Lamentosità
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Probabilmente nella nostra vita ci siamo lamentati, come anche abbiamo interagito con una Persona che si lamentava continuamente di ogni cosa.

Il lamento ha un preciso scopo psicologico, ovvero mira a chiedere implicitamente aiuto, come se noi dovessimo o potessimo fare qualcosa per salvare il nostro interlocutore dalla sofferenza che vive.

 

Il lamento può essere distinto in due tipologie:

  1. Il lamento da parte di qualcuno che racconta “realisticamente” ciò che gli accade con l’intento di condividere le proprie sventure con tristezza, rabbia, ironia, protesta. In questo caso, lamentarsi equivale a parlare delle proprie difficoltà in uno scambio da cui possono nascere soluzioni alterative.
  2. Il lamento contenente supplica, ovvero, quello che assume il connotato di lamentela, come se l’interlocutore ne fosse in qualche modo coinvolto o ne fosse la causa. In questo caso, lamentarsi corrisponde a perdita di tempo, ricerca di passività e attesa di nuove sventure. In queste conversazioni lamentose, l’interlocutore può sentirsi in colpa per via della sua impotenza nel risolvere il problema e/o può diventare parte in causa e quasi coprotagonista dei guai dell’Altro. Chi ascolta le lamentele può avvertire l’implicita manipolazione del lamentoso.

 

Personalità del lamentoso

La frase tipica del lamentoso è “Sì, ma …”.

Il lamentoso è spesso suggestionabile e suggestionato da un passato fatto di esperienze con persone lamentose che hanno sempre mostrato di soffrire, talvolta, più del necessario, in modo da ottenere un simbolico sconto dalla vita nel risolvere il problema.

In alcuni casi, l’apprendimento del “modello della lamentala” all’interno dei propri contesti significativi di appartenenza (es. famiglia), implicito e inconsapevole, autorizza il futuro lamentoso a infastidire l’Altro, al punto che niente può convincerlo a desistere dal lamentarsi.

Il lamentoso può essere egocentrico, manipolativo e ipercritico. Può provare poco rispetto per gli altri, può ringraziarli nel momento in cui viene appagato il suo bisogno di essere ascoltato, per poi dimenticarselo. Il lamentoso sembra essere poco empatico poiché fa fatica a mettersi nei panni dell’Altro, esistono solo i suoi bisogni.

Il lamentoso, attraverso le proprie lamentele, si arrabbia e protesta contro la vita e contro chi gli è vicino. Vive in uno stato di vittimismo, come se il mondo lo perseguitasse. Non tollera che le cose non vadano come vuole lui e non fa altro che ripetere che è intollerabile che il mondo funzioni in questo modo.

Il lamentoso ripete gli stessi schemi continuamente finché gli altri gradualmente si allontanano. Rimanendo sempre più isolato, lo scopo di vivere può svanire, poiché non è più protagonista della sua vita, ma la subisce.

 

Cosa ci fa lamentare?

Le persone che si lamentano hanno un pensiero negativo ricorrente, più precisamente, la Persona che lo prova si chiude in questo stato d’animo e vede soltanto aspetti e momenti negativi nella propria vita, dall’area affettiva, a quella lavorativa, relazionale e di salute.

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Questa tendenza viene definita rimuginio, in cui predomina uno stile di pensiero negativo che ci porta a rimuginare.

Alla base di questo stile di pensiero, potrebbe esserci uno stato d’insoddisfazione, insicurezza nella propria vita, bassa autostima e sfiducia nelle proprie capacità.

In questa condizione il lamentoso vive ciò che fa, i suoi progetti e obiettivi quotidiani, focalizzandosi esclusivamente sull’aspetto negativo della loro realizzazione, non considerando alcun aspetto positivo del percorso fatto, gli errori dai quali imparare, i risultati raggiunti, continuando sempre a lamentarsi.

La lamentela può anche essere scatenata quando proviamo un sentimento di gelosia o invidia verso persone vicine, come ad esempio i colleghi di lavoro, che sono percepite come maggiormente realizzate rispetto a noi stessi.

Un’ulteriore motivazione che spinge a lamentarci è portata dalla ricerca di attenzione.

 

Effetti della continua lamentela

Mentre la gratitudine ha risvolti positivi per il cervello, il lamentarsi di continuo ne ha di negativi. Il motivo è che il cervello si abitua a creare collegamenti basati su questo tipo di reazione.

In pratica, lamentarsi diventa una risposta immediata. Il cervello attraverso il meccanismo della neuroplasticità si riscrive creando collegamenti utili al tipo di stimolo elettrico che utilizza di più.

 

Da un punto di vista emotivo e pragmatico, il lamentoso si trova a sperimentare:

  • Dispendio eccessivo di energia mentale e fisica.
  • Non apprezzare le cose belle della vita.
  • Visione negativa e pessimistica.
  • Ripercussioni nella sfera relazionale.
  • Sfiducia nelle proprie capacità.
  • Staticità nella propria vita.
  • Essere immersi nel proprio dolore.

 

Per chi subisce lamentele continue, invece, una ricerca compiuta alla Stanford University in America ha dimostrato che sottoporsi per più di 30 minuti al giorno a contenuti lamentosi e quindi carichi di negatività, nuoce alla salute del nostro cervello.

lamento

 

Intervento terapeutico

Quando la lamentela e la visione pessimistica diventano così forti ed hanno delle implicazioni in diverse aree della propria vita, intraprendere un percorso psicologico di autoriflessione circa le proprie modalità relazionali e il proprio stile comunicativo, nonché della componente emotiva ad essi connessa, consente di AUMENTARE LA COMPETENZA COMUNICATIVA, di comunicare in modo più soddisfacente con se stessi e con gli altri, favorire un miglioramento nei rapporti interpersonali, sperimentare una maggiore consapevolezza di Sé, sviluppare l’assertività in modo da poter esprimere i propri bisogni senza timore, acquisire padronanza di se stessi e un maggiore senso di autoefficacia e autostima, perseguendo i propri obiettivi relazionali, affettivi e professionali con determinazione, forza e libertà decisionale.

 

L’obiettivo è interrompere il circolo vizioso del lamento e iniziare a pianificare un processo di trasformazione di Sé. Posso iniziare domandandomi:

Cosa attiva la mia necessità a lamentarmi?

Da dove nasce? Da chi l’ho appresa?

Perché ho bisogno di lamentarmi?

Cosa posso fare per migliorare la mia situazione?

Come posso diventare protagonista attivo della mia vita?

Come posso vedere ciò che mi appare negativo “meno peggiore” di quel che sembra?

 

Il senso di un intervento psicoterapeutico va ricercato in un’ottica di promozione della crescita personale, di esplorazione delle potenzialità e delle fallibilità che ci rappresentano, accompagnando la Persona in un processo di ricerca.

Lasciar andare la lamentela significa mitigare lo stato di ansia, di stress, ridurre l’irritabilità, la frustrazione e la stanchezza fisica che lo stato costante di lamento elicita, nonché potenziare il pensiero positivo, la competenza emotiva e la capacità di problem solving, riprendendo a conseguire i propri obiettivi con determinazione attraverso una visione realistica degli eventi.

Un percorso psicologico personalizzato può consentire di rintracciare i costrutti o le credenze responsabili dell’attivazione disfunzionale di particolari schemi di ragionamento  automatici inerenti al bisogno di lamentarsi costantemente, i quali vanno identificati e messi in discussione, facendo emergere modalità comunicative e relazionali più efficaci ed evolutive da spendere all’interno dei propri mondi relazionali.

 

Strumenti d’intervento

Il percorso psicologico si avvale di tecniche e strumenti diversificati in base all’unicità della Persona e ai suoi bisogni: il colloquio clinico, l’osservazione clinica, l’ascolto attivo, una comunicazione partecipativa e trasformativa, la Terapia delle emozioni, la Terapia EMDRl’Ipnosi ericksoniana, la Terapia cognitivo – comportamentale, la Terapia sistemico – relazionale, tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, la Timeline, l’apprendimento di tecniche di autoipnosi, strumenti grafici, la Fotovideo Terapia, home work, prescrizioni comportamentali, esercizi di role play, Carte Dixit, il potenziamento delle risorse, il Genogramma, etc., che consentono di rintracciare i costrutti, le credenze o gli schemi fissi di ragionamento responsabili dell’attivazione e del mantenimento del disturbo/problema/disagio che impedisce di perseguire in modo fluido i propri obiettivi evolutivi, destrutturarli e ristrutturarli, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.

 

POSSO ESSERTI D’AIUTO?

Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.

Puoi contattarmi per chiedere informazioni o fissare un appuntamento.

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