Il Binge Eating Disorder (BED) o Disturbo da alimentazione incontrollata, insieme alla bulimia e all’anoressia, rientra a far parte della categoria dei Disturbi del comportamento alimentare (DCA).
Per DCA si intende l’insieme di disturbi che si manifestano attraverso un comportamento disfunzionale riguardo l’alimentazione, ma che tuttavia cela significative complessità riguardo la percezione di Sé, l’autostima, il senso di autoefficacia e il valore che l’immagine corporea può avere nella valutazione di se stessi.
I DCA generalmente vengono espressi da adolescenti o da giovani adulti, con un’incidenza maggiore nel genere femminile.
Nel caso specifico del Disturbo da alimentazione incontrollata, l’esordio avviene, nella maggior parte dei casi, durante la prima età adulta e la sintomatologia può presentarsi dopo eventi di vita significativi o traumatici come dei lutti, degli abbandoni, delle separazioni, etc.
Nelle Persone con DCA è frequente la manifestazione di aspetti sintomatologici e comportamentali presenti anche in altri disturbi alimentari, non è rara l’alternanza di anoressia e bulimia nervosa.
Gli aspetti caratterizzanti il disturbo da alimentazione incontrollata sono:
- Abbuffate ricorrenti, ovvero l’assunzione di un’elevata quantità di cibo in poco tempo.
- Eccesso di assunzione di cibo anche al di fuori delle abbuffate.
- Alterazione nella percezione della propria immagine, delle dimensioni corporee reali, della valutazione del proprio aspetto e delle proprie forme.
- Presenza di senso di vergogna e di colpa come negli altri DCA.
- Obesità o sovrappeso.
Il Binge Eating Disorder (BED) o Disturbo da alimentazione incontrollata, al contrario dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa NON PREVEDE CONDOTTE DI ELIMINAZIONE attraverso il vomito autoindotto o l’assunzione di lassativi e diuretici.
Il disturbo da alimentazione incontrollata è molto simile alla bulimia. In entrambi i casi i soggetti si abbuffano periodicamente, nascondendosi alla vista degli altri mentre lo fanno e provando un senso di insoddisfazione e disgusto verso se stessi una volta terminata l’abbuffata. Tuttavia, nel caso del BED, la Persona non utilizza condotte di eliminazione come fa la Persona bulimica.
Durante le ricorrenti abbuffate, la Persona mangia molto velocemente grandi quantitativi di cibo, spesso in solitudine per la vergogna, provando disgusto verso di sé e sentendosi in colpa dopo ogni episodio.
Il comune denominatore dei DCA è l’ossessione per la forma fisica, il peso e la propria immagine, elementi sui quali poggia l’autostima della Persona che esprime questi disturbi.
Nel Disturbo da alimentazione incontrollata (BED) questo aspetto è esplicitato dal forte senso di vergogna e dalla preoccupazione che le Persone provano per il fatto di non essere in grado di mantenere il controllo.
Nel BED, come in altri disturbi alimentari, il cibo può diventare una difesa dal mondo esterno e colmare dei vuoti affettivi, in alcuni casi esso diventa una forma di autopunizione fino a sfociare in condotte autolesionistiche come quella di “mangiare fino a scoppiare”. L’abbuffata è spesso una risposta a stati emotivi non desiderabili come rabbia, ostilità e tristezza.
Sintomi del disturbo da alimentazione incontrollata
Il sintomo più evidente del BED è l’obesità. Mentre una Persona bulimica tendenzialmente non si presenta in sovrappeso, le Persone che esprimono un Disturbo da alimentazione incontrollata sono quasi sempre obese, a causa del fatto che non annullano l’effetto dell’abbuffata come invece fanno i bulimici.
I risvolti psicologici dell’espressione del BED, per la vergogna per il proprio stile alimentare, per la propria condizione fisica e per la mancanza di controllo, si traducono spesso in stati depressivi e tristezza che possono incidere nella dimensione relazionale della Persona, mentre l’obesità, da un punto di vista fisico, può innescare l’insorgenza, tra gli altri, di diabete e di problemi cardiovascolari.
Come insorge il disturbo da alimentazione incontrollata
Le motivazioni dell’insorgenza della bulimia e di un qualsiasi DCA derivano dalla compresenza di fattori ambientali, esposizione a fattori di rischio ed una componente biologicamente determinata.
La crescita in un contesto significativo di appartenenza (familiare, sociale, scolastico, professionale, sportivo, etc.) in cui viene data molta rilevanza all’aspetto fisico o nel quale il peso e l’immagine fisica sono sempre tenuti sotto controllo, possono influire nell’insorgere del disturbo.
Fattori di rischio come l’obesità infantile, un familiare affetto da obesità, esperienze negative legate al peso e critiche riguardanti la forma fisica aumentano le probabilità di sviluppare un DCA.
Una bassa autostima, la mancanza di fiducia in se stessi, una tendenza al perfezionismo con comportamenti ossessivi e impulsivi ed una scarsa consapevolezza delle proprie emozioni, possono favorire l’espressione del Disturbo del comportamento alimentare.
Questo stato psicologico ed emotivo influisce negativamente sull’umore provocando sentimenti di tristezza, stati depressivi e aumento del senso di colpa, con ripercussioni sul benessere cognitivo, fisico, psicologico e relazionale.
Intervento terapeutico
Attualmente le linee guida internazionali indicano che l’approccio ai disturbi alimentari non può prescindere da una MODALITA’ D’INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE effettuata da professionisti di formazione diversa (nutrizionisti, dietisti, endocrinologi, psichiatri, psicologi e psicoterapeuti, etc.) che lavorando in équipe costituiscono una rete di sostengo per il paziente.
La complessità della problematica alimentare, infatti, deve essere trattata tenendo conto di approcci terapeutici differenti che lavorano in sinergia, proiettati verso un unico obiettivo: il benessere della Persona.
L’intervento psicoterapeutico può essere associato a terapia farmacologica e si pone l’obiettivo di sostenere la Persona nel prendere consapevolezza dei processi che mantengono il disturbo e/o di prevenire la sua espressione in una forma più grave.
L’intervento psicologico si struttura analizzando la complessità del quadro sintomatologico, comprendente la dimensione cognitiva, fisiologica, comportamentale, affettiva, psicologica e socio relazionale della Persona e si può avvalere di diversificati approcci metodologici in base all’unicità del caso, tra i quali quelli derivanti dal modello sistemico – relazionale, di quello dell’ipnosi ericksoniana, oltreché della Terapia EMDR, di tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, tecniche di autoipnosi, etc., allo scopo di rintracciare gli schemi automatici e disfunzionali responsabili del mantenimento del sintomo, i quali vanno identificati, destrutturati e ristrutturati, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.
Attraverso un PERCORSO PERSONALIZZATO, sarà possibile lavorare sulla percezione di un Sé realistico e integrato, sull’immagine corporea che la Persona ha strutturato nel tempo, sui significati emotivi che rappresentano per lei il cibo e il suo bisogno di controllo, come e quando sono stati appresi.
È necessario interrompere i circoli viziosi connessi al comportamento e/o abitudini nutrizionali e alimentari scorrette che si instaurano a partire da un pensiero automatico disfunzionale. Si lavorerà sulle emozioni di senso di colpa, vergogna, rabbia, disgusto, tristezza e autosvalutazione correlate ai disturbi alimentari, emozioni che predispongono ad un nuovo episodio critico, rafforzando la percezione di non sentirsi degni, mentre la possibilità di tollerare emozioni spiacevoli in modo più adattivo, può porre le basi per indagare gli stati emotivi profondi e i pensieri distorti che sostengono l’espressione della sintomatologia e la relazione con cibo, nonché la possibilità di apprendere abilità specifiche per gestire meglio le proprie emozioni senza ricorrere all’utilizzo del cibo come strumento per veicolarle.
L’intervento psicologico prevede l’approfondimento della storia di vita della Persona, della storia del sintomo e il significato dello stesso all’interno dei suoi mondi relazionali. Si sostiene la motivazione al cambiamento e si lavora, inoltre, sull’acquisire consapevolezza circa il disturbo alimentare e gli svantaggi psicofisici, affettivi e relazionali che questa condotta comporta nella propria vita e per la propria salute.
L’attenzione sui fattori di rischio e di mantenimento del disturbo del comportamento alimentare può essere significativa in termini di PREVENZIONE e conseguente intervento per non peggiorare la dimensione relazionale, affettiva, emotiva e fisica della Persona.
L’intervento è sostenuto da un ascolto attivo e una comunicazione empatica che possa consentire alla Persona di sentirsi libera di condividere la propria storia, iniziando a trovare delle possibili risposte e soluzioni al proprio disagio.
L’intervento terapeutico deve tener conto anche di questi aspetti: lavorare sul ripristino dell’equilibrio alimentare (gestione dei pasti, scelta dei cibi, etc.), sulla regolazione del sonno, sul sostegno per lo svolgimento costante di attività fisica, sia su quei blocchi personali che generano e mantengono la sintomatologia.
Alla Persona deve essere consentito di costruire una storia di vita alternativa emotivamente più funzionale e di svincolarsi da modalità relazionali disfunzionali nella quali è incastrata, giungendo a sperimentare un senso di autoefficacia positivo e un’idea di Sé vincente e libera.
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Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.
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