La paura del buio o nictofobia, dal greco “nyctos”, cioè notte e “phobos” ossia paura, è un tipo di fobia che si caratterizza per una paura irrazionale del buio e per l’impossibilità di controllare lo spazio intorno a sé, andando ad invalidare negativamente la qualità della vita della Persona che la sperimenta.
La paura del buio tende a determinare in alcune persone un senso di angoscia, di ansia e in alcuni casi può scatenare delle reazioni di terrore.
La paura del buio insorge normalmente verso i tre anni di età, ad esempio, quando arriva il momento di andare a dormire e tende a scomparire spontaneamente con la crescita.
Quando la Persona inizia ad associare l’oscurità ad un senso di pericolo e minaccia, mettendo in atto dei comportamenti di evitamento (es. tentativo di non esporsi al buio, ritardare l’ora di andare a letto e/o seguire un rituale, come controllare che le porte siano chiuse o che non ci sia nessuno sotto il letto, etc.), la paura del buio si struttura in una fobia specifica, andando ad interferire anche con la qualità del sonno.
La paura del buio si associa spesso all’insonnia. Le persone che soffrono di nictofobia sono più sensibili ai rumori durante la notte, tendono a rimanere in uno stato di ipervigilanza e hanno un sonno più leggero.
La nictofobia può interferire in modo significativo sia con la sfera personale che con quella professionale, elicitando stati di stress, inquietudine e irritabilità e nel caso di bambini e adolescenti può interferire con il rendimento scolastico (la mancanza di sonno non aiuta la concentrazione e l’attenzione) e più in generale con l’umore.
Sintomi della paura del buio
I sintomi che si riscontrano con la nictofobia sono molto simili a quelli di altre fobie, ma si caratterizzano per stimoli d’innesco specifici.
Con la nictofobia, ad esempio, i sintomi possono essere attivati dall’essere esposti all’oscurità, sia di giorno che di notte, o persino dal pensare a situazioni in cui ritrovarsi al buio, ad esempio, dormire a luci spente o rimanere da soli in un blackout, etc.
SINTOMI FISIOLOGICI
- Battito cardiaco accelerato.
- Sudorazione.
- Nausea, mal di testa e diarrea.
- Respiro affannato.
- Senso di oppressione o dolore al petto.
- Sensazioni di tremore o formicolio.
- Vertigini.
- Vampate di calore o di freddo.
SINTOMI PSICOLOGICI
- Senso di impotenza.
- Ansia.
- Paura di perdere il controllo o di impazzire.
- Paura di svenire o di morire.
- Desiderio di scappare dalla situazione.
- Incapacità di parlare o pensare chiaramente.
- Senso di distacco dalla realtà.
SINTOMI COMPORTAMENTALI
- Nervosismo e irrequietezza in qualsiasi ambiente poco illuminato.
- Essere refrattario ad uscire di sera.
- Bisogno di dormire con una fonte di luce.
- Tendenza a scappare/uscire da stanze buie.
- Irritarsi e/o mettersi sulla difensiva se qualcuno cerca di spingere la Persona a rimanere del tempo al buio.
- Rimanere in casa durante le ore notturne.
- Difficoltà ad addormentarsi o riaddormentarsi in seguito a risvegli notturni.
Da cosa nasce la paura del buio?
La paura dell’oscurità insorge normalmente dai tre ai sei anni di età. Se compare in questa fase rappresenta una normale fase dello sviluppo del bambino, infatti, durante l’infanzia è possibile che questo timore venga anche accompagnato dalla paura dei fantasmi, dei mostri, dei rumori improvvisi e che il bambino faccia fatica a dormire da solo. Spesso, la presenza di una luce attenuata durante la notte aiuta in molti casi a far superare questa paura.
Questa paura, però, può anche trasformarsi in una vera e propria fobia che può continuare fino all’età adulta. I fattori di rischio sono:
- Un caregiver ansioso: i bambini sviluppano una determinata fobia osservando le reazioni d’ansia e di paura dei genitori.
- Un caregiver iperprotettivo: in alcuni casi il bambino può sviluppare un alto livello d’ansia perché ha instaurato un rapporto di eccessiva dipendenza con un genitore o con una figura di accudimento. Alcuni ricercatori considerano la paura del buio come una manifestazione del disturbo d’ansia da separazione. La nictofobia, generalmente, si presenta durante l’infanzia, proprio nel periodo in cui i bambini imparano a distaccarsi e ad essere indipendenti dai propri genitori, intraprendendo un percorso verso la ricerca dell’autonomia. Il nictofobico può ricercare sempre la presenza rassicurante di un familiare, con gravi limitazioni per le sue attività e la sua indipendenza emotiva e cognitiva.
- Eventi di vita: incidenti, esperienze traumatiche (es. un furto, un’aggressione, una separazione, etc.) e altre situazioni stressanti possono aumentare la probabilità che una Persona sviluppi una fobia.
Cosa possono fare i genitori per aiutare un bambino che ha paura del buio?
I genitori devono prendere consapevolezza del fatto che le modalità educative utilizzate per educare i figli hanno degli effetti.
Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che genitori troppo critici verso i propri figli, non aiutano i figli a costruire la fiducia in se stessi poiché viene data troppa rilevanza agli errori che commettono piuttosto che ai successi raggiunti. Anche i genitori iper richiedenti, ovvero quelli che richiedono prestazioni sempre più elevate ai figli non li supportano nella gestione delle paure perché danno un eccessivo valore ai risultati conseguiti e non al processo per raggiungerli. Anche i genitori iperprotettivi tendono a trasmettere ai figli un’idea del mondo come luogo pieno di pericoli e, in alcune situazioni, ad evitare loro le emozioni sgradevoli, come la frustrazione, sottostimando la capacità dai figli di fronteggiare da soli le emozioni spiacevoli.
Essere consapevoli di queste modalità educative può essere decisivo per un genitore, in quanto, può permettere di acquisire una maggiore competenza genitoriale e avvicinarsi alle cognizioni, alle emozioni e ai comportamenti dei propri figli in un’ottica di ascolto attivo e comprensione e sostegno, sospendendo il giudizio.
Accogliere la paura del buio come un evento da affrontare insieme (figlio e genitori) può avere un effetto “normalizzante” che aiuta ad affrontare in modo adattivo la paura, senza evitarla, consentendo al figlio di verbalizzare tutti gli aspetti delle sue preoccupazioni angosciose senza minimizzarle né banalizzarle.
All’interno di questa premessa, s’inserisce l’importanza della fase dell’addormentamento.
Addormentarsi per un bambino ha molteplici significati, porta con sé la paura di separarsi dai genitori, il timore di rimanere da solo, il distaccarsi dalle sicurezze della realtà esterna, la sensazione di sentirsi un po’ disorientato o di perdere il controllo.
In questo momento conclusivo della giornata, la presenza e la vicinanza emotiva del/i genitore/i gli permette di provare un sincero interesse verso il mondo interiore del figlio, arrivando a comprendere meglio i suoi pensieri e i suoi bisogni. Da parte del bambino, sentire questa vicinanza affettiva ed empatica da parte del genitore diviene una significativa opportunità per condividere le proprie paure, per rappresentarle, elaborarle, aumentando la fiducia in se stesso e nella relazione con il/i genitori.
Sulla base della sensibilità del bambino e della sua creatività anche i disegni, le filastrocche e le canzoni possono divenire delle strategie utili per affrontare le paure, in quanto costituiscono una via comunicativa più libera e diretta.
Ad esempio, la lettura di favole, in cui i protagonisti si ritrovano a fronteggiare delle paure può essere utile al bambino, per osservare nuovi pensieri e nuovi comportamenti, utili a superare i pericoli e le difficoltà.
Insegnare ad un bambino ad accogliere le proprie emozioni, a liberarsi di alcune paure sarà per lui un’importante possibilità per divenire più consapevole di Sé e più fiducioso del suo mondo circostante. Cambiare la percezione minacciosa dell’oscurità, insegnando ad affrontare tali situazioni, consentirà al bambino di pensare “è buio, ma sono al sicuro”.
Con un atteggiamento costruttivo ed empatico da parte dei genitori, l’aumento della consapevolezza di sé e del mondo da parte del bambino può essere sufficiente per superare la paura in maniera autonoma. Se così non fosse, potrebbe essere utile rivolgersi ad un professionista per un percorso di accompagnamento alla genitorialità e/o di terapia familiare.
Intervento terapeutico
La paura dell’oscurità è una paura atavica, collegata ad una dimensione profondamente radicata nell’uomo. La paura del buio è utile poiché ci aiuta a proteggerci dalla presenza di eventuali pericoli, ad esempio, nel bel mezzo di un blackout, la sensazione di ansia sperimentata, lo stato di attivazione fisiologica provato (aumento del battito cardiaco, respiro accelerato, etc.) è del tutto normale, dal momento che sono tutti segnali che il nostro corpo ci invia per prepararci ad affrontare eventuali rischi. Senza la paura, saremmo maggiormente esposti a situazioni a rischio.
In tal senso, la paura del buio può essere considerata adattiva. Viene considerata clinicamente significativa e diventa quindi fobia (sia nella vita di un bambino o adolescente o adulto), se l’esposizione al buio causa un’estrema reazione di stress e/o genera delle significative limitazioni nella vita di tutti i giorni, ovvero deve risultare eccessiva, irrazionale e limitante.
L’intervento psicologico si struttura analizzando la complessità del quadro sintomatologico, comprendente la dimensione cognitiva, fisiologica, comportamentale, psicologica, emotiva e socio relazionale della Persona.
Esplorare, riconoscere, accettare, risignificare, gestire, comprendere la funzionalità delle proprie risposte emotive di fronte al buio può essere utile per sperimentare una maggiore padronanza di se stessi e un maggiore senso di autoefficacia e autostima, ritornando a perseguire i propri obiettivi personali, professionali e affettivi con determinazione, forza e libertà decisionale.
Individuare gli schemi o circoli viziosi mentali, emotivi e comportamentali, automatici e disfunzionali, che impediscono di vivere in uno stato di benessere fisico, psicologico ed emotivo, può essere utile per prendere consapevolezza di Sé e della propria storia, pacificandosi con il passato, rivolgendo uno sguardo positivo al futuro, ma soprattutto vivere con intensità e senza ansia e paura la dimensione temporale del presente.
Il percorso psicoterapeutico si avvale di tecniche e strumenti diversificati in base all’unicità della Persona e ai suoi bisogni (es. Terapia delle emozioni, terapia EMDR, Ipnosi ericksoniana, terapia cognitivo – comportamentale (desensibilizzazione sistematica: esposizione guidata e graduale ai pensieri evitati e agli episodi che generano l’evitamento, consentendo un controcondizionamento alla paura), terapia sistemico – relazionale, tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, l’apprendimento di tecniche di autoipnosi, etc.) che consentono di rintracciare i costrutti o le credenze responsabili dell’attivazione disfunzionale della nictofobia, i quali vanno identificati, destrutturati e ristrutturati, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.
Accogliere la premessa teorico – operativa cognitivo comportamentale, secondo la quale fobie e paure irrazionali, così come sono state apprese, possano essere anche “disapprese”, conduce a definire un intervento terapeutico che mette al centro la Persona, la quale diviene agente attivo del processo di cambiamento della situazione disturbante, vincendo le proprie paure attraverso il potenziamento delle risorse individuali già presenti e/o scoprendone di nuove, necessarie a ripristinare una qualità di vita soddisfacente.
Il percorso di psicoterapia può essere associato a terapia farmacologica e si pone l’obiettivo di:
- Approfondire la storia di vita della Persona, la storia del sintomo e il significato dello stesso all’interno dei suoi mondi relazionali.
- Individuare e ristrutturare i pensieri e le emozioni ricorrenti, gli schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà disturbanti e disfunzionali, che sono concomitanti alle reazioni fisiche, emotive e comportamentali relative all’espressione del sintomo.
- Facilitare l’esposizione alle situazioni temute e sviluppare modalità alternative per gestire la paura che in questo modo torna ad essere un’emozione utile e funzionale (es. attraverso simulazioni o visione di stimoli fobici).
- Ridurre e/o estinguere il comportamento di evitamento.
- Sviluppare comportamenti alternativi all’evitamento per la gestione delle emozioni intense.
- Recuperare il senso di autostima e di autoefficacia in campo sociale, lavorativo o scolastico e relazionale.
- Potenziare le abilità di coping per il fronteggiamento dello stress e dell’ansia.
- Aumentare l’autoconsapevolezza e l’autodeterminazione.
- Potenziare la motivazione della Persona al cambiamento e al recupero del proprio benessere psicofisico e relazionale.
- Riscoprire i punti di forza e le risorse della Persona, nonché i fattori che mantengono il sintomo e ostacolano il cambiamento.
- Ristabilire la libertà di movimento e di azione.
- Riprendere il controllo della propria vita e migliorarne la qualità.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.
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