Anoressia
gloss 2298071 1920

Photo 2298071 on Adobe Stock

 

L’anoressia nervosa fa parte dei Disturbi del comportamento alimentare (DCA).

Ciò che caratterizza la Persona anoressica è la paura di ingrassare e la necessità di controllare l’alimentazione alla ricerca della magrezza.

Nelle persone anoressiche il livello di autostima è significativamente influenzato dalla forma fisica e dal peso corporeo.

  • La perdita di peso viene considerata come una conquista ed un segno di ferrea autodisciplina.
  • L’aumento di peso viene vissuto come una inaccettabile perdita delle capacità di controllo.

 

I sintomi dell’anoressia

Una Persona è anoressica se esprime la seguente sintomatologia:

  • Diminuisce l’assunzione delle calorie in relazione alle necessità, conducendola ad avere un peso corporeo molto più basso rispetto alla sua età, sviluppo e salute fisica.
  • Esprime una forte paura di aumentare di peso o diventare grassa.
vince fleming Vmr8bGURExo unsplash

Photo by Vince Fleming on Unsplash

  • Ha una visione distorta del proprio peso e della forma del proprio corpo, che possono condurre alla dismorfofobia e a non ammettere la complessità della condizione di sottopeso.
  • Peso e forma del corpo influenzano significativamente l’autostima.

Possono poi associarsi altri comportamenti autolesionistici (tagliarsi, bruciarsi, strapparsi i capelli), depressione, perfezionismo, isolamento sociale, ansia, irritabilità e rabbia, diminuzione delle capacità di pensiero astratto e di concentrazione, tutti aspetti che tendono a peggiorare contemporaneamente al calo ponderale e ad estinguersi con la normalizzazione del peso corporeo.

 

La combinazione tra bassa autostima, percezione distorta del proprio peso e della propria forma fisica, ipersensibilità al giudizio altrui, bisogno di controllo, sensazioni di inadeguatezza e difficoltà nei rapporti interpersonali, spingono alcune Persone a sviluppare una vera e propria ossessione nei confronti del cibo e della forma corporea che si manifesta attraverso una serie di CONDOTTE:

  1. Misurazione costante del peso, delle dimensioni di alcune parti del corpo (spesso cosce, glutei, addome e braccia), osservazione allo specchio della propria forma fisica che aumenta la preoccupazione per le minime variazioni percepite o registrate ed incoraggiano la dieta ferrea.
  2. Rifiuto di specchiarsi, disgusto per se stessi, evitamento nel monitoraggio del peso e delle proprie forme.
  3. Espulsione del cibo attraverso il vomito auto indotto o l’uso di lassativi.

 

Tipologie di anoressia nervosa

La letteratura riporta due tipologie di anoressia:

  1. Con restrizioni: la Persona compie episodi di abbuffate o condotte di eliminazione, la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva.
  2. Con abbuffate/condotte di eliminazione: la Persona compie ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione, come vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici, etc.).

 

Le due tipologie di anoressia sono spesso l’una la conseguenza dell’altra: dopo lunghe restrizioni in cui la Persona con anoressia nervosa ha avuto la sensazione di avere un totale controllo su di sé, un qualsiasi elemento che altera il precario equilibrio costituito dal controllo genera la totale perdita dello stesso. L’alternarsi di queste fasi è una conseguenza prevedibile, in quanto, la natura delle abbuffate può essere determinata tanto dalla quantità di cibo assunta quanto dalla sensazione di perdita di controllo.

AdobeStock 108418307

Photo 108418307 on Adobe Stock

Il comportamento associato alla restrizione si esprime in modo diversificato: in alcuni casi, la Persona manifesta la sua ossessione per il cibo cucinando per la famiglia, leggendo libri di cucina, manuali circa l’assunzione delle calorie e parlando continuamente di cibo. Inoltre, può sviluppare comportamenti rituali riguardo l’assunzione (minima) di cibo, ad esempio, contare le calorie o dividere in modo ossessivo tutto ciò che ingerisce.

Il comportamento compensatorio associato alle abbuffate può essere indipendente dalla quantità di cibo ingerito, in quanto, il senso di colpa esperito, derivante dalla perdita di controllo, induce la Persona a procedere all’eliminazione di quello che è stato mangiato e al recupero del controllo. Nuovamente, il peso e la forma corporea ritornano ad essere il pensiero fisso.

 

Complicanze dell’anoressia nervosa

Per evitare di ingrassare chi soffre di anoressia mette in atto una serie di comportamenti tipici del disturbo. Ad esempio:

Foto di Alexandra Haynak da Pixabay

Photo by Alexandra Haynak on Pixabay

 

Le condotte utilizzate dalla Persona anoressica possono portare nel tempo a gravi carenze nutrizionali, alterazioni organiche e metaboliche che impoveriscono l’organismo della propria energia e provocano, oltre alle ripercussioni cognitive e psicologiche, un graduale deterioramento fisico. Sono osservabili complicazioni cardiovascolari, gastrointestinali, ematologiche ed endocrine.

L’evoluzione della sintomatologia anoressica è variabile. In alcuni casi, è possibile la completa remissione, in altri, fasi di remissioni con recupero di peso si alternano a fasi di riacutizzazione, in altri casi ancora, c’è una cronicizzazione che può condurre al ricovero ospedaliero per ricostituire il benessere psicofisico della Persona.

 

Come insorge l’anoressia

La sintomatologia dei Disturbi del comportamento alimentare (DCA) emerge prevalentemente negli adolescenti o nella prima età adulta, con un’incidenza maggiore nel genere femminile. In altre persone, il disagio può presentarsi in età adulta dopo eventi di vita stressanti e/o traumatici.

Spesso, l’ingresso nell’anoressia nervosa giunge da un tentativo volontario di perdita di peso, come una dieta, finalizzato a raggiungere quell’ideale di bellezza proposto, spesso, dal modello socioculturale attuale.

 

L’insorgere del disturbo anoressico, si può identificare in fattori di rischio personale:

 

 

Disturbi del comportamento alimentare e famiglia

Per ciò che riguarda, i fattori relazionali all’interno del contesto familiare, uno dei massimi esponenti della Psicoterapia familiare, Salvador Minuchin, psichiatra e psicoterapeuta argentino, ha introdotto il concetto di “famiglia anoressica” per sottolineare la profonda influenza che la famiglia ha sulla formazione della sintomatologia anoressica.

La famiglia intesa come spazio di definizione del Sé di ogni suo componente, secondo Minuchin, sembra essere il contesto all’interno del quale modalità relazioni disfunzionali diventano promotrici di condotte sintomatologiche rilevanti.

Nell’approccio terapeutico sistemico relazionale diventa importante osservare e valutare le relazioni che intercorrono nella famiglia, i triangoli di alleanze e complicità tra i suoi componenti ed i miti che attraversano le generazioni.

Photo by Hush Naidoo on Unsplash

Lavorando con i sistemi familiari, s’interviene sulle condotte relazionali che “sostengono” il sintomo e che rendono spesso inefficace qualsiasi tentativo di intervento nella direzione di un’adeguata educazione alimentare.

L’obiettivo è individuare e modificare le modalità relazionali presenti tra i membri del nucleo familiare che rendono “funzionale” il sintomo all’interno del “sistema famiglia”. Il sintomo favorisce il mantenimento di uno status quo (omeostasi del sistema) ed è resistente al cambiamento e all’evoluzione individuale e familiare.

La Persona che porta il carico del problema è definita con il termine “paziente designato”, ovvero colui/colei che esprime il sintomo, facendosi portavoce del disagio di tutti.

Il sintomo può acquisire un doppio significato: da un lato segnala il disagio di tutto il sistema familiare, poiché la sofferenza di un componente della famiglia appartiene implicitamente a tutti, dall’altro segnala la necessità di cambiamento di quel sistema in quanto l’espressione di un sintomo implica una non funzionalità e/o un blocco dell’evolutività del singolo e del sistema famiglia.

 

Partendo da queste premesse, alcuni autori, hanno delineato alcune CARATTERISTICHE RIDONDANTI DELLE FAMIGLIE nelle quali è presente una Persona che esprime un disturbo alimentare:

  • IPERPROTETTIVITA’: i componenti della famiglia sono sensibili a qualsiasi segnale di malessere, attivando risposte di protezione e di difesa che rallentano l’istinto all’autonomia e alla differenziazione.
  • INVISCHIAMENTO (mancanza di confini): ciascun componente della famiglia è ipercoinvolto nella vita degli altri al punto che nessuno esperisce un senso di identità separata, conducendo ad una mancanza d’individuazione e autonomia personale.
  • RIGIDITA’ ED EVITAMENTO DEL CONFLITTO: queste famiglie sembrano dare grande rilevanza al comportamento educato e corrispondente ai canoni sociali. I genitori sono fieri del figlio/figlia perfetto/a, che non contraddice, ma acconsente sempre. Il conflitto viene evitato e la famiglia mantiene uno status quo piuttosto rigido e stereotipato che non cede mai al cambiamento. La mancata espressione dei sentimenti, specie di quelli negativi diventa una regola emotiva e relazionale generale, finché non si manifesta una problematica e si diffonde il negativismo.

 

In quest’ottica, il cibo assume altri significati, manipolativi, rivendicativi o anestetizzanti nei confronti del dolore e della sofferenza.

Il cibo può diventare oggetto d’amore o espressione del linguaggio dell’affetto che sostituisce la parola, che appaga i bisogni che non trovano ascolto, dove talvolta la massa grassa in eccesso o la denutrizione possono funzionare come una protezione in difesa dalla paura di crescere e di deludere, di confrontarsi in modo adulto e autonomo, di non vivere la vita per gli altri, ma per se stessi.

 

Intervento terapeutico

Attualmente le linee guida internazionali indicano che l’approccio ai disturbi alimentari non può prescindere da una MODALITA’ D’INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE effettuata da professionisti di formazione diversa (nutrizionisti, dietisti, endocrinologi, psichiatri, psicologi e psicoterapeuti, etc.) che lavorando in équipe costituiscono una rete di sostengo per il paziente.

La complessità della problematica alimentare, infatti, deve essere trattata tenendo conto di approcci terapeutici differenti che lavorano in sinergia, proiettati verso un unico obiettivo: il benessere della Persona.

L’intervento psicoterapeutico può essere associato a terapia farmacologica  e si pone l’obiettivo di sostenere la Persona nel prendere consapevolezza dei processi che mantengono il disturbo e/o di prevenire la sua espressione in una forma più grave.

L’intervento psicologico si struttura analizzando la complessità del quadro sintomatologico, comprendente la dimensione cognitiva, fisiologica, comportamentale, affettiva, psicologica e socio relazionale della Persona e si può avvalere di diversificati approcci metodologici in base all’unicità del caso, tra i quali quelli derivanti dal modello sistemico – relazionale, di quello dell’ipnosi ericksoniana, oltreché della Terapia EMDR, di tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, etc., allo scopo di rintracciare gli schemi automatici e disfunzionali responsabili del mantenimento del sintomo, i quali vanno identificati, destrutturati e ristrutturati, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.

Photo on Freepik

Attraverso un PERCORSO PERSONALIZZATO, sarà possibile lavorare sulla percezione di un Sé realistico e integrato, sull’immagine corporea che la Persona ha strutturato nel tempo, sui significati emotivi che rappresentano per lei il cibo e il suo bisogno di controllo, come e quando sono stati appresi.

È necessario interrompere i circoli viziosi connessi al comportamento e/o abitudini nutrizionali e alimentari scorrette che si instaurano a partire da un pensiero automatico disfunzionale. Si lavorerà sulle emozioni di senso di colpa, vergognarabbia, disgusto, tristezza e autosvalutazione correlate ai disturbi alimentari, emozioni che predispongono ad un nuovo episodio critico, rafforzando la percezione di non sentirsi degni, mentre la possibilità di tollerare emozioni spiacevoli in modo più adattivo, può porre le basi per indagare gli stati emotivi profondi e i pensieri distorti che sostengono l’espressione della sintomatologia e la relazione con cibo, nonché la possibilità di apprendere abilità specifiche per gestire meglio le proprie emozioni senza ricorrere all’utilizzo del cibo come strumento per veicolarle.

L’intervento psicologico prevede l’approfondimento della storia di vita della Persona, della storia del sintomo e il significato dello stesso all’interno dei suoi mondi relazionali. Si sostiene la motivazione al cambiamento e si lavora, inoltre, sull’acquisire consapevolezza circa il disturbo alimentare e gli svantaggi psicofisici, affettivi e relazionali che questa condotta comporta nella propria vita e per la propria salute.

L’attenzione sui fattori di rischio e di mantenimento del disturbo del comportamento alimentare può essere significativa in termini di PREVENZIONE e conseguente intervento per non peggiorare la dimensione relazionale, affettiva, emotiva e fisica della Persona.

L’intervento è sostenuto da un ascolto attivo e una comunicazione empatica che possa consentire alla Persona di sentirsi libera di raccontare la propria storia, iniziando a trovare delle possibili risposte e soluzioni al proprio disagio.

L’intervento terapeutico deve tener conto di entrambi questi aspetti, lavorare sia sul ripristino dell’equilibrio alimentare, sia su quei blocchi personali che generano e mantengono la sintomatologia.

Alla Persona deve essere consentito di costruire una storia di vita alternativa emotivamente più funzionale e di svincolarsi da modalità relazionali disfunzionali nella quali è incastrata, giungendo a sperimentare un senso di autoefficacia positivo e un’idea di Sé vincente e libera. 

 

POSSO ESSERTI D’AIUTO?

Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.

Puoi contattarmi per chiedere informazioni o fissare un appuntamento.

Potrebbe interessarti

DISMORFOFOBIA

Photo by H Heyerlein on Unsplash

RABBIA

Photo by Vicki Hamilton on Pixabay

PERFEZIONISMO

Photo 399517105 on Adobe Stock

SELFIE ADDICTION

Photo by Sonyworld on Pixabay

AUTOMATISMI

Photo by Geralt on Pixabay

TRIANGOLAZIONE FAMILIARE

Photo by Michael Dziedzic on Unsplash

OSSESSIONI

Photo by Dimitar Belchev on Unsplash

SENSO DI COLPA

Photo 379308164 on Adobe Stock

STRESS

Photo by Pretty Sleepy on Pixabay

LUTTO

Photo by CDD20 on Pixabay

FAMIGLIA

Photo by GDJ on Pixabay

DISGUSTO

Photo by Hans Braxmeier on Pixabay

MITI E MANDATI FAMILIARI

Photo 176986029 on Adobe Stock

SINDROME DELL’ABBANDONO

Photo 305791153 on Adobe Stock

IPERCONTROLLO

Photo by Geralt on Pixabay

SEPARAZIONE E DIVORZIO

Photo 141449975 on Adobe Stock

ORTORESSIA

Photo 254161808 on Adobe Stock

RELAZIONI INTERPERSONALI

Photo by Vlad Hilitanu on Unsplash

ANSIA

Photo by Gift Habeshaw on Unsplash

CRITICISMO GENITORIALE

Photo 332649697 on Adobe Stock

FERITE EMOTIVE

Photo by Karen Khafagy on Unsplash

IMMAGINE CORPOREA

Photo by Diego Sanchez on Unsplash

ESPERIENZE TRAUMATICHE

Photo by Geralt on Pixabay

BULLISMO E CYBERBULLISMO

Photo 279024109 on Adobe Stock

DIFFERENZIAZIONE DALLA FAMIGLIA D’ORIGINE

Photo 201367150 on Adobe Stock

VIGORESSIA

Photo by Robert Collins on Unsplash

AMARSI PER AMARE

Photo 451447986 on Adobe Stock

Psicologo Online

lavorare su di Sé, dove lo decidi Tu!

Mindful Eating (MB - EAT)

per un'alimentazione consapevole

Ipnosi Ericksoniana

l'ipnosi non esiste, tutto è ipnosi

Richiesta Informazioni
Open chat
Posso esserti di aiuto?
Posso esserti di aiuto?