La parola “atelofobia” deriva dal greco “atelès“, che significa “imperfetto, incompleto” e “phóbos“, che significa “fobia” o paura.
Le Persone che soffrono di tale fobia non si sentono all’altezza, si sentono imperfette, inadeguate, sbagliate nel rapporto con se stesse e con l’Altro.
L’atelofobia è un disturbo che si esprime nella paura delle imperfezioni, in qualsiasi ambito della vita quotidiana della Persona: dall’aspetto fisico, alle relazioni interpersonali, nei più disparati contesti (scuola, lavoro, contesti ricreativi e sportivi), nonché per ciò che concerne idee, convinzioni, stati emotivi e comportamenti.
L’atelofobia è un disturbo sostenuto dal timore di non essere all’altezza o di non essere capaci nello svolgere qualsiasi attività. Chi ne soffre diventa molto critico nei confronti di tutto ciò che dice o fa e manifesta una tendenza all’insoddisfazione generale che si traduce in un’insicurezza in molteplici ambiti.
L’atelofobico ha costantemente paura di sbagliare, ma vuole essere perfetto, sia dal punto di vista estetico che da quello prestazionale.
Come insorge l’atelofobia?
Molti fattori possono contribuire all’insorgere dell’atelofobia: ambientali, personologici e biologici – genetici.
L’atelofobia può essere legata alle relazioni significative o a traumi, episodi drammatici correlati a certi periodi della vita, ricordi dolorosi di una perdita o di un insuccesso, aspettative troppo elevate di amici, genitori o datore di lavoro (es. un genitore non è mai soddisfatto dei traguardi raggiunti dal figlio oppure, il capo, nel contesto di lavoro, si rivolge sempre al proprio dipendente dicendogli che non fa mai la cosa giusta) o altri eventi così negativi da essere impossibili da accettare.
Di solito, queste esperienze aumentano l’insicurezza ed inducono a incolpare se stessi del proprio fallimento, facendo sentire la Persona inadeguata.
Anche delle relazioni sentimentali patologiche (es. svalutazioni costanti del partner) possono convincere la Persona a sentirsi imperfetto e sbagliata, nonché tratti di personalità tendenti al perfezionismo.
Atelofobico: la perfezione come stile di vita
La Persona atelofobica è focalizzata sul raggiungimento della perfezione, ma non la raggiunge perché è impossibile da raggiungere.
Ciò comporta il porsi costantemente degli obiettivi impossibili da raggiungere, per sentirsi gratificata ed accettata.
Il circolo vizioso che emerge s’innesca con la tendenza ad avere aspettative sproporzionate, per raggiugere la perfezione, processo che inevitabilmente porta alla delusione per non riuscire ad arrivare all’obiettivo prescelto.
La conseguenza è una Persona che cerca di rielaborare, di modificare, di trovare strategie per introdurre una differenza nel proprio modo di vivere e/o rispetto alla propria immagine che possano condurla a quella Perfezione che non riesce a raggiungere.
Il processo risulta molto faticoso. La Persona è sempre ON e questo processo, oltre a compromettere l’immagine del Sé, può invalidare la dimensione progettuale, sociale e relazionale.
Sintomi fisiologi e somatici dell’atelofobia
La sintomatologia varia da Persona a Persona, tra quelli più comuni può manifestarsi:
- Pianto.
- Tremori.
- Tachicardia.
- Brividi.
- Sudorazione fretta o vampate di calore.
- Formicolio o intorpidimento.
- Nausea e/ o vomito.
- Mal di testa.
- Sensazione di soffocamento.
- Senso di svenimento o vertigini.
- Senso di oppressione o dolore al petto.
- Tensione muscolare.
- Disturbi gastrointestinali (es. diarrea, urgenza di urinare).
Sintomi psicologici dell’Atelofobia
Il costante senso di inadeguatezza risultante di un’affannosa ricerca della perfezione, dal senso di sentirsi sbagliata e non all’altezza delle aspettative altrui, conduce la Persona a sentirsi costantemente insoddisfatta e ad esprimere forti stati di ansia.
Tra i più comuni sintomi psicologici può manifestarsi:
- Irritabilità.
- Costante inquietudine.
- Difficoltà a non pensare alle proprie imperfezioni.
- Visione pessimistica.
- Bassa autostima.
- Desiderio di essere perfetto in ogni ambito: dall’aspetto fisico, fino a quello professionale, familiare e sociale).
- Estrema delusione se non si riesce in qualcosa.
- Preoccupazione costante sulla resa delle proprie attività.
- Emozioni negative come rabbia, tristezza, inadeguatezza e senso di colpa.
La costante condizione di stress a cui si sottopone l’atelofobico, lo conduce a vivere sentimenti di angoscia e paura, nonché a mettere in atto comportamenti di fuga, classici per la patologia fobica. Il corpo risponde allo stimolo fobico nell’ottica della propria sopravvivenza, ovvero, in una risposta emotiva alterata, evidente per il manifestarsi della sintomatologia somatica.
La mente interpreta l’imperfezione come pericolo e automaticamente prepara il corpo ad allontanarsi da questo pensiero.
L’alto grado di attivazione dell’atelofobico nel correggere costantemente i propri difetti e ambiare all’approvazione degli altri, lo rende incapace di rilassarsi, di avere difficolta anche a dormire, giungendo spesso ad esprimere significativi stati di ansia e attacchi di panico, nonché depressione e disturbi alimentari.
Intervento terapeutico
L’atelofobia può limitare notevolmente la vita di chi ne soffre, in quanto può influenzare molteplici attività e contesti, come il lavoro o le relazioni quotidiane, oltre a causare un disagio psicologico e cognitivo significativo.
Il lavoro sul Sé attraverso un processo di auto – accettazione, senza rincorrere l’idea utopica di perfezione di come dovrei essere e di come dovrei comportami è tra gli obiettivi principali dell’intervento terapeutico.
Lavorare sulle paure che paralizzano e che sostengono la sintomatologia atelofobica, accettare i propri limiti, nonché accogliere l’idea evolutiva del non raggiungimento di alcuni obiettivi, sono traguardi del processo terapeutico.
La diversità del tipo di intervento terapeutico si inserirà nell’espressione della complessità del disagio soggettivo, nella storia unica della Persona, del significato che per lei ha il “dover essere perfetta”, dove ha appreso a dover essere perfetta, per chi deve essere perfetta, etc.
L’intervento psicologico si struttura analizzando la complessità del quadro sintomatologico, comprendente la dimensione cognitiva, fisiologica, comportamentale, psicologica, emotiva e socio relazionale della Persona.
Esplorare, riconoscere, accettare, risignificare, gestire, comprendere la funzionalità delle proprie risposte emotive nei confronti di se stessi, può essere utile per sperimentare una maggiore padronanza di Sé un maggiore senso di autoefficacia e autostima, ritornando a perseguire i propri obiettivi personali, professionali e affettivi con determinazione, accettazione e libertà decisionale.
Individuare gli schemi o circoli viziosi mentali, emotivi e comportamentali, automatici e disfunzionali, che impediscono di vivere in uno stato di benessere psicologico, emotivo e relazionale, può essere utile per prendere consapevolezza di Sé e della propria storia, pacificandosi con il passato, rivolgendo uno sguardo positivo al futuro, ma soprattutto vivere con intensità e senza ansia e paura la dimensione temporale del presente.
Il percorso psicoterapeutico si avvale di tecniche e strumenti diversificati in base all’unicità della Persona e ai suoi bisogni (es. Terapia delle emozioni, terapia EMDR, Ipnosi ericksoniana, terapia cognitivo – comportamentale (desensibilizzazione sistematica), terapia sistemico – relazionale, tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, l’apprendimento di tecniche di autoipnosi, etc.) che consentono di rintracciare i costrutti o le credenze responsabili dell’attivazione disfunzionale dell’atelofobia, i quali vanno identificati, destrutturati e ristrutturati, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.
Accogliere la premessa teorico – operativa cognitivo comportamentale, secondo la quale fobie e paure irrazionali, così come sono state apprese, possano essere anche “disapprese”, conduce a definire un intervento terapeutico che mette al centro la Persona, la quale diviene agente attivo del processo di cambiamento della situazione disturbante, vincendo le proprie paure attraverso il potenziamento delle risorse individuali già presenti e/o scoprendone di nuove, necessarie a ripristinare una qualità di vita soddisfacente.
Il percorso di psicoterapia può essere associato a terapia farmacologica e si pone l’obiettivo di:
- Approfondire la storia di vita della Persona, la storia del sintomo e il significato dello stesso all’interno dei suoi mondi relazionali.
- Individuare e ristrutturare i pensieri e le emozioni ricorrenti, gli schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà disturbanti e disfunzionali, che sono concomitanti alle reazioni fisiche, emotive e comportamentali relative all’espressione del sintomo.
- Facilitare l’esposizione alle situazioni temute e sviluppare modalità alternative per gestire la paura e l’ansia che in questo modo tornano ad essere emozioni utili e funzionali.
- Ridurre e/o estinguere il comportamento di evitamento.
- Sviluppare comportamenti alternativi all’evitamento per la gestione delle emozioni intense.
- Recuperare il senso di autostima e di autoefficacia in campo sociale, lavorativo o scolastico e relazionale.
- Potenziare le abilità di coping per il fronteggiamento dello stress e dell’ansia.
- Aumentare l’autoconsapevolezza e l’autodeterminazione.
- Potenziare la motivazione della Persona al cambiamento e al recupero del proprio benessere psicofisico e relazionale.
- Riscoprire i punti di forza e le risorse della Persona, nonché i fattori che mantengono il sintomo e ostacolano il cambiamento.
- Riprendere il controllo della propria vita e migliorarne la qualità.
L’intervento psicologico ha l’obiettivo di indurre la Persona a razionalizzare la paura di non riuscire a raggiungere la perfezione e trovare modalità più evolutive per rapportarsi a se stessa e ai propri contesti relazionali d’appartenenza, mutando il circolo vizioso, affrontando e ridimensionando le convinzioni negative associate al disturbo.
Attraverso il processo terapeutico, la frustrazione di non essere perfetti deve essere sostituita dal senso di accettazione, nonché dal senso di conquista positiva per la scelta che è stata fatta di investire su di Sé, in un’ottica di evoluzione personale.
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