Accudimento invertito
quando i figli diventano i genitori dei propri genitori

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L’accudimento invertito è una dinamica relazionale in cui il naturale equilibrio tra genitori e figli si altera, portando i figli ad assumersi responsabilità emotive o pratiche tipicamente assegnate ai genitori.

Questo fenomeno, spesso non riconosciuto, può avere significative implicazioni psicologiche ed emotive sia per i figli che per i genitori, arrivando ad influenzare le relazioni familiari, la crescita e il benessere emotivo, cognitivo, psicologico e relazionale del singolo componente e del sistema famiglia.

 

Cos’è l’accudimento invertito?

L’accudimento invertito o “parentificazione”, si verifica quando un figlio si trova a dover soddisfare bisogni emotivi, fisici o pratici di un genitore, invertendo il naturale ordine dei ruoli. Questo fenomeno può emergere in diverse situazioni, come nel caso di difficoltà economiche, di sofferenza psicologica o fisica di uno dei genitori, oppure in famiglie in cui il conflitto coniugale “forza” il figlio a fare da mediatore, etc.

A livello psicologico, il genitore in difficoltà sposta sul figlio una parte delle proprie responsabilità o dei bisogni emotivi ed esistenziali, cercando conforto o sostegno, nonché un’alleanza con il figlio stesso. In alcuni casi, il figlio diventa una sorta di “confidente adulto”, di “amico”, trovandosi ad assumere il peso di preoccupazioni e ansie che non dovrebbe gestire. Questo fenomeno può essere consapevole, ma spesso è il risultato di meccanismi inconsci.

 

Come si manifesta l’accudimento invertito?

L’accudimento invertito può manifestarsi in molte forme, spesso legate alla situazione specifica della famiglia. In alcune realtà familiari, il figlio si occupa di aspetti pratici e organizzativi della vita quotidiana, come gestire alcuni aspetti economici, fare la spesa, cucinare o prendersi cura dei fratelli più piccoli. In altri casi, il peso è in prevalenza emotivo, in quanto il figlio diventa il supporto principale per il genitore, offrendo consolazione nei momenti di crisi e di stress, ascoltando i problemi o assumendo il ruolo di mediatore nei conflitti familiari e coniugali.

Un’altra forma di accudimento invertito è quella in cui il genitore attribuisce al figlio aspettative irrealistiche, richiedendogli di comportarsi come un adulto in termini di responsabilità o maturità. Questo può condurre il figlio ad annullare i propri bisogni per adeguarsi alle richieste del sistema famiglia.

In quest’ottica il figlio o i figli si trovano a rinunciare a parte della propria infanzia o adolescenza, a privarsi di esprimere i propri bisogni emotivi, le proprie aspirazioni, il naturale processo di svincolo dalla famiglia d’origine, per soddisfare i bisogni del genitore o di entrambi i genitori.

 

Conseguenze psicologiche ed emotive dell’accudimento invertito

L’accudimento invertito ha un impatto significativo sullo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale del figlio. Essere obbligati o indotti (in modo consapevole o inconsapevole) a ricoprire il ruolo di adulto in età precoce, oltre a perdere il senso di spensieratezza dell’infanzia o dell’adolescenza, può condurre anche a difficoltà nel costruire un’identità autonoma e indipendente nei figli.

La responsabilità eccessiva può trasformarsi in perfezionismo, necessità di ipercontrollo delle relazioni o in una tendenza a collocare gli altri sempre al primo posto a discapito dei propri bisogni, con tendenza all’autosacrificio e alla costruzione di un’idea di Sé non meritevole di amore incondizionato.

Inoltre, l’accudimento invertito può anche far emergere forti sensi di colpa o inadeguatezza, poiché il figlio potrebbe percepire come un fallimento il non riuscire a “sistemare” i problemi o i malesseri del genitore, portando a un costante senso di insicurezza e insoddisfazione.

Situazioni di accudimento invertito o inversione di ruolo possano concorrere a problemi di autoregolazione in età prescolare e possono essere prognostici negativi in termini di salute mentale, quali ad esempio depressione, ansia, bassa autostima, sintomi psicosomatici e sintomi esternalizzanti come il disturbo della condotta nel bambino e adolescente.

 

Accudimento invertito e attaccamento insicuro

I figli che sperimentano una situazione di accudimento invertito, segno di un attaccamento insicuro con le figure significative di riferimento, tendono a manifestare un bisogno costante di rassicurazione, nonché difficoltà ad affidarsi e fidarsi delle figure di riferimento. Rispetto al grado di insicurezza sperimentato, questi bambini possono apparire eccessivamente dipendenti, cercando costantemente l’approvazione e la vicinanza del genitore per sentirsi al sicuro, giungendo, in alcuni casi, anche a sviluppare ansia da separazione. Al contrario, alcuni bambini adottano un atteggiamento evitante, mantenendo una distanza emotiva per proteggersi dal rischio di rifiuto o delusione.

Un’altra manifestazione emotivo/comportamentale è l’ambivalenza, attraverso la quale i bambini oscillano tra il desiderio di vicinanza e l’espressione di rabbia o frustrazione verso il genitore, esprimendo la confusione rispetto alla possibilità di affidarsi totalmente. Questi comportamenti sono inconsapevoli, rappresentano strategie che i bambini mettono in atto per adattarsi a un ambiente familiare percepito come poco sicuro, imprevedibile e poco rassicurante.

Nel lungo termine, l’attaccamento insicuro può influenzare la capacità di costruire relazioni sicure e appaganti nel mondo dei pari, nella coppia, nel mondo del lavoro, etc., rendendo significativo intervenire con un supporto adeguato a promuovere un senso di sicurezza, fiducia nell’Altro e stabilità delle relazioni.

 

Le origini dell’accudimento invertito

La dinamica relazionale definita accudimento invertito trova origine in molteplici motivazioni che spesso derivano da contesti familiari disfunzionali, caratterizzati da disequilibri organizzativi, emotivi e psicologici. Alcune situazioni che possono facilitare l’emergere di questa dinamica troviamo:

  • Genitori con difficoltà emotive o psicologiche: depressione, ansia, dipendenze da sostanze o alcol, altri disturbi mentali possono portare un genitore a dipendere emotivamente dal figlio.
  • Malattia di un genitore: situazioni di malattia fisiche possono portare il genitore ad appoggiarsi sul figlio.
  • Conflitti familiari: in famiglie con tensioni coniugali, divorzi, situazioni di famiglia allargata non accettata da uno o entrambi i partner, i figli possono essere coinvolti come figure di mediatori o confidenti.
  • Conflitti con la famiglia d’origine di uno o entrambi i genitori: i figli possono trovarsi a combattere le battaglie di uno dei genitori o di entrambi verso la generazione precedente (ad es. i nonni), sostituendosi nell’affermazione dello svincolo e indipendenza in nome dei propri genitori che non riescono a portare a termine a loro volta questi processi nei confronti dei loro genitori.
  • Difficoltà economiche o pratiche: in contesti di instabilità economica, i figli spesso assumono ruoli più attivi nella gestione della casa.
  • Mancanza di supporto esterno: l’assenza di una rete sociale o familiare estesa costringe i figli a colmare il vuoto lasciato dalla mancanza di altri adulti di riferimento.

 

Riconoscere le origini dell’accudimento invertito è il primo passo per cercare di ristabilire un equilibrio sano per il sistema famiglia e per il singolo componente della stessa.

 

Come si affronta l’accudimento invertito?

Intervenire sull’accudimento invertito significa mettersi in discussione e lavorare per acquisire consapevolezza sia a livello personale come Genitore, sia a livello personale come Figlio per agevolare lo svincolo, sia a livello di sistema famiglia.

Significa riconoscere, esplorare e modificare i modelli relazionali disfunzionali acquisiti e riprodotti nella propria Genitorialità, modelli acquisiti nella relazione genitore – figlio precedente.

Ogni genitore dovrebbe riconoscere le proprie problematicità e non trasferirle sui figli, dando loro la responsabilità di risolverle, in quanto non appartengono a loro.

Ogni figlio dovrebbe avere la possibilità di imparare ad avere confini sani e comunicare in modo diretto i propri bisogni alle figure di riferimento, senza sperimentare sensi di colpa, paura di deludere, pensando che esprimere se stessi, le proprie aspirazioni ed emozioni, sentirsi liberi di vivere la propria vita, prendersi cura di Sé non è egoismo, ma rispetto per la propria Persona e il proprio benessere.

Fare questo non significa non amare i propri genitori o familiari. Essere indipendenti, non significa tradire nessuno, ma consente di vivere ed esprimere la parte più autentica di se stessi.

Può essere un percorso che richiede del tempo, ma che può costituire la possibilità di vivere in un contesto familiare più sano, evolutivo per tutti i componenti del sistema Famiglia.

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