La vendetta è un sentimento primordiale, radicato nell’animo umano da un punto di vista biologico, psicologico e culturale.
Il desiderio di vendetta non porta a un effettivo risarcimento del torto subito in quanto non aiuta ad alleviare la sofferenza emotiva della vittima, ma ad alimentarne la rabbia, il rancore e il risentimento.
La Persona che ritiene di aver subito un torto si ritroverà ad investire le proprie risorse mentali sull’evento negativo, pensando e ripensando a come fare per “dare una lezione” al colpevole, alimentando ulteriormente le emozioni negative sperimentate.
Anche se la vittima dovesse ripagare con la stessa moneta, il trasgressore difficilmente vedrà soddisfatte le sue aspettative di rivalsa e di conseguenza proverà un crescente senso di IMPOTENZA e sconforto. Il risentimento cronico e il rimuginio ostile incidono negativamente sulla salute e sul benessere psicologico causando malessere e tensioni significative.
Numerose ricerche cliniche hanno dimostrato la stretta correlazione tra il cristallizzarsi di pensieri e intenti di natura vendicativa e la difficoltà ad elaborare e superare un evento traumatico, nonché l’aumento delle probabilità che compaiano quadri sintomatologici caratterizzati da disturbi del sonno o del comportamento alimentare, sintomi psicosomatici, sintomi ansiosi e sintomi depressivi.
Il sentimento di impotenza e il desiderio di vendetta
Quando il sentimento di rivalsa si traduce in pensieri pervasivi e ossessivi si rischia di restare intrappolati in una situazione doppiamente angosciante e dolorosa: è come se paradossalmente si divenisse dipendenti psicologicamente dall’Altro e dal suo grado di (in)felicità, bloccati in una spirale cognitiva ed emotiva in cui tutte le energie e le risorse interiori che dovremmo mobilitare per risanare la Ferite emotive che ci è stata inferta, vengono assorbite dal pensiero di punire l’Altro.
In questi casi, la nostra felicità diviene direttamente proporzionale alla sua infelicità e la nostra serenità alla sua capacità di pentimento.
Il desiderio che l’Altro subisca lo stesso danno (o anche peggiore) diviene nel proprio immaginario l’unico modo per appagare la sete di vendetta che si è appropriata dei nostri pensieri, nonché l’unica strada per riappropriarsi di quella serenità e di quell’equilibrio emotivo di cui l’Altro ci ha ingiustamente privato.
Il desiderio di vendetta appare essere la confessione di un dolore, una forma di difesa attraverso la quale, inconsciamente, cerchiamo di difenderci dalla sofferenza che ci è stata procurata.
Spesso, la vendetta si attua verso le persone alle quali si è tenuto, le persone per le quali si è provato amore, le persone che abbiamo apprezzato ed ammirato e dalle quali si ritiene aver subito un’offesa ingiusta ed insopportabile. Da queste persone non si riesce a prendere distanza emotiva necessaria, perché in qualche ancora si dipende da loro.
La Persona vendicativa non “rinuncia” veramente alla Persona che vuole punire, poiché effettuando la punizione continua a tenersi psicologicamente “aggrappata” ad essa, senza elaborare l’ostilità che protende a portarsi dentro, logorando il proprio stato psico-fisico. La vendetta non aiuta a star meglio, non porta ad un effettivo risarcimento del torto subito, non cancella il dolore provato nell’ingiustizia, non dona sollievo, ma rischia, essendo nata da un’esperienza di fallimento, di far precipitare la Persona vendicativa in un conflitto emotivo, la cui aggressività, prima è rivolta verso la Persona da punire, poi con un’azione punitiva, verso se stessi.
Tanto più le fantasie verso chi ci ha ferito sono cariche di odio, di rancore e di aggressività, tanto più è intenso e paralizzante il vissuto di impotenza sottostante.
Pensiero vendicativo
Molte persone sono più propense di altre alla vendetta, hanno una predisposizione innata alla ruminazione di tipo ossessivo e l’unico anestetico è la programmazione e dalla concretizzazione del pensiero vendicativo, anche a prescindere dai “costi” dell’operazione e dalle sue conseguenze.
Il circolo vizioso della ruminazione ossessiva e rabbiosa impedisce l’accettazione della propria vulnerabilità, la consapevolezza di essere imperfetti e che nella vita si possono commettere errori.
Le PERSONE VENDICATIVE sono personalità perfezioniste, carenti della capacità di accettare le proprie imperfezioni e carenti di autocritica, che presentano spesso forme maladattive profonde (autovalutazione di sé negativa), mentre amano apparire esteriormente come scrupolose e coscienziose, motivate a raggiungere successi ai quali aspirano autonomamente, vantandosi di essere prive di sostegno da parte di altre persone, cosa che in realtà avviene regolarmente a causa del loro isolamento sociale, che emerge dal loro disfunzionale comportamento affettivo e relazionale.
In alcuni disturbi di personalità, la vendetta rappresenta una delle modalità mediante le quali la Persona cerca, sebbene in modi disfunzionali, di ripristinare il proprio equilibrio psicologico, non importa quanto sproporzionata o ingiustificata possa apparire rispetto al torto subito o presunto tale.
Le personalità narcisistiche, per esempio, estremamente vulnerabili sul piano dell’autostima e del valore di sé, percepiscono qualunque atteggiamento che vada a disconfermare la propria presunta grandiosità come una grave offesa, cosa che alimenta intenti punitivi al fine di ripristinare la sensazione della propria superiorità.
Le personalità paranoidi sono propense a cogliere intenti malevoli in ogni comportamento altrui, e quanto più un torto subito viene interpretato dalla vittima come una grave lesione al proprio senso di identità e sicurezza psicologica, tanto più è probabile che la stessa agisca con atteggiamenti vendicativi, ristrutturando cognitivamente l’evento giudicato negativo, distanziandosene emotivamente.
Che cosa vuol dire perdonare?
Per perdonare è necessario riconoscere di essere vittime di un’offesa, accettare di essere vulnerabili.
PERDONARE NON SIGNIFICA GIUSTIFICARE O DIMENTICARE il torto subito e non comporta necessariamente una reinterpretazione più benevola di quanto successo.
Il perdono è un processo che dovrebbe elicitare un ricordo dell’offesa percepita con emozioni meno intense e dolorose, focalizzandosi sugli eventuali risvolti positivi dell’aver saputo superare e fronteggiare un’esperienza simile.
Il perdono determina un maggiore benessere fisico e psicologico rispetto alla vendetta. Chi concede il perdono o accetta quando è accaduto ha una pressione arteriosa più bassa, un sistema immunitario più forte, riferisce minori livelli di stress, stanchezza, depressione, insonnia, un minor utilizzo di farmaci, ha abitudini di vita più salutari e si dice più soddisfatto di sé e della propria vita in generale.
Il perdono aiuta a contrastare l’azione dello stress che viene alimentata dai processi mentali della ruminazione e consente di liberarsi da rabbia, odio, ostilità, tristezza che lasciano poche risorse da investire in risposte più adattive e positive.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Attraverso un percorso psicologico la Persona può essere accompagnata nel modo di fronteggiare le situazioni e reagire ad esse. Di fronte a un torto subito è possibile prendere una strada più funzionale rispetto a quella della vendetta che aiuti a superare l’ingiustizia subita e ad interrompere il meccanismo mentale della ruminazione ossessiva e rabbiosa, investendo le proprie risorse nella crescita personale e non nell’arrecare danno a terzi, limitando, così, anche la possibile espressione di ulteriori disagi emotivi e psicologici.
Esplorare, riconoscere, accettare, risignificare, gestire, comprendere la funzionalità delle proprie emozioni, nonché acquisire consapevolezza circa le proprie capacità relazionali e comunicative, può essere utile per sperimentare una maggiore padronanza di se stessi e un maggiore senso di autoefficacia e autostima, ritornando a perseguire i propri obiettivi personali, relazionali e professionali con determinazione, forza e libertà decisionale.
ACQUISIRE UNA MAGGIORE COMPETENZA EMOTIVA e individuare gli schemi mentali, emotivi e comportamentali, automatici e disfunzionali, appresi all’interno dei propri contesti significativi d’appartenenza e i circoli viziosi, che impediscono di vivere in uno stato di benessere psicologico e relazionale, può essere utile per prendere consapevolezza di Sé e della propria storia, pacificandosi con il passato, rivolgendo uno sguardo positivo al futuro, ma soprattutto vivere con intensità il presente.
Il percorso psicoterapeutico si avvale di tecniche e strumenti diversificati in base all’unicità della Persona e ai suoi bisogni (es. Terapia delle emozioni, terapia EMDR, Ipnosi ericksoniana, tecniche di Mindfulness, tecniche immaginative, tecniche di rilassamento, l’apprendimento di tecniche di autoipnosi da utilizzare quotidianamente per gestire gli stati emotivi, strumenti grafici, la Fotovideo Terapia, home work, prescrizioni comportamentali, Carte Dixit, esercizi di role play, etc.) che consentono di rintracciare i costrutti o le credenze responsabili dell’attivazione disfunzionale di particolari emozioni e/o sentimenti, i quali vanno identificati, destrutturati e ristrutturati, facendo emergere modalità alternative e più adattive di costruzione della realtà.
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.
Puoi contattarmi per chiedere informazioni o fissare un appuntamento, stabiliremo insieme come proseguire e, se Tu deciderai, inizieremo un percorso personalizzato, nel quale sarai parte attiva nel processo di ricerca del tuo benessere fisico, psicologico e relazionale.