Sono come tu mi vuoi
diventare e non essere: modellarsi per essere amati

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Essere amati è la base di tutto, è fondamentale per la sopravvivenza. Crescendo, l’essere amati si trasforma nel bisogno di “essere amato così come sono”, nel bisogno di sentirsi visto, riconosciuto e accettato nella propria unicità.

Alcune persone non riescono a soddisfare questo bisogno innato, ricercando continuamente il compiacimento dei bisogni e dei desideri dell’Altro (es. genitore) da cui ci si aspetta amore e riconoscimento.

In questi casi, non posso essere naturalmente “quello che sono” e non ho diritto neppure di esplorarlo. Se ci provo, sarò punito, implicitamente o esplicitamente, attraverso forme di abbandono o rifiuto (es. se fai in modo diverso da ciò che voglio io, te la devi cavare da solo/a, etc.) o forme di punizione o ripicca (es. se fai come vuoi tu e ci lasci soli, se accadrà qualcosa sarà colpa tua, etc.).

Queste dinamiche relazionali all’interno delle famiglie o delle relazioni sentimentali o dei rapporti tra pari, sono più comuni di quanto si pensi. Se sperimentate nella prima infanzia, il bambino svilupperà una personalità adulta molto attenta ai micro – segnali di approvazione e disapprovazione e senza rendersi conto, tenderà da adulto a conformarsi costantemente, senza poterne fare a meno, alle aspettative degli altri (partner, amici, colleghi, etc.), questo per avere la minima percezione di essere accettato, di essere riconosciuto, di essere amato.

 

Bisogno di riconoscimento e approvazione

“Sono come tu mi vuoi” è il tipico atteggiamento di chi, per essere accettato e riconosciuto, cerca di soddisfare e aderire alle aspettative dell’Altro a discapito della propria individualità. Emerge un senso incompleto di autoriconoscimento che fa ricercare all’esterno l’approvazione che non si è in grado di trovare dentro di Sé.

Si tratta di un processo che emerge nei primi anni di vita, quando il bambino apprende a rinunciare al proprio modo spontaneo di essere, alle proprie emozioni per adattarsi ai bisogni dell’ambiente in cui cresce per garantirsi accudimento, attenzione e amore. Questo iperadattamento, che nasce come forma di sopravvivenza, nel tempo diventa un ostacolo per l’autoaffermazione e l’autonomia.

Il pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott parla di “falso sé” per descrivere quelle situazioni in cui la personalità si sviluppa su una base di imitazione e non di identificazione, con il risultato che chi si preoccupa sempre di piacere agli altri, svaluta il proprio modo di essere, pensare, sentire e agire, assumendo la prospettiva dell’Altro, conformandosi alle sue idee, gusti e desideri.

Ciò prevede che vengano lasciati in secondo piano il Sé e le proprie reali necessità, che faticano ad emergere ed essere ascoltate. Il riflesso di questo processo sulla costruzione di un’autostima positiva, di una personalità strutturata, di un Sé autentico, nonché di un senso di autodeterminazione forte, è imprescindibile.

La tendenza relazionale ad essere compiacenti, conformisti, modellandosi con l’Altro, farà indossare una maschera attraverso la quale alla Persona sarà impedito di ascoltare la propria voce interiore e di esprimere il proprio mondo interno, del quale lei stessa non riconosce le caratteristiche, sperimentando un senso di incompletezza e frustrazione costante.

 

La difficoltà a differenziarsi

Nell’impulso di compiacere, spesso, c’è una un’incompletezza del processo di differenziazione e individuazione. La Persona che si modella sull’Altro o lo vuole compiacere può avere un funzionamento dipendente e simbiotico, anche se in apparenza fornisce un’immagine contro – dipendente di falsa autonomia. In altre parole, non sempre le persone appaiono insicure e vulnerabili, talvolta la compiacenza e l’adattamento all’Altro si confonde con la ricerca di perfezionismo o alcune forme di narcisismo che dissimulano la fragilità, confinata al proprio mondo interno. In questi casi, oltre che l’approvazione, la Persona ricerca ammirazione da parte dell’Altro (es. “dimmi quanto sono speciale, indispensabile”).

La difficoltà a stabilire dei confini tra Sé e l’Altro comporta sentimenti di colpa nel momento in cui non si riesce a soddisfare quello che l’Altro chiede o si immagina possa desiderare, nonché un grande investimento di energie ed attenzione per comprendere se l’Altro è preoccupato per qualche ragione oppure quale siano i suoi desideri. Questo processo crea inevitabilmente, oltre che la ricerca di compiacere l’Altro, un senso di risentimento nei suoi confronti, in quanto non si ottiene mai la soddisfazione di un proprio bisogno o la quota di investimento nel rapporto è sempre sbilanciata.

Il conflitto negato con l’Altro per paura di interrompere questa relazione significativa (es. genitore, partner, amico, etc.) che è percepito in senso catastrofico dalla Persona, non solo come perdita dell’Altro ma anche, e più profondamente, come perdita di Sé, crea una forte ambivalenza interiore, che si esprime nel timore di mostrare il proprio sé autentico e le proprie emozioni negative, come la rabbia, e al contempo sentimenti di frustrazione e risentimento sperimentati per la negazione dei propri bisogni, nonché una mancata soddisfazione degli stessi da parte degli altri. Questo comporta che la Persona, per assenza di autenticità, non riesca a stare bene né con se stesso, né con l’Altro.

 

Chi sono veramente? Come posso riappropriami di me stesso?

Nella ricerca continua di approvazione e riconoscimento dell’Altro per sentirsi amati e riconosciuti, vi è una sorta di negazione della propria identità e, contemporaneamente, una ricerca, talvolta disperata, della propria identità.

Questa ricerca spesso comporta l’imparare a riconoscere ogni parte di Sé, dargli una casa, accettare le emozioni e l’inevitabile senso di confusione che, inizialmente può arrivare.

Occorre osare aprirsi, sfidando la paura del giudizio e il senso di non approvazione dell’Altro, come anche consentirsi di sperimentare uno spazio di libera esplorazione, come quello della psicoterapia, dove concedersi di fermarsi, ascoltare, sentire, pensare, emozionarsi, lasciar parlare la propria voce interiore, lasciando che la propria posizione nel mondo emerga e si legittimi.

Stare con se stessi in modo autentico significa imparare a capire quali sono i propri bisogni e le proprie risorse, in modo da rafforzare l’autostima, il senso di sicurezza e l’autodeterminazione, riuscendo a viversi in modo autentico.

Provare a stabilire, inizialmente, dei confini intermedi con gli altri, che potranno con il tempo divenire sempre più definiti è una possibilità importante da darsi, come lo è entrare in contatto con i propri stili di attaccamento, per poter comprendere nella propria storia come si è strutturata questa dinamica relazione (ricercare approvazione costante, compiacere e modellarsi con l’Altro per sentirsi riconosciuti ed amati) apprendendo un modo più evolutivo e adattivo di funzionare nelle relazioni, in famiglia, con il partner, con i figli, a lavoro, etc., che sia fonte di benessere psicologico, emotivo e relazionale per la Persona.

Per vivere bene con se stessi e con gli altri è necessario potersi esprimere secondo le proprie peculiarità, nell’accettazione e comprensione delle peculiarità altrui. Ciascuno di noi ha una propria identità che, se autentica, potrà non piacere a tutti, ma sarà in grado di relazionarsi con tutti, costruendo anche legami sinceramente affettivi. Il mascherarsi con comportamenti che non ci appartengono per sentirsi amati, ci porta solo a stabilire falsi rapporti, destinati a spezzarsi appena la maschera cade.

Ostinarsi ad indossare una maschera che non ci appartiene per il bisogno di sentirsi amati e riconosciuti, soffoca la possibilità di evolversi, di vivere liberamente, sopravvivendo e non vivendo. Solo tagliando le invisibili catene che ci impongono di interpretare la parte di comparsa in un copione scritto da altri, è possibile divenire protagonisti della propria storia, osservarsi con orgoglio allo specchio e dirsi, come scriveva lo psichiatra e psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung “Non sono quello che mi è successo, sono quello che ho scelto di essere”.

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