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Genitori e figli hanno una relazione la cui importanza è fondamentale per tutto il resto della vita.
La teoria dell’attaccamento di John Bowlby, psicologo, medico e psicoanalista britannico, descrive in che modo la relazione tra figli e genitori e/o figure di riferimento significative influenzi il modo in cui la Persona si relazionerà con il mondo e con i futuri partner.
Il più importante assunto della teoria dell’attaccamento è che un bambino necessita di sviluppare una relazione funzionale con almeno uno dei due genitori per la riuscita del suo sviluppo sociale ed emozionale.
La capacità di trasferire sicurezza nel bambino, cioè di costruire un attaccamento sicuro, sarà la base per il futuro adulto di fidarsi del mondo. Una madre ed un padre che non scompaiono, ma che nella lontananza fisica, derivante dalla crescita ed evoluzione del figlio, riescono a trasmettere un senso di sicurezza, amore, protezione, accudimento, accettazione, creeranno un’immagine precisa di una relazione d’amore e di fiducia.
Non è la costante presenza fisica a garantire l’affetto, bensì è la vicinanza psicologica che permetterà di fidarsi ed affidarsi nelle relazioni da adulti, in un costante equilibrio tra attaccamento sicuro e progressiva affermazione di indipendenza.
La relazione con i genitori non solo ci dice come dovrebbero o potrebbero essere le relazioni sociali e sentimentali, ma ci permette anche di ricevere un ritorno sull’immagine del proprio Sé.
In che modo costruisco l’idea di me?
- Attraverso le risposte non verbali dei genitori, ai comportamenti e alle sollecitazioni del bambino. Ad esempio, sono meritevole di attenzione, sono importante, sono eccessivo, sono amabile, sono apprezzabile, etc.
- Attraverso le parole che i genitori dicono del bambino, gli aggettivi che utilizzano per descriverlo sia in sua presenza, sia quando “pensano” che il bambino non stia ascoltando. Ad esempio, se la mamma dice “sei cattivo” invece di “oggi al parco giochi non ti sei comportato bene”, ovvero, se generalizza sulla Persona del bambino e non su uno specifico avvenimento, il bambino penserà “io sono cattivo”, introiettando quell’immagine di Sé. Ad esempio, se il papà dice “sei stupido” e/o “sei incapace” invece di “dovresti impegnarti di più nel fare i compiti così andranno meglio le verifiche a scuola”, ovvero se generalizza sulla Persona del bambino e non su una circostanza circoscritta, il bambino penserà “io sono stupido”, “io sono incapace”, introiettando quell’immagine di Sé.
Queste attribuzioni, più o meno volontarie, da parte dei genitori, con il continuo riperpetuarsi incideranno in modo significativo sulla costruzione del Sé dei figli e sul loro modo di relazionarsi e comunicare.
Riporto alcune frasi della poesia tratta dal libro di Dorothy Law Nolte, scrittrice americana e consulente familiare, dal titolo “I Bambini imparano quello che vivono” (2008). L’autrice fa capire come i comportamenti dei genitori e degli educatori influiscono sullo sviluppo della personalità dei bambini e sulle loro capacità relazionali.
Se i bambini vivono con le critiche, imparano a condannare.
Se i bambini vivono con la paura, imparano a essere apprensivi.
Se i bambini vivono con il ridicolo, imparano a essere timidi.
Se i bambini vivono con la gelosia, imparano cosa sia l’invidia.
Se i bambini vivono con la vergogna, imparano a sentirsi colpevoli.
Se i bambini vivono con l’incoraggiamento, imparano a essere sicuri di sé.
Se i bambini vivono con la lode, imparano ad apprezzare.
Se i bambini vivono con l’approvazione, imparano a piacersi.
Se i bambini vivono con il riconoscimento, imparano ad avere un obiettivo.
Se i bambini vivono con la partecipazione, imparano a essere generosi.
Se i bambini vivono con la serenità, imparano ad avere tranquillità di spirito.
Crescere insieme
Lo psichiatra americano Daniel Siegel e la psicologa infantile americana Mary Hartzell nel libro “Errori da non ripetere. Come la conoscenza della propria storia aiuta a essere genitori” (2016) indicano gli elementi essenziali per costruire una costruttiva relazione genitore-figlio: consapevolezza, continua disponibilità ad apprendere, flessibilità di risposta, capacità di percepire le menti e gioia di vivere.
Quando gli autori parlano di “consapevolezza” intendono la capacità del genitore di vivere nel presente, di essere consapevole dei propri pensieri, dei sentimenti che prova nel qui ed ora dando significato ad essi.
I bambini imparano a conoscersi attraverso il modo in cui i genitori comunicano con loro e le interazioni emotive che si instaurano aiutano i bambini a sviluppare un più profondo senso di Sé e la capacità di mettersi in relazione con gli altri.
E’ importante che i genitori acquisiscano un approccio alla vita che prevede una COSTANTE DISPONIBILITA’ A IMPARARE AD ESSERE GENITORE.
La disponibilità ad apprendere del genitore genera nei bambini la curiosità e, sentendosi sostenuti, possono esplorare serenamente il mondo. La “flessibilità di risposta” del genitore implica la capacità riflessiva, componente essenziale della maturità emotiva e delle relazioni con l’Altro efficaci e si riferisce alla capacità di reagire a una situazione non in maniera automatica e impulsiva, bensì riflettendo e producendo intenzionalmente un comportamento adeguato e adattivo.
Siegel e Hartzell parlano anche della capacità del genitore di “percepire le menti”, cioè l’attitudine di andare oltre la superficie di un’esperienza, quindi la possibilità di dare dei significati profondi ai pensieri, alle emozioni, alle percezioni, alle sensazioni, ai ricordi, alle convinzioni, agli atteggiamenti e alle intenzioni di Sé e del proprio figlio.
La capacità di percepire le menti del genitore consente di stabilire col proprio figlio un’interazione basata sull’empatia e sulla comprensione emotiva favorendo nel bambino/a lo sviluppo della sua capacità di conoscere se stesso e di porsi in relazione con gli altri.
Quali sono gli strumenti?
La strategia migliore per agevolare questo processo è la comunicazione, la quale non può e non deve essere a senso unico, ma deve essere fatta di reale ascolto e comprensione. I problemi dei bambini e dei ragazzi non vanno sminuiti e non bisogna mai anticipare critiche o consigli prima di aver davvero ascoltato cosa hanno da dire.
Per educare in maniera efficace serve equilibrio, regole chiare, confini, limiti tra ciò che si può fare e ciò che non si può fare, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Per un buon rapporto genitori – figli fin dalla tenera età occorre che le figure genitoriali siano autorevoli, ma non autoritarie, che rimangano accanto dando amore senza reprimere, offrendo ai propri figli in ogni momento un esempio o modello positivo.
Inoltre, il processo di consapevolizzazione e autoriflessione da parte dei genitori può consentire di mettersi in una posizione di ascolto circa le emozioni proprie e dei propri figli, di individuazione e comprensione dei messaggi verbali e non verbali espressi e ricevuti, di osservazione circa il proprio stile genitoriale e le risposte che ne derivano, agevolando un cambiamento evolutivo nella relazione genitore – figlio.
Spesso si lavora sui figli attraverso i genitori.
I genitori, accogliendo il cambiamento, introducono delle differenze nelle proprie modalità relazionali e comunicative e la relazione con i figli, nonché il benessere psicologico ed emotivo di tutti i protagonisti coinvolti, ne trae beneficio.
Intervento terapeutico
Essere genitori e essere figli non è semplice. Non ci sono manuali d’istruzioni che preparano alla gestione di questa straordinaria e complessa relazione.
Genitori e figli crescono insieme.
Se il processo d’interazione tra genitori e figli si blocca, a causa di conflitti, forti incomprensioni che conducono a stati emotivi dolorosi, malesseri psicologici, eventi significativi o traumatici, momenti di ribellione, percezione di incapacità a gestire la situazione, etc., è possibile intervenire per sostenere psicologicamente i genitori e i figli ed accompagnarli verso un nuovo modo di stare insieme più funzionale ed evolutivo, acquisendo nuovi e più efficaci strumenti per fronteggiare il disagio.
Non sempre le difficoltà che si riscontrano nel percorso di crescita della relazione genitori figli si trasformano in veri e propri problemi. Tutte le fasi dello sviluppo portano momenti di “squilibrio” temporaneo.
In ogni caso, un momento di confronto con un professionista può portare giovamento alla relazione genitori – figli e ad aprire nuove vie nella percezione e nella comprensione del proprio comportamento e di quello dei figli stessi.
E’ possibile intervenire per stimolare le riflessioni opportune e aiutare a ripristinare una direzione più funzionale ed armonica nella relazione.
UN NUOVO EQUILIBRIO può essere ricercato:
*Lavorando attraverso un PERCORSO DI SOSTEGNO ALLA GENITORIALITA’, ovvero sostenendo il genitore singolo o la coppia genitoriale insieme con un intervento pragmatico, orientato alla ricerca e all’autoriflessione, che consenta ai genitori di diventare protagonisti attivi nel ritrovare un’espressione di genitorialità serena e costruttiva per la crescita dei propri figli, nonché per un senso di appagamento positivo circa la propria funzione educativa.
*Lavorando attraverso un percorso di TERAPIA FAMILIARE, per migliorare il funzionamento relazionale della famiglia e incrementare il grado di benessere individuale dei suoi componenti.
*Lavorando attraverso un PERCORSO PSICOLOGICO INDIVIDUALE del singolo genitore, per fare chiarezza dentro di Sé, esplorare il proprio mondo interiore, risignificare gli eventi della propria vita, riflettere sulla sua storia di figlio/a e sul suo essere genitore, riflettere sul proprio stile genitoriale per consentire di ridefinire un senso di genitorialità più consapevole per il proprio benessere e di quello dei propri figli.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé o di qualcuno importante per Te.
Puoi contattarmi per chiedere informazioni o fissare un appuntamento.