Il pensare è una delle capacità della nostra mente che ci rende in grado di elaborare le informazioni interne ed esterne, raccolte dei nostri sensi.
La nostra mente elabora pensieri il cui contenuto è rappresentato (nella mente) sotto forma di immagini o di parole (dialogo interno). I pensieri e le sensazioni guidano le nostre azioni e decisioni.
E’ significativo comprendere se e come i pensieri possono essere da noi gestiti o se, invece, sono qualcosa che non possiamo cambiare, ma solo accettare e subire.
A tutti è capita di sottostare ai propri pensieri come se fossero espressione sempre vera di ciò che siamo e lo esprimiamo, ad esempio, dicendo:
“che posso farci se la penso così!”, “io penso questo e basta!”, “sono fatto così”, “se lo penso devo dirlo altrimenti non sono sincero”, etc.
Quello che penso è quello che sono?
Il fatto che un pensiero arrivi alla mia mente in modo “automatico”, immediato, significa che deve essere sempre accettato?
Ragionare serve a questo, ovvero passare da un primo pensiero automatico che perviene alla mia mente, ad un pensiero più elaborato, ragionato che presuppone un processo di scelta consapevole.
Le persone possono trovarsi a vivere facendo propri, in modo acritico, tutti i pensieri che passano nella loro mente e facendosi, conseguentemente, guidare da essi nelle proprie azioni, scelte e emozioni.
Quali sono i passaggi tra un pensiero automatico e un pensiero scelto, frutto di ragionamento?
*ACCOGLIERE IL PENSIERO AUTOMATICO
I pensieri si formano nella nostra mente in modo continuo ed istantaneo senza che ci sia un processo volontario per provocarli (es. “mi è venuto in mente…”).
Non possiamo evitare volontariamente di pensare qualcosa. Chi soffre di pensieri ossessivi ne è la conferma.
Se in questo momento ti chiedo di NON pensare ad un cane blu, cosa appare nella tua mente? Probabilmente, un cane blu!
Spesso, sforzarsi o auto imporsi di non avere alcuni pensieri serve solo a renderli istantaneamente presenti nella nostra mente.
Ciò può far comprendere che, nella maggior parte dei casi, i pensieri nascono nelle nostre menti spontaneamente, come risultato di un processo che non possiamo controllare alla sua origine.
*FILTRARE I PENSIERI DIALOGANDO CON ESSI
Presa coscienza che i pensieri arrivano alla nostra mente in maniera spontanea e poco controllabile, come posso esercitare la mia libertà per modificarli o trasformarli?
Il punto di partenza è che il pensiero che arriva alla mente NON SONO IO, non esprime obbligatoriamente ciò che sono a meno che io non lo voglia.
Il pensiero può essere analizzato, filtrato e poi rifiutato, accettato o trasformato.
Come? Ponendogli / PONENDOMI DELLE DOMANDE:
- Come faccio a sapere che sei attendibile?
- Mi stai dicendo una bugia?
- Mi sei utile?
- Mi nuoci o mi aiuti?
- Sei mio o appartieni a qualcun altro?
- Sei influenzato da qualcosa/qualcuno?
- etc.
Dopo “aver posto al pensiero” queste domande:
- Il pensiero supera l’esame, ovvero, le risposte alle domande mi confermano che il pensiero pervenuto alla mente è utile e funzionale a me in quel momento per cui decido di farlo mio.
- Il pensiero “non supera l’esame”, ovvero, di fronte alle domande poste si dimostra disfunzionale, probabilmente falsato, poco utile e decido di lasciarlo correre (accetto che mi sia venuto in mente, ma non gli presto attenzione).
- Il pensiero si “trasforma”: attraverso le domande e le risposte, trovo nuove possibilità che trasformano il pensiero in un ragionamento che sento autentico, adeguato, realmente mio.
Quanto descritto, è il PROCESSO DI ANALISI DEI PENSIERI ideale che consente alla Persona di far esprimere, attraverso il ragionamento e scelte consapevoli che rispecchiano veramente il proprio volere e i propri bisogni, il Sé autentico. Il processo consente di rispondere in senso affermativo alla domanda “Quello che penso è quello che sono? Si”.
Come la nostra mente ci inganna
E’ quando la nostra mente ci inganna cosa accade? Quali sono i processi cognitivi che sostengono l’inganno?
La mente ci inganna quando in modo inconsapevole accettiamo come veritiero il PENSIERO AUTOMATICO, ovvero non attuiamo alcun tipo di analisi e trasformazione dello stesso, con la conseguenza espressione di pensieri, emozioni, sensazioni, decisioni, discrepanti dai propri reali desideri, bisogni e effettiva volontà.
Gli automatismi psicologici sono conseguenza di apprendimenti condizionati dal proprio vissuto relazionale e sociale, nonché da fattori neurobiologici.
Bias cognitivi
I bias cognitivi sono costrutti derivanti da percezioni errate, da cui si producono GIUDIZI, PREGIUDIZI, IDEOLOGIE. I bias sono utilizzati spesso per prendere decisioni veloci e non sono soggetti a critica o giudizio.
I bias cognitivi sono automatismi mentali dai quali si generano CREDENZE e da cui si traggono decisioni veloci. Si tratta, il più delle volte di errori di giudizio che impattano, nella quotidianità, non solo su decisioni e comportamenti, ma anche sui processi di pensiero.
Il costrutto di bias cognitivo si riferisce al sistema di elaborazione della realtà, processi che avvengono secondo una modalità tale da produrre delle sistemiche distorsioni ed errori di percezione, di valutazione e di interpretazione della realtà, quindi giudizi e pregiudizi disadattivi e disfunzionali.
L’origine, però, del bias cognitivo risale alle ricerche degli psicologi Tversky e Kahneman effettuate negli anni ’70, grazie alle quali hanno ricevuto il premio Nobel nel 2002. Lo scopo di queste ricerche era analizzare in quale modo gli esseri umani prendono le loro decisioni in contesti dominati dall’incertezza e con limitate risorse individuali.
Euristiche
Le ricerche di Tversky e Kahneman portarono a concludere che le Persone prendono le loro decisioni utilizzando un numero limitato di euristiche, ovvero, SCORCIATOIE MENTALI, piuttosto che complessi processi razionali. Le euristiche sono procedimenti mentali intuitivi e sbrigativi che permettono di avere un’idea generica dalla quale è possibile giungere a conclusioni veloci.
L’euristica cognitiva funziona grazie a un processo definito sostituzione dell’attributo, che si attua senza averne consapevolezza. Si stratta di un processo attraverso il quale è possibile sostituire un concetto complesso con uno più semplice derivante dalla semplificazione dello stesso (euristica inferenziale). Le euristiche sono delle strategie mentali che portano a conclusioni veloci attraverso il minimo sforzo cognitivo. Le euristiche funzionano correttamente in molti ambiti della vita umana, ma producono sistematiche distorsioni del giudizio o bias cognitivi, ALTERANDO LA PERCEZIONE DI MOLTI EVENTI.
I bias sono delle forme particolari di euristiche, usate per generare opinioni o esprimere dei giudizi, su cose di cui non si è mai avuto esperienza diretta. Per questo, i bias consentono di parlare e giudicare comportamenti spesso sulla base di cose apprese per sentito dire.
Mentre le euristiche sono scorciatoie comode e rapide estrapolate dalla realtà e portano a veloci conclusioni, i bias cognitivi sono euristiche inefficaci, pregiudizi astratti che non si generano su dati di realtà, ma si acquisiscono a priori senza critica o giudizio.
Gestire i pensieri automatici
I pensieri automatici influenzano le emozioni e i comportamenti delle persone. In alcuni casi, senza che se ne rendano conto, sono le persone stesse ad alimentare e a rendere più forti i propri pensieri automatici, spesso negativi (“non valgo nulla”, “non sono capace a fare niente”, etc.), rimanendo agganciate ad essi e facendo di tutto per rafforzarli.
Per gestire i pensieri posso:
RIFLETTERE SUI MIEI PENSIERI
Monitorare i propri pensieri per poi analizzarli, individuando sia le prove che ne supportano la veridicità sia quelle che li disconfermano. Questa tecnica permette di ridurre il disagio emotivo contrapponendo all’irrazionalità dei pensieri automatici negativi, una serie di pensieri più realistici e funzionali. Es. “non valgo nulla”: devo recuperare una materia a scuola e in tutte le altre vado bene.
RIPETERE I PENSIERI POSITIVI
Ripetere a se stessi una lista di pensieri positivi contrapponendoli a quelli negativi che emergono automaticamente. Inizialmente, la Persona percepirà la dissonanza di questo processo, ma attraverso la ripetizione dei pensieri positivi, questi tenderanno ad integrarsi nel suo dialogo interno. Le resistenze ad usare questa tecnica sono molto probabili se vi è la tendenza a considerare i propri pensieri automatici negativi come basati su dati di realtà.
ACCETTARE LA PRESENZA DEI MIEI PENSIERI NEGATIVI E TRASFORMARLI
Accettare i pensieri negativi significa riconoscere che il pensiero può giungere alla coscienza, ma che allo stesso tempo non siamo costretti a farci condizionare da esso. Accettare i pensieri negativi, non ci esonera dal provare emozioni negative, dall’evitare che i pensieri negativi emergano, ma ci consente di scegliere cosa fare di questi pensieri. Ad esempio, sto giocando a calcio con i miei amici. Sbaglio un rigore. I miei compagni mi dicono che sono una schiappa. Penso di essere una schiappa. Accetto quello che mi hanno detto e il pensiero che è emerso e lo trasformo: “sono stato una schiappa in quell’occasione, altre volte gioco meglio, a tennis sono più abile”. Sei una schiappa = non sei capace, rimane un pensiero circoscritto all’episodio, non al Sé generalizzato delle Persona, alle sue abilità complessive.
Intervento terapeutico
Durante la vita, ogni Persona utilizza degli automatismi psicologici introiettati dalle relazioni all’interno dei propri contesti significativi di appartenenza (famiglia, coppia, scuola, contesti sportivi, religiosi, etc.), dal sistema socio culturale nel quale è inserita e dall’attivazione o meno di circuiti neuronali.
Questi schemi di pensiero sono funzionali all’adattamento, ma se utilizzati in modo continuativo diventano automatici e svantaggiosi per il benessere della Persona, per il raggiungimento dei suoi obiettivi, per delle relazioni appaganti e per sperimentare una reale libertà di espressione del Sé.
La resistenza al cambiamento di questi schemi automatici è determinata dalla presenza dei bias cognitivi che ne “prevengono” l’invalidazione e contribuiscono al mantenimento della sofferenza soggettiva.
L’utilizzo di automatismi è problematico se avviene in modo frequente e sistematico, indipendentemente dalle condizioni, ovvero anche quando gli sarebbe possibile e utile ricorrere ad un altro tipo di ragionamento. In questi casi il ragionamento della Persona è disfunzionale, ossia controproducente ai suoi scopi e conduce a conclusioni errate.
In altre parole, estendo quello che mi accade nel singolo episodio a tutta la mia personalità, a tutte le mie abilità. M’identifico con l’essere incapace e con l’essere stupido. Mi percepirò incapace o stupido in tutto quello che andrò a fare, in tutte le relazioni nelle quali sarò coinvolto, tendendo anche a non ricercare ipotesi alternative, che disconfermino la mia incapacità o stupidità, ma solo evidenze compatibili con la mia ipotesi.
Per introdurre un cambiamento e rendere adattivi gli automatismi, è necessario riportarli alla CONSAPEVOLEZZA.
Come funziono?
Per quale motivo reagisco in un questo modo in questa situazione?
Quello che penso di me, degli altri, del mondo è reale o proviene da altro? Da dove proviene? Da chi proviene?
Quello che penso, sento e faccio mi rappresenta? Soddisfa i miei bisogni e i miei desideri?
Stimolare il PENSIERO CRITICO e RIFLESSIVO ci mette al riparo di stereotipi, illusioni e pregiudizi che pesano sulla nostra mente.
Imparare a farsi domande, stimolare la capacità autoriflessiva, sollevare dubbi, connessioni interessanti e chiarificatrici, ci consente di acquisire COMPETENZA DI SE’ dando nuovo respiro alle proprie conoscenze e abilità.
Per riattivare, potenziare e allenare questo tipo di competenza è possibile intraprendere un percorso psicologico che ci possa insegnare a conoscere chi siamo veramente, aldilà delle nostre quotidiane identificazioni, svincolato da tutti gli schemi emotivi, cognitivi, relazionali e sociali acquisiti.
Diventare consapevoli di ciò che blocca la nostra naturale espressione è nelle nostre possibilità. Questi condizionamenti sono idee acquisite nel corso della nostra storia personale e che, con il passare del tempo, hanno acquisito forza, cristallizzandosi.
Decidere di intraprendere un percorso di psicoterapia individuale significa:
- Approfondire la propria storia di vita.
- Esplorare la storia familiare e le modalità relazionali ed emotive acquisite nei propri contesti significativi di appartenenza.
- Individuare, destrutturare e ristrutturare gli schemi distorti e automatici di funzionamento, le credenze negative e disfunzionali connesse alla percezione di Sé e alla relazione del Sé con il mondo, sostenendo l’apprendimento di una nuova idea di se stessi più costruttiva ed evolutiva.
- Riportare alla luce una percezione reale di se stessi, non offuscata e debilitata da pensieri negativi e non evolutivi appresi da ricordi, eventi ed esperienze passate.
- Ristrutturare le credenze disfunzionali legate al proprio valore.
- Acquisire maggiore consapevolezza circa i propri processi cognitivi, le proprie modalità relazionali e comunicative e le ripercussioni degli stessi nelle proprie relazioni.
- Imparare a conoscersi meglio e sviluppare l’assertività in modo da poter esprimere i propri bisogni senza timore, contribuendo alla costruzione di un più solido senso di Sé e della propria indipendenza.
- Potenziare la propria autostima e il senso di autoefficacia, riflettendo sulle proprie vulnerabilità e potenziando i propri punti di forza.
- Riprendere il controllo della propria vita, ritrovare l’autonomia decisionale e la libertà di essere realmente se stessi e di perseguire i propri reali obiettivi, svincolati da ciò che dobbiamo essere o dai pensieri automatici introiettati, all’interno dei propri mondi relazionali.
Strumenti d’intervento
Il percorso psicologico si avvale di tecniche e strumenti diversificati in base all’unicità della Persona e ai suoi bisogni: il colloquio clinico, l’osservazione clinica, l’ascolto attivo, una comunicazione partecipativa e trasformativa, la Terapia delle emozioni, la Terapia EMDR, l’Ipnosi ericksoniana, la Terapia cognitivo – comportamentale, la Terapia sistemico – relazionale, tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, la Timeline, l’apprendimento di tecniche di autoipnosi, strumenti grafici, la Fotovideo Terapia, home work, prescrizioni comportamentali, esercizi di role play, Carte Dixit, il potenziamento delle risorse, il Genogramma, etc., che consentono di rintracciare i costrutti, le credenze o gli schemi fissi di ragionamento responsabili dell’attivazione e del mantenimento del disturbo/problema/disagio che impedisce di perseguire in modo fluido i propri obiettivi evolutivi, destrutturarli e ristrutturarli, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.
Puoi contattarmi per chiedere informazioni o fissare un appuntamento.