiore.
- Sostenere la motivazione al cambiamento dello stile di vita e al recupero del proprio benessere psicofisico e relazionale.
- Riprendere il controllo della propria vita, migliorandone la qualità
L’intervento psicologico si struttura analizzando la complessità del quadro sintomatologico, comprendente la dimensione cognitiva, fisiologica, comportamentale, emotiva, psicologica e socio relazionale della Persona e può avvalersi di diversificati approcci terapeutici, tra i quali quello sistemico relazionale, quello cognitivo comportamentale, l’ipnosi ericksoniana e la Mindfulness.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.
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