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Con il termine paura si identificano stati di diversa intensità emotiva che vanno da una polarità fisiologica come il timore, l’apprensione, la preoccupazione, l’inquietudine o l’esitazione sino ad una polarità patologica come l’ansia, il terrore, la fobia o il panico.
Il termine paura viene utilizzato per esprimere sia una emozione attuale, sia una emozione prevista nel futuro, oppure una condizione pervasiva ed imprevista, o un semplice stato di preoccupazione e di incertezza.
L’esperienza soggettiva della paura è rappresentata da un senso di forte spiacevolezza e da un intenso desiderio di evitamento nei confronti di un oggetto o situazione giudicata pericolosa. Altre costanti dell’esperienza della paura sono la tensione che può arrivare sino alla immobilità (l’essere paralizzati dalla paura) e la selettività dell’attenzione ad una ristretta porzione dell’esperienza. Questa focalizzazione della coscienza non riguarda solo il campo percettivo esterno, ma anche quello interiore dei pensieri che risultano statici, quasi perseveranti. La tonalità affettiva predominante nell’insieme risulta essere negativa, pervasa dall’insicurezza e dal desiderio di fuga.
Dove nasce la paura?
Dai risultati di molte ricerche empiriche si giunge alla conclusione che potenzialmente qualsiasi oggetto, Persona o evento può essere vissuto come pericoloso e quindi indurre una emozione di paura. La variabilità è assoluta, addirittura la minaccia può generarsi dall’assenza di un evento atteso e può variare da momento a momento anche per lo stesso individuo.
Sostanzialmente, la paura può essere di natura innata oppure appresa. I fattori fondamentali risultano comunque essere la percezione e la valutazione dello stimolo come pericoloso o meno.
Come il corpo manifesta la paura?
La faccia della paura si manifesta in un modo molto caratteristico: occhi sbarrati, bocca semi aperta, sopracciglia avvicinate, fronte aggrottata. Questo stato di tensione dei muscoli del viso rappresenta l’espressione della paura che è ben riconoscibile anche in età precoce e nelle diverse culture.
Darwin, che condusse nel 1872 uno studio comparato sulle espressioni delle emozioni pubblicato nel libro “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”, descrisse in questo modo gli effetti della paura nell’uomo: “La paura è spesso preceduta da stupore (…). Gli occhi e la bocca si spalancano, le sopracciglia si alzano. L’uomo spaventato sta dapprima immobile e senza respirare come una statua, oppure s’accoccola istintivamente come per sottrarsi alla vista del suo nemico. Il cuore batte a colpi precipitosi e violenti (…) la pelle impallidisce come all’inizio di una sincope (…). Nei casi di intenso spavento si produce una traspirazione sorprendente; questo fenomeno è tanto più rilevante perché in quel momento la superficie cutanea è fredda, da cui il termine popolare di “sudori freddi” (…) inoltre i peli si rizzano e dei brividi percorrono i muscoli superficiali. Nello stesso tempo in cui la circolazione si altera, la respirazione precipita. Le ghiandole salivari funzionano in modo imperfetto: la bocca diventa asciutta e si apre e chiude spesso. Ho anche notato che in situazioni di leggera paura vi è la tendenza a sbadigliare”.
Darwin ci parla di un insieme di accadimenti repentini e coordinati, di una tempesta di modificazioni: l’organismo pare essere completamente dedicato a questo.
Si chiama “arousal” questa attivazione psicofisica globale governata da quella combinazione di segnali elettrici e di trasmettitori chimici su cui si basa il nostro Sistema Nervoso Centrale (arousal corticale) e comprende, inoltre, modificazioni fisiologiche del Sistema Nervoso Autonomo (arousal simpatico), oltre a variazioni muscolari. Queste reazioni caratterizzano la cosiddetta reazione di emergenza, connessa a cambiamenti ormonali.
Le alterazioni psicofisiologiche sembrano differenziarsi fra quelle che si associano a stati di paura intensi, come il panico e la fobia e quelle invece concomitanti alla preoccupazione.
- Precisamente, uno stato di paura acuta ed improvvisa caratteristica del panico e della fobia, si accompagna ad una attivazione del Sistema Nervoso Autonomo Parasimpatico, si ha quindi un abbassamento della pressione del sangue e della temperatura corporea, diminuzione del battito cardiaco e della tensione muscolare, abbondante sudorazione e dilatazione della pupilla. Il risultato di tale attivazione è una sorta di paralisi, ossia l’incapacità di reagire in modo attivo con la fuga o l’attacco. La funzione di questa staticità indotta dallo stimolo fobico sembra quella di difendere l’individuo dai comportamenti aggressivi d’attacco scatenati dalla fuga e dal movimento.
- Stati di paura meno intensi come la preoccupazione, invece, attivano il Sistema Nervoso Simpatico, per cui i peli si rizzano, ai muscoli affluisce maggior sangue e la tensione muscolare ed il battito cardiaco aumentano; il corpo è così pronto all’azione finalizzata all’attacco oppure alla fuga.
Che succede nel cervello quando abbiamo paura?
IL CIRCUITO PRIMITIVO
Il primo meccanismo che si attiva è quello chiamato del “circuito primitivo”. Esso porta a termine l’esame generando una reazione emotiva, positiva o negativa, a qualsiasi oggetto e sensazione entri nel nostro campo di azione. Valuta ogni elemento individuandone la dannosità. Il circuito della paura ci predispone al pericolo ancora prima di comprendere quale sia l’eventuale minaccia perché agisce al di fuori del diretto controllo conscio o razionale.
Ha sede nella profondità dell’encefalo in una struttura antichissima: il sistema limbico. Esso è formato oltre che dal talamo e dall’ipotalamo, dall’ippocampo e dalla amigdala.
Da queste strutture sono esaminati gli elementi essenziali di una condizione di pericolo, non i dettagli. L’amigdala, in particolare, sembra in grado di memorizzare semplici ed elementari ricordi di sensazioni che abbiamo imparato a temere.
L’ipotalamo regola le funzioni automatiche del corpo, come il mantenimento degli organi interni e la secrezione di alcuni importanti ormoni. Questi comprendono l’ormone chiave delle emergenze, il fattore di rilascio della corticotropina (Crf), che prepara l’intero organismo alla lotta o alla fuga con una cascata di ormoni e di altre sostanze nel corpo e nel cervello.
Una struttura vitale di tessuto è il locus coeruleus che controlla la secrezione di un’importante sostanza di emergenza, la noradrenalina.
Altri sistemi di neurotrasmettitori situati in questa regione producono serotonina, dopamina, acetilcolina e adrenalina. Differenti combinazioni di questi e di altri neurotrasmettitori diffusi in aree specifiche del cervello possono produrre differenti livelli di paura.
Il circuito primitivo è molto rapido, ma poco preciso.
IL CIRCUITO RAZIONALE
Successivamente, il nostro cervello lavora per affinare la propria reazione agli stimoli. Questo perfezionamento avviene facendo filtrare le informazioni attraverso la corteccia, che raccoglie i flussi di dati in arrivo dai sistemi sensoriali e li collega con la nostra memoria. Mentre si genera un’immagine sempre più chiara e dettagliata, sulla base di queste informazioni, è possibile riesaminare la decisione iniziale e valutarne la correttezza, adattando la reazione alla nuova valutazione. Il collegamento tra la corteccia e il sistema limbico è quello che viene chiamato “circuito razionale”.
Questo è più lento e più elaborato. Opera entro i massicci lobi frontali della corteccia cerebrale, in particolare nella corteccia prefrontale, situata appena dietro la fronte. Questo complesso apparato sottopone a un’analisi altamente sofisticata le informazioni ricevute dal circuito primitivo e dalla corteccia. Ci permette di valutare e analizzare razionalmente una paura specifica e di soppesare molte diverse possibilità e opzioni, comprese alcune risposte assai più articolate di tipi di lotta e di fuga, prevedendo per esempio la negoziazione.
L’analisi di questo secondo circuito è più lenta, ma anche più approfondita rispetto a quella istantanea del circuito primitivo.
IL CIRCUITO CONSCIO
L’ultimo circuito, da alcuni ritenuto il più potente, ancora molto discusso e parzialmente sconosciuto, è il circuito conscio.
E’ un’elaborazione del sistema di vigilanza ed è il decisore supremo. E’ a livello del conscio che vengono prese le decisioni tra le possibilità offerte dal circuito razionale. Può cercare di arrestare la reazione di fuga o di lotta scatenata dal circuito primitivo. Il conscio è caratterizzato dalla autoconsapevolezza, ossia dalla coscienza di provare paura. E questa consapevolezza che ci permette di distinguere una più primitiva e semplice reazione al pericolo da ciò che può essere più propriamente chiamata emozione di paura.
Durante tutta la reazione di arousal vengono rilasciate endorfine che limitano o impediscono di percepire il dolore durante la reazione alla minaccia.
La lotta, la fuga e altre strategie
Esistono strategie di “monitoraggio” o di “negazione” del problema o dell’evento problematico, modi di affrontare il pericolo che comportano un suo diretto controllo, altri che invece si basano sul prendere le distanze da esso, in senso reale oppure psicologico.
Come spesso accade alcune di queste reazioni sono efficaci solo se consentono un comportamento elastico e flessibile, mentre se portate all’estremo finiscono per essere patologiche.
In conclusione, la paura scatena la reazione immediata del circuito primitivo che attiva la reazione di fuga o di attacco.
Queste due reazioni sono geneticamente determinate e per millenni hanno rappresentato la possibilità per l’uomo di sopravvivere.
Quali sono le funzioni della paura?
Sicuramente, la paura ha una funzione positiva, così come il dolore fisico, di segnalare uno stato di emergenza ed allarme, preparando la mente il corpo alla reazione che si manifesta come comportamento di attacco o di fuga.
In tutte le specie studiate l’espressione della paura svolge la funzione di avvertire gli altri membri del gruppo circa la presenza di un pericolo e quindi di richiedere un aiuto e soccorso. Dal punto di vista biologico – evoluzionista sia il vissuto soggettivo, attraverso i processi di memoria e di apprendimento, sia le manifestazioni comportamentali, indifferentemente fuga, paralisi o attacco, che le modificazioni psicofisiologiche (attivazione parasimpatica o attivazione simpatica) tendono verso la conservazione e la sopravvivenza dell’individuo e della specie.
Ovviamente, se la paura viene estremizzata e resa eccessivamente intensa, diventando quindi ansia, fobia o panico, perde la funzione fondamentale e si converte in sintomo psicopatologico.
Qual è la differenza tra ansia e paura?
Potremmo considerare ansia e paura come due tonalità di uno stesso colore. Entrambe hanno in comune la percezione di una minaccia o di un danno futuro (reale o potenziale). La differenza principale però consiste nell’oggetto della minaccia, che per la paura è specifico e concreto, mentre per l’ansia risulta generalmente meno definito. In quest’ultimo caso è presente maggiore incertezza sul da farsi, a causa della maggiore indefinitezza dell’oggetto/situazione da affrontare.
Da paura a fobia
La risposta di attacco – fuga funzionale nelle condizioni di vita dei nostri antenati, dove la vita era colma di pericoli, rientra tutt’oggi nei nostri meccanismi di difesa, ma genera problemi quando si attiva troppo facilmente o nel momento sbagliato. In questi casi, si può immaginare di essere dotati di un meccanismo di allarme troppo sensibile, in grado di accendersi anche quando non ce n’è davvero bisogno.
Ciò accade, ad esempio, nelle fobie specifiche, paure intense, durature e sproporzionate rispetto alla minaccia reale. Una fobia specifica nasce da una forma di apprendimento definita condizionamento classico, ovvero l’associazione di uno stimolo preciso a un’emozione negativa di paura o ansia. La pericolosità associata a quello stimolo determinerà il suo evitamento fobico.
Rischio e paura
Se da un lato il nostro istinto ci suggerisce di stare alla larga dai pericoli, dall’altro gli stimoli paurosi possono anche risultare attraenti, perché sono in grado di aumentare i livelli di adrenalina e di generare una sensazione di “brivido”.
Non è raro osservare comportamenti a rischio tra gli adolescenti, i quali sono spinti dal desiderio di sperimentare emozioni forti, superare i limiti, sfidarsi e confrontarsi con se stessi per sentirsi più grandi. Anche alcuni sport estremi come il parkour, il flyboard o esperienze come il bungee jumping possono essere attraenti e restituire alla Persona un senso di piacere significativo e un appagamento/benessere emotivo che non ritrova e/o non riesce a percepire nella sua “normale” quotidianità.
4 possibilità per sconfiggere le paure
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
La paura svolge un’importante funzione per l’organismo, assolve a fondamentali funzioni evolutive e senza tale meccanismo metteremmo continuamente a rischio la nostra incolumità. Ecco perché non ha senso eliminarla, ma è più vantaggioso cercare di gestirla.
Gli interventi per gestire la paura si rivolgono, ad esempio, a quei casi in cui essa rappresenta una fonte di malessere psicologico, come, ad esempio, attacchi di panico o di ansia o fobia di fronte ad uno stimolo non pericoloso, stress, etc.
In psicoterapia, la tecnica d’elezione per il trattamento della paura è l’esposizione graduale agli stimoli temuti, come nel caso delle fobie. Paziente e terapeuta programmano insieme una serie di passi che prevedono un progressivo avvicinamento allo stimolo fobico, fino ad arrivare al contatto diretto con l’oggetto o la situazione temuta. Queste esperienze hanno come scopo quello di generare la sostituzione delle idee irrazionali rispetto allo stimolo, che diverrà passo dopo passo uno stimolo neutro.
Esplorare, riconoscere, accettare, risignificare, gestire, comprendere la funzionalità delle proprie emozioni, nonché acquisire consapevolezza circa le proprie capacità relazionali e comunicative, può essere utile per sperimentare una maggiore padronanza di se stessi e un maggiore senso di autoefficacia, ritornando a perseguire i propri obiettivi personali e professionali con determinazione, forza e libertà decisionale.
ACQUISIRE UNA MAGGIORE COMPETENZA EMOTIVA e individuare gli schemi mentali, emotivi e comportamentali, automatici e disfunzionali, appresi all’interno dei propri contesti significativi d’appartenenza e i circoli viziosi, che impediscono di vivere in uno stato di benessere psicologico e relazionale, può essere utile per prendere consapevolezza di Sé e della propria storia, pacificandosi con il passato, rivolgendo uno sguardo positivo al futuro, ma soprattutto vivere con intensità il presente.
Il percorso psicoterapeutico si avvale di tecniche e strumenti diversificati in base all’unicità della Persona e ai suoi bisogni (es. Terapia delle emozioni, Terapia EMDR, Ipnosi Ericksoniana, tecniche di psicoterapia cognitivo – comportamentale, tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, l’apprendimento di tecniche di autoipnosi da utilizzare quotidianamente per gestire gli stati emotivi, strumenti grafici, la Fotovideo Terapia, home work, prescrizioni comportamentali, Carte Dixit, esercizi di role play, etc.)
che consentono di rintracciare i costrutti o le credenze responsabili dell’attivazione disfunzionale di particolari emozioni e/o sentimenti, i quali vanno identificati, destrutturati e ristrutturati, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.
Puoi contattarmi per chiedere informazioni o fissare un appuntamento, stabiliremo insieme come proseguire e, se Tu deciderai, inizieremo un percorso personalizzato, nel quale sarai parte attiva nel processo di ricerca del tuo benessere fisico, psicologico e relazionale.
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