La solitudine è una condizione umana a volte utile e necessaria, che può generare malessere quando diventa uno stato abituale di “disconnessione” dagli altri, una fonte di sofferenza quando si viene esclusi o quando, volontariamente, ci si allontana dagli altri.
La solitudine funziona come un circolo vizioso. Tutto inizia con una sensazione di distacco e altri segni tra i quali:
- La sensazione di non sentirsi compresi e capiti dagli altri.
- L’idea di essere diversi, incompatibili con il resto del mondo.
- Il senso di disconnessione e ritiro sociale.
Alcuni tratti caratteriali come la timidezza, l’introversione o una tendenza a sentirsi tristi, possono portare a isolarsi in modo volontario. Per chi ha difficoltà a entrare in qualsiasi tipo di relazione, la solitudine può diventare un luogo di protezione e rifugio.
Esistono diversi tipi di solitudine:
SOLITUDINE ESISTENZIALE
Questa solitudine sottintende l’esperienza intima e individuale di ciascun essere umano, ovvero una parte inevitabile della vita che non produce, necessariamente, sentimenti negativi. Si manifesta nelle nostre paure esistenziali, come l’isolamento, la morte, la mancanza di significato nella vita o nella libertà. Riconoscere queste paure consente di vivere sempre al meglio ogni momento.
SOLITUDINE EMOTIVA
A differenza di quella esistenziale, questo tipo di solitudine nasce dalla mancanza di relazioni sociali o dall’attaccamento ad altre persone. Questa paura, si sperimenta ad esempio, quando abbiamo bisogno che qualcuno che ci supporti e ci ascolti, ma non c’è nessuno. Si scatena anche più intensamente quando affrontiamo una perdita di una Persona che è stata molto importante nella nostra vita. Si esprime dopo una delusione d’amore, o dopo un periodo in cui ci si è affidati ad un’altra Persona, credendo di essere amati.
La solitudine affettiva può dipendere anche da un caso quasi opposto, cioè il troppo affetto ricevuto, o che ancora si riceve, dai propri genitori. Ci sono madri e padri iperprotettivi che non permettono ai figli di crescere, di evolvere da un punto di vista relazionale e sociale, ma soprattutto, di crescere nell’autostima. Interferire sempre nella vita dei propri figli pensando di sapere quello che è giusto e/o di pensare sempre di proteggerli, può far crescere figli timidi e insicuri nelle future relazioni interpersonali, rischiando in caso di difficoltà relazionali, di sperimentare sentimenti di solitudine.
L’Università di Chicago ha condiviso una ricerca, secondo la quale, la solitudine innesca uno strano meccanismo difensivo, chiamato “ipervigilanza da minaccia sociale”, ovvero l’emozione di paura dell’Altro, un senso di minaccia sociale dopo che si è rimasti molto tempo da soli. La conseguenza è un circolo vizioso, dove più ci si isola e più ci si sente minacciati, ritirandosi ancor di più nella solitudine. Entrare in contatto con altre persone, diverse dai propri contesti abituali e mostrare uno spirito di vicinanza, può consentire di uscire da quel circolo vizioso di sentimenti negativi causati dalla solitudine emotiva. Significativo è essere disposti ad aprirsi all’Altro.
SOLITUDINE SOCIALE
La solitudine sociale riguarda tutte quelle situazioni nelle quali la Persona si sente emarginata o distanziata, esclusa o etichettata nel suo ambiente di vita. L’isolamento sociale, come condizione di mancata integrazione nel proprio contesto, provoca vissuti di solitudine che in questo caso corrispondono alla frustrazione del bisogno di appartenenza, inteso come desiderio di sentirsi parte attiva di qualche rete relazionale di cui si condividano norme e valori. Un primo passo per modulare il senso di solitudine e la tristezza, è iniziare a modificare la percezione di se stessi e degli altri, andando a riconoscere e potenziare la propria autostima.
La paura della solitudine
L’essere umano esiste in relazione e mantenere legami associativi di reciproca protezione con il proprio gruppo sociale è fondamentale per la sua sopravvivenza. Il cervello umano si è evoluto identificando come una significativa minaccia, la possibilità di essere respinti, emarginati o rimanere soli.
Da dove nasce questa paura?
La relazione di accudimento con le figure genitoriali sono la prima esperienza con l’Altro. Ambienti familiari caratterizzati da deprivazione emotiva, abusi, manipolazioni, abbandono o messaggi relazionali di squalifica e rifiuto, possono portare il bambino a strutturare un’idea di Sé come non amabile, di non valore, diverso dagli altri.
Questi schemi inconsci possono essere alla base della paura di sentirsi soli da adulti. Nelle relazioni interpersonali, sperimentiamo nuovamente le emozioni dolorose vissute durante l’infanzia traducibili in queste domande:
SE RESTO SOLO SIGNIFICA CHE NON VALGO?
SE RESTO SOLO SIGNIFICA CHE SONO SBAGLIATO?
SE RESTO SOLO SIGNIFICA CHE NON SONO ABBASTANZA PER ESSERE AMATO?
Queste tre condizioni di paura di solitudine hanno alcuni elementi in comune:
- Un’immagine e un’idea di se stessi negativa che riflette uno scarso senso di autostima (es. “non sono intelligente”, “non sono divertente”, etc.).
- Scarse abilità sociali espresse attraverso una comunicazione non efficace, stato di ansia e/o panico e/o ansia sociale che nascono dalla convinzione di non riuscire a sperimentarsi in una situazione relazionale.
- Irrazionali convinzioni sul Sé apprese all’interno dei propri contesti significativi d’appartenenza (famiglia, scuola, contesti sportivi, sociali, professionali, etc.), es. “non riuscirai mai in nulla”, “sei un buono a nulla”, etc.
- Il rilevante peso del giudizio degli altri che conduce a pensare, sentire ed agire sempre in base alle aspettative altrui, a cercare approvazione, ad indossare una maschera, a non essere mai se stessi e a non sentirsi mai abbastanza.
Queste ultime affermazioni aprono un mondo emotivo molto delicato e doloroso. Le emozioni legate alla paura della solitudine possono portare a legarsi con un partner sbagliato.
È la paura della solitudine che può far nascere la dipendenza affettiva o relazioni malate? E’ una possibilità.
Per superare questo stato è necessario riprendersi il rispetto e la considerazione di se stessi demolendo le convinzioni irrazionali che alimentano la paura della solitudine: “Non sono degno/a di essere amato/a. Non merito l’amore”, “Non troverò mai l’amore, rimarrò da solo/o”, “Con lui/lei in fondo ci stavo bene, quando non mi trattava male era splendido/a”.
La chiave è accrescere la propria autostima per rendersi liberi e indipendenti, smettendo di legarsi a persone sbagliate per se stessi. Riconoscendoti, riconoscerai anche la persona giusta.
Le età della solitudine
Durante il ciclo della vita ci sono momenti di crescita interiore dove sperimentiamo un maggiore senso di solitudine.
Conseguenze del sentirsi soli
Il ritirarsi dagli altri può generare mancanza di fiducia verso chi abbiamo intorno. Da tempo è stato confermato come le persone più sole e inclini a isolarsi percepiscano il volto degli altri come minaccioso anche nel caso di espressioni neutre. Questa reazione è dovuta all’iperattivazione del sistema di allarme governato dall’amigdala (componente del sistema limbico, complesso di strutture encefaliche avente un ruolo chiave nella gestione delle emozioni, nelle risposte comportamentali, nei processi di memoria e sensoriali).
Solitudine e ritiro sociale sembrano dunque rafforzarsi a vicenda.
Diversi studi hanno confermato come la solitudine determini effetti negativi sull’organismo. Per fare degli esempi:
- una risposta immunitaria più bassa;
- un maggiore rischio cardiovascolare;
- pressione sanguigna più alta e, di conseguenza, un rischio più elevato di mortalità;
- aumento della produzione degli ormoni dello stress;
- Etc.
La socialità è talmente importante per gli esseri umani, che l’isolamento dalla società e l’esclusione dalle relazioni stimolano i centri cerebrali del dolore fisico, soprattutto per la porzione del cervello chiamata insula, importante per l’emotività, le funzioni cognitive e l’esperienza interpersonale.
Nella solitudine viene percepita la mancanza di un “altro da Sé”. Esiste dunque un bisogno di “essere pensati”, “essere visti” da un’altra Persona, a conferma della nostra esistenza. Le relazioni proteggono la nostra salute, una prolungata condizione di isolamento può compromettere il benessere psichico fino a determinare disturbi del sonno, una condizione ansiosa e depressiva.
Come sconfiggere la solitudine
Prima di provare a sconfiggere la solitudine bisogna saperla riconoscere. Capire la propria solitudine è un passo fondamentale, utile innanzitutto a conoscere se stessi. Questo processo, a volte, richiede un grande sforzo proprio perché si ha paura di conoscere veramente chi siamo, i nostri pensieri.
La solitudine è uno stato mentale che può essere cambiato decidendo di volere riavvicinarsi agli altri, ristabilire dei legami senza paura del rifiuto, uscendo dalla propria comfort zone.
Alcune strategie per non soffrire più e abbattere il senso di vuoto quando ci si sente soli sono:
CHIEDITI QUALI SONO LE TUE ESIGENZE
È importante dare la priorità alle proprie esigenze e necessità. Il tuo senso di solitudine è legato alla perdita dei legami sociali o è dovuto a una rottura sentimentale o di un rapporto familiare? Identificare il bisogno o la mancanza più importante e dolorosa per te, ti consentirà di indirizzare meglio la tua priorità e percepire più chiaramente le tue aspettative e, inoltre, ti aiuterà a non sperimentare un senso di impotenza che ostacola la strada ad attuare il cambiamento desiderato.
PRENDITI CURA DI TE STESSO
L’isolamento involontario e il ritiro in se stessi sono fattori di depressione e deterioramento dell’autostima. Più ti senti escluso, meno ti valorizzi. È importante iniziare a prendersi cura di se stessi fisicamente ed emotivamente, tenendo a mente i tuoi punti di forza, prima di riconnetterti con gli altri.
COMBATTI LA NEGATIVITÀ E IL SENSO CRITICO
I sentimenti di solitudine e isolamento rendono le persone più negative e più critiche, due disposizioni che non favoriscono l’apertura relazionale. Inizia identificando i momenti in cui le tue convinzioni pessimistiche o giudizi eccessivamente critici hanno la precedenza sulla tua fiducia nella vita e negli altri. Per ogni tua convinzione negativa, trovane un’altra positiva.
STAI IN RELAZIONE
Una delle insidie dell’isolamento e del sentirsi soli è trascurare i piccoli legami della vita quotidiana. Anche in assenza di voglia, durante la tua giornata, non tirarti indietro negli scambi relazionali, ad esempio, con i colleghi, con le persone che frequenti, con i tuoi vicini.
METTITI A DISPOSIZIONE DEGLI ALTRI
Sentirsi utili rafforza una buona autostima e modifica le dinamiche relazionali. È anche il modo migliore per uscire dall’isolamento emotivo e per riconnettersi con il sentimento di appartenenza alla comunità degli uomini. Invece di chiederti “perché sono solo?”, prova a domandarti “come posso aiutare gli altri?”.
Intervento psicologico
La solitudine tocca in modo profondo tutti gli uomini e per qualcuno può anche divenire la strada per la propria conoscenza interiore.
La solitudine, nonostante offra alla Persona opportunità per maturare, è spesso accompagnata da una valenza negativa. Vi può essere la percezione di un mondo ostile, per alcuni può essere il non riuscire a manifestare le proprie idee, per altri il non avere punti di riferimento significativi o la percezione di un abbandono vissuto o reale. In ogni caso, la Persona si trova a soffrire per il senso di non appartenenza e di non condivisione.
Per star bene con gli altri è necessario coltivare il dialogo interiore, entrare in relazioni con quelle parti di Sé che si sentono estranee o addirittura nemiche da cui si tenta di fuggire. La paura della solitudine nasce proprio da qui: dalla paura di ritrovarsi soli con se stessi, con le proprie emozioni, con la difficoltà di incontrarsi e non riuscire ad avere un dialogo interiore costruttivo. In tal senso, diviene significativo aver costruito per Sé un proprio spazio, in cui potersi muovere liberamente e permettere anche all’Altro di muoversi altrettanto liberamente.
Il potenziamento della consapevolezza di Sé, agevolato da un percorso psicologico, può smuovere in parte la rigidità dei meccanismi descritti, portando, nel tempo, alla conquista di una maggiore autonomia e ad una rinnovata disponibilità al rischio dell’incontro con l’Altro.
L’obiettivo è sostenere la Persona nel recupero di una qualità di vita relazionale appagante, di una progettualità personale definita, non dimenticando la prevenzione dall’eventuale espressione di disturbi depressivi.
Acquisire una maggiore competenza emotiva e individuare gli schemi mentali ed emotivi disfunzionali appresi all’interno dei propri contesti d’appartenenza e i circoli viziosi (“io non valgo”, “mi merito di non essere amato” “merito di rimanere solo”, etc.) che impediscono di vivere in uno stato di benessere psicologico, emotivo, affettivo e relazionale, può essere utile per individuare e trasformare in senso evolutivo i significati connessi allo stato di solitudine ed avere una percezione degli eventi maggiormente collegata alla realtà.
L’intervento psicologico si pone l’obiettivo di:
- Approfondire la storia di vita della Persona e dei suoi mondi relazionali d’appartenenza.
- Individuare i pensieri, comportamenti ed emozioni ricorrenti, gli schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, che sono concomitanti alle reazioni fisiche, emotive, affettive e comportamentali relative alla difficoltà di mantenere l’equilibrio tra appartenenza e separazione dall’Altro.
- Ristrutturazione le credenze disfunzionali legate al proprio valore e alla propria amabilità e quelle legate alle emozioni di paura, solitudine, rifiuto e abbandono.
- Rielaborare le esperienze negative inerenti ai legami di attaccamento insicuro per permettere l’instaurarsi di legami significativi e soddisfacenti.
- Acquisire maggiore consapevolezza circa la propria modalità relazionale e le ripercussioni della stessa nella propria vita.
- Acquisire maggiore autostima e sicurezza in se stessi.
- Imparare a volersi bene, a stare bene con se stessi, ad accettarsi.
- Imparare a conoscersi meglio e sviluppare l’assertività in modo da poter esprimere e far rispettare i propri bisogni senza timore, contribuendo alla costruzione di un più solido senso di Sé e della propria indipendenza.
- Imparare a mettere dei chiari confini: dove inizio Io, dove inizia l’Altro.
- Recuperare una maggiore efficienza e autoefficacia in campo familiare, lavorativo o scolastico e interpersonale.
- Sostenere la motivazione al cambiamento e al recupero del proprio benessere psicofisico e relazionale.
- Riprendere il controllo della propria vita, ritrovare l’autonomia decisionale e la capacità di esprimere i propri bisogni, sentire di meritarsi di essere sereni e liberi da soli e insieme agli altri.
Strumenti d’intervento
Il PERCORSO PSICOTERAPEUTICO si avvale di tecniche e strumenti diversificati in base all’unicità della Persona e ai suoi bisogni: il colloquio clinico, l’osservazione clinica, l’ascolto attivo, una comunicazione partecipativa e trasformativa, la Terapia delle emozioni, la Terapia EMDR, l’Ipnosi ericksoniana, la Terapia cognitivo – comportamentale (desensibilizzazione sistematica), la Terapia sistemico – relazionale, tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, l’apprendimento di tecniche di autoipnosi, strumenti grafici, la Fotovideo Terapia, home work, prescrizioni comportamentali, Carte Dixit, esercizi di role play, il potenziamento delle risorse, il Genogramma, etc., che consentono di rintracciare i costrutti o le credenze responsabili dell’attivazione e del mantenimento del disturbo/problema/disagio, destrutturarli e ristrutturarli, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.
Puoi contattarmi per chiedere informazioni o fissare un appuntamento.
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