Il criticismo genitoriale, modalità relazionale purtroppo abbastanza diffusa, consiste nel ricorso ripetitivo al rimprovero o alla critica da parte del genitore o dei genitori nei confronti dei figli.
Per un figlio, l’idea che i genitori hanno di lui, soprattutto quando è molto piccolo, è fondamentale, per questo le critiche che provengono dai genitori sono particolarmente sentite. Anche negli adolescenti che spesso, per negazione, fingono di non essere interessati alle critiche dei genitori, il disinteresse è solo apparente.
Il criticismo genitoriale si esprime per mezzo di espressioni di disapprovazione, di risentimento, rifiuto e svalutazione verso i figli, ad esempio dicendo “Sbagli sempre!”, “Vergognati per quello che hai fatto!”, “Non imparerai mai!”, “Non ne fai una giusta!”, etc.
Con questa tipologia di comunicazione, reiterata nel tempo, sembra che l’amore dei genitori sia condizionato dalla performance dei figli, i quali si sentono sempre sbagliati e mai soddisfatti di quello che fanno.
Il loro comportamento non è mai abbastanza corretto per conquistare l’approvazione dei genitori. Il figlio in questi casi attua uno sforzo continuo per ottenere l’approvazione dei genitori.
Effetti del criticismo genitoriale
La costante critica dei genitori può avere conseguenze negative sullo sviluppo cognitivo, emotivo, affettivo e relazionale dei figli.
Tra gli effetti più deleteri del criticismo genitoriale c’è l’emergere del perfezionismo patologico o disadattivo, che si esprime attraverso l’incapacità di tollerare l’errore, reagendo negativamente quando viene commesso, o sviluppando la paura di commettere costantemente errori. Ciò porta all’evitamento delle situazioni e all’autoimporsi standard estremamente elevati, che tendono, quindi, ad essere difficilmente raggiungibili.
Il criticismo genitoriale apre la strada alla possibilità che colui/colei che riceve le critiche, divenga più vulnerabile rispetto alle critiche portate anche da persone che non sono i genitori, con una continua ricerca di validazione e/o approvazione esterna, generando anche, nel tempo, una continua attenzione verso ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Quando la paura di sbagliare diventa insostenibile si può andare incontro a problematiche di tipo ossessivo – compulsivo che devono essere arginate attraverso rituali o comunque comportamenti disadattivi, come disturbi di ansia sociale, sintomi depressivi, schemi di sé negativi, disturbi del comportamento alimentare e disturbi psicosomatici.
Il figlio sviluppa credenze di base negative su se stesso che possono riguardare la convinzione di incapacità personale, bassa autostima, basso senso di autoefficacia, propensione ad attribuzioni di colpa e disorientamento personale con attitudine a costruirsi un’identità e stima di Sé sulla base dell’opinione altrui.
Il figlio si adegua ad un criterio di valutazione esterno, favorendo così la formazione della tendenza sistematica all’autocritica tipica delle persone timide e degli ansiosi sociali. L’autocritica può essere impiegata come strategia per correggere continuamente se stessi e quindi evitare la possibilità di ricevere critiche da altri e dover far fronte alla relativa sofferenza emotiva.
Come fare in modo che la critica sia costruttiva per i figli?
Quanto descritto, non toglie la possibilità di sgridare o riprendere i propri figli, anche i complimenti e le lodi infondate possono far creare ai figli un’idea di Sé distorta. In ogni caso, critiche costruttive possono aiutare i figli a crescere quando:
- La critica riguarda il comportamento “sbagliato” del figlio, non la Persona in toto. Questo significa non usare etichette generali come “sei stupido”, “sei cattivo”, etc. Si deve essere il più precisi possibile e dire: “la verifica a scuola non è andata bene, devi studiare di più”, “non hai messo in ordine i giochi nella tua cameretta, questo non va bene”, etc.
- Ci si informa prima di criticare, ovvero, prima di rimproverare con rabbia o delusione, può essere utile capire cosa è successo, ascoltare la versione del figlio e cercare di capire la sua prospettiva, anche se questo non significa condividerla. Una critica basata nell’empatia è molto più costruttiva.
- Ci si concentra sulla soluzione, piuttosto che sull’enfatizzare l’errore. Tutti commettiamo errori, ma se la critica rimane a questo livello, non servirà a crescere. Pertanto, è conveniente chiedere al figlio cosa può fare per risolvere il problema o proporgli alcune soluzioni.
- Si introduce un elemento positivo. Non dovremmo limitarci a evidenziare il negativo, dovremmo rafforzare le caratteristiche positive del figlio, ad esempio, dicendo “sei stato bravissimo ieri quando hai messo in ordine tutti i tuoi giochi (o hai fatto i compiti, etc.) senza che nessuno te lo ricordasse, vorrei che fosse così tutti i giorni perché sei un bambino responsabile”.
Intervento terapeutico
Il criticismo genitoriale si esprime attraverso una comunicazione “inferiorizzante”, un potente strumento di controllo del comportamento dell’Altro che lo fa sentire dipendente e quindi bisognoso di approvazione. Questo atteggiamento aumenta l’autostima di chi rimprovera, che recupera potere nella relazione, a scapito dell’autostima di chi viene rimproverato.
L’educazione ricevuta nell’infanzia e il tipo di relazione stabilita con i genitori lasciano tracce profonde. Le critiche o le lodi hanno un fortissimo impatto sull’immagine del Sé, sull’immagine corporea, sulle relazioni e sull’atteggiamento che i figli assumeranno di fronte alla vita.
Trovare il giusto equilibrio tra il rimprovero, la critica, il disappunto da rivolgere ai figli non è semplice, è un equilibrio che va riaggiustato e calibrato quotidianamente. Cambia in base alle situazioni, ai momenti di crescita e a diversi fattori che intervengono.
Sembra esserci una trasmissione intergenerazionale del criticismo. Spesso coloro che sono stati fortemente rimproverati fin da piccoli dai genitori o da chi si è preso cura di loro, tendono a loro volta a diventare “grandi rimproveratori”. Il criticismo messo in atto da chi è stato ripetutamente rimproverato potrebbe essere una forma di apprendimento, in quanto queste persone non hanno avuto la possibilità di apprendere delle modalità relazionali più funzionali con i propri familiari.
Prendersi cura dei figli è un’esperienza incredibilmente positiva che dona nuovo significato alla vita ma, al tempo stesso, il ruolo genitoriale comporta elevati livelli di stress e responsabilità importanti.
Non ci sono manuali d’istruzioni che preparano alla gestione di questa straordinaria e complessa relazione.
Se la funzione genitoriale si blocca, a causa di conflitti, forti incomprensioni, modalità relazionali ipercritiche di comunicare con i propri figli, problematiche familiari, lavorative, personali che conducono a stati emotivi dolorosi e di forte stress, malesseri psicologici, percezione di incapacità a gestire la situazione, etc., è possibile intervenire per sostenere psicologicamente il genitore e/o i genitori ed accompagnarli verso un nuovo modo di stare insieme ai figli, più funzionale ed evolutivo di prima, nonché nel sostenerli come Persone.
Un momento di confronto con un professionista può portare giovamento alla relazione genitori – figli e ad aprire nuove vie nella percezione e nella comprensione del proprio comportamento e dei propri bisogni e di quelli dei figli stessi.
UN NUOVO EQUILIBRIO può essere ricercato:
*Lavorando attraverso un PERCORSO DI SOSTEGNO ALLA GENITORIALITA’, ovvero sostenendo il genitore singolo o la coppia genitoriale insieme con un intervento pragmatico, orientato alla ricerca e all’autoriflessione, che consenta ai genitori di diventare protagonisti attivi nel ritrovare un’espressione di genitorialità serena e costruttiva per la crescita dei propri figli, nonché per un senso di appagamento positivo circa la propria funzione educativa.
*Lavorando attraverso un percorso di TERAPIA FAMILIARE, per migliorare il funzionamento relazionale della famiglia e incrementare il grado di benessere individuale dei suoi componenti.
*Lavorando attraverso un PERCORSO PSICOLOGICO INDIVIDUALE del singolo genitore, per fare chiarezza dentro di Sé, esplorare il proprio mondo interiore, risignificare gli eventi della propria vita, riflettere sulla sua storia di figlio/a e sul suo essere genitore, riflettere sul proprio stile genitoriale per consentire di ridefinire un senso di genitorialità più consapevole per il proprio benessere e di quello dei propri figli.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale, empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé e di qualcuno importante per Te.
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