Vigoressia
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La vigoressiabigoressia (dall’inglese “big”, grosso) è un disturbo psicologico che si può classificare all’interno dei “nuoviDisturbi del comportamento alimentare come l’ortoressia (ossessione per il cibo ritenuto sano) e la drunkoressia (digiunare per poi poter assumere molti alcolici, senza ingrassare).

La Persona esprime un’ossessione continua per il tono muscolare che deve essere costantemente sviluppato e con un esagerato allenamento e per la massa magra da mantenere attraverso una dieta ipocalorica e iperproteica.

Il 10% degli sportivi che praticano sollevamento pesi (body building), in base ad alcune ricerche, sembrano esprimere vigoressia. Tale disturbo è unito all’utilizzo di integratori alimentari (es. proteine, creatina) e, in alcuni casi, all’abuso di farmaci steroidi anabolizzanti.

 

La Persona vigoressica

  • Pensa continuamente al fitness, al suo corpo, alla sua immagine e all’alimentazione.
  • Frequenta palestre e centri sportivi in modo compulsivo, non per migliorare la sua forma atletica o per divertirsi o per rilassarsi, ma come una fissazione che origina costantemente uno stato di ansia, stress e insoddisfazione per la paura di perdere i muscoli posseduti e nel non vedere il proprio corpo perfetto in termini di tono muscolare.

 

Questo disagio viene chiamato in psicologia “complesso di Adone”, dal nome del personaggio della mitologia greca che rappresenta l’idea della bellezza maschile, intesa come perfezione fisica e della forma estetica.

Questo disagio si può definire come “dismorfia muscolare” o “anoressia inversa”, per contrapporla all’anoressia nervosa, che porta la Persona a percepirsi sempre troppo esile, gracile e magra, temendo di apparire “piccola”, debole e inadeguata.

 

 

Sintomi della vigoressia

sintomi della vigoressia includono fattori psicologici come pensieri ossessivi e l’ideale di perfezionismo che si esprimono con:

  • Preoccupazioni ossessive e spesso infondate sul fatto che il proprio corpo non sia sufficientemente magro, muscoloso e atletico.
  • Allenamento con programmi di esercizio intenso, che impegna molte ore della giornata e che consiste soprattutto nel sollevamento pesi.

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  • Attenzione eccessiva e maniacale per l’alimentazione, che, nello specifico, deve comprendere esclusivamente “cibi sani”, ipocalorici ed altamente proteici.
  • Priorità dell’allenamento sportivo e della cura del proprio corpo alla vita familiare, sociale e lavorativa.
  • Dedicare la maggior parte del proprio tempo e molte delle proprie risorse economiche alla frequentazione di palestre/centri fitness/centri estetici e all’acquisto di riviste che trattino la cura del corpo e l’allenamento sportivo finalizzato all’accrescimento muscolare.
  • Guardarsi continuamente allo specchio, alla ricerca di qualche imperfezione nei muscoli o evitare categoricamente di guardarsi allo specchio in un periodo di inattività fisica dovuta a cause imprescindibili.
  • Allenarsi anche in presenza di infortuni muscolari che non consentirebbero la pratica sportiva.
  • Malessere, ansia e disagio se è possibile allenarsi come programmato.
  • Ricorrere costantemente ad integratori alimentari e/o far uso di steroidi anabolizzanti per incrementare la massa muscolare.

 

La Persona vigoressica può mettere in atto anche comportamenti autopunitivi, ad esempio allenarsi in modo estenuante per lunghe sessioni, che conducono al sovra allenamento e conseguenti problematiche psicofisiche.

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Photo by Damir Spanic on Unsplash

Far sostenere al corpo allenamenti eccessivi può indebolire l’apparato muscolare rendendolo suscettibile agli infortuni. Anche regimi dietetici drastici possono contribuire a isolarsi da un punto di vista relazionale per non far vedere lo stile dietetico utilizzato ed esporsi a critiche e giudizi.

A queste premesse, possono conseguire stati ansiosi e stati depressivi.

Le uniche Persone che vengono ritenute degne di stima, capaci e competenti sono coloro che condividono stesso stile di vita e che hanno già ottenuto risultati significativi di potenza del tono muscolare visibili sul proprio fisico.

La vigoressia può avere ripercussioni sulla qualità della vita psicologica e relazionale della Persona e sulla sua salute. L’utilizzo di steroidi anabolizzanti può ad atrofia testicolare, ipertrofia cardiaca, intossicazione epatica, etc., mentre le diete iperproteiche possono compromettere a lungo andare le funzioni renali.

 

Come insorge la vigoressia

La vigoressia viene espressa maggiormente dal genere maschile, tuttavia secondo le indagini statistiche più recenti, starebbe prendendo sempre più piede anche tra le donne.

Per quanto riguarda l’insorgenza della vigoressia, sembra che possa essere rintracciata in una combinazione di fattori diversi: fattori psicologici, sociali e biologici.

L’autostima gioca un ruolo significativo, infatti, le Persone vigoressiche esprimono un’insoddisfazione cronica circa il proprio Sé e la propria immagine corporea, nonché insicurezza, paragonandosi di continuo agli altri.

 

Sembra che le persone vigoressiche sentano la necessità di potenziare il proprio fisico per rafforzare la propria immagine interiore.

 

Appare significativa anche la componente socioculturale che propone un ideale di bellezza (magrezza, tonicità, giovinezza, etc.) come unico modello per raggiungere il successo, la felicità, la realizzazione di Sé e il riconoscimento sociale.

Il minimo difetto è condannato, facendo percepire alla Persona “non perfetta” senso di colpa e vergogna per quell’imperfezione, impossibile da raggiungere.

 

Intervento terapeutico

Rispetto, ad esempio, ad una Persona anoressica, il fatto che la Persona vigoressica appaia tonica e muscolosa, “in salute”, può far sottostimare il disagio. Talvolta è proprio il vigoressico a non essere consapevole della sua problematica, non si rende conto che sta conducendo una vita disadattiva, penalizzante la sfera relazionale e professionale, nonché la Salute.

Attualmente le linee guida internazionali indicano che l’approccio ai disturbi alimentari non può prescindere da una MODALITA’ D’INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE effettuata da professionisti di formazione diversa (nutrizionisti, dietisti, endocrinologi, psichiatri, psicologi e psicoterapeuti, etc.) che lavorando in équipe costituiscono una rete di sostengo per il paziente.

La complessità della problematica alimentare, infatti, deve essere trattata tenendo conto di approcci terapeutici differenti che lavorano in sinergia, proiettati verso un unico obiettivo: il benessere della Persona.

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L’intervento psicoterapeutico può essere associato a terapia farmacologica  e si pone l’obiettivo di sostenere la Persona nel prendere consapevolezza dei processi che mantengono il disturbo e/o di prevenire la sua espressione in una forma più grave.

L’intervento psicologico si struttura analizzando la complessità del quadro sintomatologico, comprendente la dimensione cognitiva, fisiologica, comportamentale, affettiva, psicologica e socio relazionale della Persona e si può avvalere di diversificati approcci metodologici in base all’unicità del caso, tra i quali quelli derivanti dal modello sistemico – relazionale, di quello dell’ipnosi ericksoniana, oltreché della terapia EMDR, di tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, tecniche di autoipnosi, etc., allo scopo di rintracciare gli schemi automatici e disfunzionali responsabili del mantenimento del sintomo, i quali vanno identificati, destrutturati e ristrutturati, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.

Attraverso un PERCORSO PERSONALIZZATO, sarà possibile lavorare sulla percezione di un Sé realistico e integrato, sull’immagine corporea che la Persona ha strutturato nel tempo, sui significati emotivi che rappresentano il cibo, l’attività fisica esasperata/esasperante e il bisogno di controllo, come e quando sono stati appresi.

È necessario interrompere i circoli viziosi connessi ai comportamenti scorretti che si instaurano a partire da un pensiero automatico disfunzionale. Si lavorerà sulle emozioni di senso di colpa, vergognarabbiadisgustotristezza e autosvalutazione correlate ai disturbi alimentari, emozioni che predispongono ad un nuovo episodio critico, rafforzando la percezione di non sentirsi degni, mentre la possibilità di tollerare emozioni spiacevoli in modo più adattivo, può porre le basi per indagare gli stati emotivi profondi e i pensieri distorti che sostengono l’espressione della sintomatologia e la relazione con cibo e l’attività fisica, nonché la possibilità di apprendere abilità specifiche per gestire meglio le proprie emozioni senza ricorrere all’utilizzo del cibo e/o all’attività fisica come strumento per veicolarle.

L’intervento psicologico prevede l’approfondimento della storia di vita della Persona, della storia del sintomo e il significato dello stesso all’interno dei suoi mondi relazionali. Si sostiene la motivazione al cambiamento e si lavora, inoltre, sull’acquisire consapevolezza circa il disturbo alimentare e gli svantaggi psicofisici, affettivi e relazionali che questa condotta comporta nella propria vita e per la propria salute.

L’attenzione sui fattori di rischio e di mantenimento del disturbo del comportamento alimentare può essere significativa in termini di PREVENZIONE e conseguente intervento per non peggiorare la dimensione relazionale, affettiva, emotiva e fisica della Persona.

L’intervento è sostenuto da un ascolto attivo e una comunicazione empatica che possa consentire alla Persona di sentirsi libera di condividere la propria storia, iniziando a trovare delle possibili risposte e soluzioni al proprio disagio.

L’intervento terapeutico deve tener conto anche di questi aspetti: lavorare sul ripristino dell’equilibrio alimentare (gestione dei pasti, scelta dei cibi, etc.), sulla regolazione del sonno, sul sostegno per lo svolgimento di un’attività fisica equilibrata, sia su quei blocchi personali che generano e mantengono la sintomatologia.

Alla Persona deve essere consentito di costruire una storia di vita alternativa emotivamente più funzionale e di svincolarsi da modalità relazionali disfunzionali nella quali è incastrata, giungendo a sperimentare un senso di autoefficacia positivo e un’idea di Sé vincente e libera.

 

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