Il caregiver è colui o colei che “fornisce cure”, accudisce qualcuno che ha subito una diminuzione o perdita di autosufficienza per vari motivi: demenza vascolare, disabilità, patologia oncologica, patologia neurologica, decadimento cognitivo, malattia di Alzheimer, patologia psichiatrica, una sofferenza emotiva/psicologica, etc.
Il caregiver può essere un familiare o un professionista che si occupa del benessere dell’anziano o del malato.
L’equilibrio psicofisico di chi presta le cure, a lungo andare, può essere sottoposto ad un carico di sofferenza, disagio, affaticamento, stress, che incide negativamente sulla salute e sulla vita familiare e sociale del caregiver, che cade, tendenzialmente, in una condizione di abnegazione quasi totale di se stesso, a fronte delle responsabilità assistenziali considerate prioritarie.
Quali sono le conseguenze per il caregiver?
Chi affianca persone che necessitano di cura costante, può trovarsi a sperimentarne il così detto “burden caregiver”, cioè il “peso dell’assistenza” che mette a dura prova il benessere psicofisico del caregiver, causando disagio e sofferenza.
Il “burden caregiver” è essenzialmente una forma di stress, che tende a cronicizzarsi quanto più si prolunga la situazione di accudimento e si manifesta nelle forme più diversificate e soggettive.
I principali sintomi sperimentati dal caregiver quando questa condizione di stress persiste per molto tempo sono:
- Problemi del sonno.
- Problemi nell’appetito.
- Alterazione dell’umore.
- Difficoltà di attenzione e concentrazione.
- Problemi di memoria.
- Irritabilità, ansia.
- Preoccupazione persistente.
- Sintomi da somatizzazione (es. colite, cefalee, etc.).
- Abbassamento delle difese immunitarie con maggiore tendenza ad ammalarsi.
- Rabbia, senso di impotenza, senso di colpa, senso di sconforto e frustrazione.
- Aumento della conflittualità nelle relazioni interpersonali (es. figli, partner, fratelli, colleghi, etc.)
Spesso il caregiver può sentirsi ipercoinvolto, sentendo di aver assunto una responsabilità che non può delegare, al punto da percepire come una propria colpa anche eventuali criticità o peggioramenti nella Persona di cui si prende cura.
L’intensità dei sintomi del caregiver può portarlo a dover ricorrere a delle cure mediche. Il caregiver diventa così vittima della propria attività di cura verso l’Altro, inficiando anche la sua capacità di accudimento dell’Altro. In questo circolo vizioso, il caregiver si sente ancora più in colpa.
Riconoscere i segnali di stress
Ai fini della prevenzione è molto importante la tempestività nel riconoscere gli indicatori di stress (simili al burnout) sopra indicati che implicano un peggioramento della qualità di vita del caregiver, un abbassamento dell’autostima, un disinteresse e demotivazione verso tutto.
Nella maggior parte dei casi il caregiver non ne è consapevole, poiché non riesce a leggere ciò che è sotteso alla condizione di malessere e pertanto non riconosce questo come un problema.
Sostegno psicologico per il caregiver: quando?
- Compaiono sbalzi di umore significativi.
- Si percepisce un elevato stress e tensione, sentendo di essere arrivati al limite delle proprie energie psicofisiche.
- Si vuole migliorare la relazione con la Persona assista.
- Si desidera ricevere un sostegno nella gestione pratica della situazione.
- Si cerca uno spazio di conforto e confronto.
- Si vuole prevenire l’espressione di una sintomatologia psicofisica più significativa.
- Si vuole evitare di invalidare la relazione di cura con l’assistito, nonché le relazioni con propri mondi significativi (partner, famiglia, figli, colleghi, etc.).
In questi casi, farsi sostenere psicologicamente può essere un’opportunità per fermarsi, ritrovare il proprio benessere e vivere con serenità il compito di assistenza.
Ciò non significa non essere in grado di assistere la Persona malata, ma riconoscere e rispettare i propri limiti e progettare un tipo di assistenza più efficace.
Obiettivi
- Identificare le complessità della situazione ed individuare nuove prospettive e possibili soluzioni.
- Stimolare la riorganizzazione della quotidianità.
- Favorire l’emergere di risorse e potenzialità nel caregiver.
- Rinnovare energie e motivazione.
- Fornire un supporto emotivo, ovvero accogliere le emozioni negative, rabbia, tristezza, paura, il senso di impotenza, il senso di colpa, per ritrovare energie e un contatto con il proprio mondo emotivo.
- Acquisire efficaci strategie di coping per affrontare modificazioni dello stile di vita, gestire lo stress ed elaborare reazioni emotive.
POSSO ESSERTI D’AIUTO?
Interventi di sostegno psicologico rivolti ai familiari e ai caregiver, oltre ad avere un significativo rilievo per il ripristino del loro benessere psicofisico, possono avere una positiva ricaduta anche sulla relazione di cura della Persona malata e sulla sua qualità di vita.
L’intervento è personalizzato, in base ai bisogni del caso, può essere realizzato attraverso un percorso individuale o familiare, con lo scopo, in ogni caso, di riattivare quelle risorse emotive e fisiche che consentano al caregiver di percepire una maggiore padronanza della situazione e un maggiore senso di autoefficacia.
Essere ascoltati e confrontarsi in uno spazio professionale empatico e non giudicante è il primo passo per iniziare a prendersi cura di Sé.
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