La rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale (IA) è agli inizi e i suoi impatti psicologici, positivi e negativi, stanno emergendo. Le persone desiderano dalla tecnologia non solo strumenti di supporto efficaci per lavorare e svolgere mansioni quotidiane, ma anche sostegno per il benessere psicologico.
L’Intelligenza Artificiale sta rapidamente aprendo nuove opportunità per una migliore comprensione dei disturbi mentali, la personalizzazione dei trattamenti e il miglioramento complessivo dell’assistenza psicologica. Si può dire che, l’integrazione delle tecnologie innovative nella pratica clinica sta cambiando il volto della psicoterapia moderna.
In tal senso, man mano che l’Intelligenza Artificiale estende la sua portata, sta diventando sempre più importante per psicologi e psicoterapeuti comprendere le capacità esistenti, il potenziale e le criticità di questa tecnologia per migliorare l’assistenza alla salute mentale.
ChatGPT: un’intelligenza quasi artificiale
Una delle tecnologie derivanti dalla rivoluzione portata dall’AI, è ChatGPT (Generative Pretrained Transformer), un chatbot sviluppata dall’azienda Open.AI. Come sempre, insieme a un nuovo strumento tecnologico, nasce anche il dibattito tra progressisti e conservatori che, come avveniva in passato per altre tecnologie, va a sfumare solo quando la tecnologia in questione si radica nella cultura e nelle abitudini delle persone.
Si può dire che, come Google, non è Internet, ChatGPT non è un’intelligenza artificiale, ovvero è più idoneo considerare ChatGPT un tipo di modello di linguaggio basato sull’architettura di trasformatori, addestrato a generare un testo coerente e rispondere a domande e comandi degli utenti sulla base di una moltitudine di dati testuali. In altre parole, Chat GPT è un Intelligenza Artificiale “debole”, in quanto, mancano molte delle qualità di un’intelligenza umana, infatti, può produrre risposte coerenti alle richieste degli utenti, ma può anche generare informazioni errate o non appropriate. Inoltre, non è del tutto corretto chiamare ChatGPT “Intelligenza” perché non ha, come l’intelligenza umana, la capacità di navigare ed esplorare territori ignoti trovando l’intuizione in grado di rivoluzionare l’ambiente circostanze per renderlo più adattivo.
Quando interagiamo con un’Intelligenza Artificiale Conversazionale (IAC) come ChatGPT, ci troviamo di fronte a un’illusione sofisticata: risposte fluide, tono empatico, un’apparente capacità di comprensione. Eppure, dietro ogni parola non c’è un interlocutore reale, ma un sistema che riorganizza dati linguistici senza comprenderne il significato. Ci sentiamo ascoltati perché attribuiamo intenzionalità alle parole dell’IA, come se fosse capace di empatia. Questo fenomeno è il risultato del meccanismo cognitivo dell’antropomorfismo, ossia la tendenza ad attribuire caratteristiche umane a esseri non umani, come animali, oggetti o fenomeni naturali. Questa inclinazione può influenzare il modo in cui interagiamo con le tecnologie, portandoci a percepirle come più affidabili o empatiche di quanto siano in realtà. L’essere umano, infatti, per natura riconosce intenzioni e stati emotivi anche quando non ci sono. Così, un chatbot che scrive «Mi dispiace che tu ti senta così» attiva nella Persona le stesse risposte emotive di una conversazione umana, pur essendo solo un’imitazione.
Con un’IA Conversazionale come Chat GPT, non si instaura una relazione reale, ma uno scambio unidirezionale: non è la nostra esperienza a essere compresa, ma solo il modo in cui la traduciamo in parole. L’effetto dell’antropomorfismo trasforma l’interazione con un’IA in una sorta di specchio emozionale, attraverso il quale proiettiamo sulla macchina il nostro bisogno di connessione e di relazione, vedendo in essa qualcosa che non è realmente presente. Questa proiezione può offrire conforto immediato, ma rischia di impoverire la propria capacità di distinguere tra ciò che è umano e ciò che è un’imitazione.
Il pericolo non risiede nell’uso dell’IA in sé, ma nella possibilità di abituarsi a un interlocutore che si limita a riflettere ciò che vogliamo sentire.
Criticità e opportunità dell’Intelligenza Artificiale in ambito clinico
Oggi, l’Intelligenza Artificiale sta ridefinendo il campo della psicoterapia, espandendo le possibilità di supporto psicologico oltre i confini del tradizionale setting clinico. Mentre un terapeuta umano può cogliere cambiamenti nel tono di voce, nelle espressioni facciali o nelle pause durante una conversazione, un chatbot si basa esclusivamente sul testo e sull’analisi di esso, condotta esclusivamente su modelli probabilistici. Questo può portare l’altro soggetto dell’interazione a reagire in maniera concreta e “sensata” a risposte della macchina che, pur essendo linguisticamente appropriate, non rispecchiano un reale scambio comunicativo. Molti utenti cercano tuttavia proprio questo, nell’interazione pseudoterapeutica con le IAC. Alcuni studi suggeriscono che le persone possano sentirsi più a loro agio nel condividere dettagli intimi con un chatbot piuttosto che con un essere umano, proprio perché sanno di non essere giudicate.
Ricerche recenti hanno evidenziato che, mentre i chatbot possono migliorare l’accessibilità ai servizi di supporto, non sono in grado di replicare l’alleanza terapeutica tipica di un incontro umano.
Inoltre, senza un monitoraggio umano, l’IA può interpretare erroneamente il contesto o fornire risposte inappropriate. Questo è particolarmente critico nei casi in cui il paziente manifesti pensieri suicidi o sintomi psicotici, ovvero situazioni in cui una risposta non adeguata può avere conseguenze gravi.
L’IA non possiede consapevolezza né intenzionalità: risponde in base a correlazioni statistiche tra parole, apprendendo dallo scambio verbale con l’utente, ma senza comprenderne il significato intrinseco. Questo influenza anche la dimensione della fiducia, infatti, molte persone potrebbero erroneamente credere di essere comprese da un chatbot, sviluppando un attaccamento che, in assenza di una vera reciprocità, potrebbe portare a forme di dipendenza emotiva o a un’errata percezione del supporto ricevuto. A fare da argine a questo scenario troviamo degli studi che hanno evidenziato che la fiducia nei confronti della terapia basata su IA è ancora bassa, soprattutto a causa delle preoccupazioni legate alla privacy e alla sicurezza dei dati.
Significativo è ricordare che la natura degli algoritmi di questi strumenti porta inevitabilmente a una standardizzazione dell’approccio terapeutico, in quanto, i modelli di IA, basandosi su set di dati predefiniti, tendono a privilegiare metodologie uniformi, come quelle cognitivo – comportamentale (es. il chatbot terapeutico Woebot Health sviluppato dalla Stanford University), mentre la psicoterapia si caratterizza per una molteplicità di orientamenti teorici, strumenti e pratiche, nonché di percorsi terapeutici personalizzati, “confezionati” ad hoc nel rispetto della fragilità e dei bisogni di una Persona. Gli obiettivi di un trattamento psicoterapeutico, infatti, sono sempre più orientati a raggiungere un’esperienza emozionale e relazionale riparativa, oltre alla risoluzione dei sintomi.
L’uso di ChatGPT e di altre tecnologie IA in psicoterapia non deve essere demonizzato, ma richiede un approccio critico e regolamentato. La collaborazione tra esseri umani e agenti artificiali potrebbe portare alla creazione di modelli ibridi, in cui l’IA funge da strumento complementare, affiancando il lavoro del terapeuta e migliorando l’efficacia degli interventi senza sostituire il contatto umano diretto. Questi strumenti possono offrire un supporto pratico, fungere da complemento alla terapia e aiutare a ridurre il divario nell’accesso alle cure psicologiche. Tuttavia, la loro adozione deve avvenire con consapevolezza dei limiti: l’IA non può sostituire l’empatia umana, né creare un’autentica relazione terapeutica.
La trasparenza e la supervisione umana restano essenziali per garantire che l’integrazione dell’IA nella psicoterapia non comprometta l’integrità delle relazioni terapeutiche e il benessere psicologico del paziente.
Sebbene l’IA possa svolgere un ruolo utile nel supporto alla salute mentale, la sua implementazione deve essere guidata da un’attenta valutazione dei benefici e dei rischi. Strumenti come ChatGPT possono offrire quello che sembra supporto e conforto, ma è essenziale mantenere una distinzione chiara tra un’interazione simulata e l’esperienza di una relazione autentica, unica e insostituibile nel suo essere profondamente umana.
Intelligenza Artificiale: nuove frontiere per la ricerca e la formazione in psicologia
L’Intelligenza Artificiale (IA), o Artificial Intelligence (AI), è un ramo dell’informatica che si occupa di creare sistemi in grado di eseguire compiti che normalmente richiedono l’intelligenza umana. L’AI mira a sviluppare macchine capaci di simulare e replicare alcuni processi come l’apprendimento, il ragionamento, la risoluzione di problemi e la percezione, attraverso l’utilizzo di complessi algoritmi che permettono di simulare le funzioni cognitive umane all’interno di sistemi informatici.
Date le sue innumerevoli implicazioni, questo tipo di tecnologia sta rivoluzionando numerosi settori, dalla medicina all’economia, nonché la psicologia. L’incontro tra Intelligenza Artificiale e Psicologia permette da un lato di aprire nuove frontiere nella comprensione della mente umana e nello sviluppo di strumenti innovativi per la diagnosi e il trattamento dei disturbi mentali, dall’altro di fa emergere interrogativi cruciali sulle implicazioni etiche e sulla validità di tali tecniche.
Sicuramente alcuni campi di utilità della AI riguardano l’offerta di importanti strumenti che consentono una migliore analisi dei dati clinici, identificando schemi e correlazioni che potrebbero sfuggire all’analisi umana. Inoltre, alcuni modelli di IA possono fornire un supporto nella diagnosi dei disturbi mentali con maggiore precisione, analizzando sintomi, comportamenti e risposte a test psicologici, rispetto ai metodi tradizionali. L’IA può accelerare la ricerca in psicologia, simulando esperimenti, facendo previsioni, analizzando dati neurobiologici, di neuroimaging e correlandoli alla manifestazione di sintomi e sviluppando nuove teorie a partire da dati osservabili.
Una delle applicazioni più promettenti dell’IA riguarderà la capacità di supportare studi clinici controllati su larga scala, attraverso i quali la ricerca in psicoterapia potrà accedere ed elaborare una vasta gamma di trattamenti e combinazioni di interventi terapeutici per determinare quali siano i più efficaci. L’analisi delle trascrizioni delle sessioni terapeutiche mediante l’AI può fornire un valore inestimabile alle ricerca clinica, infatti, può consentire di analizzare e comprendere le trascrizioni con una precisione e una velocità che superano le capacità umane. Ciò consente ai terapeuti e ai ricercatori di identificare modelli, tendenze o aspetti chiave delle interazioni terapeutiche che possono migliorare la pratica clinica e perfezionare le strategie di intervento, individuando i meccanismi del cambiamento e i fattori che contribuiscono al successo o al fallimento del trattamento. Inoltre, In aggiunta, l’Intelligenza Artificiale potrebbe essere utilizzata anche nella formazione di terapisti e professionisti della salute mentale. Ad esempio, potrebbe simulare colloqui di terapia e fornire feedback ai tirocinanti, oltre ad erogare formazione su tecniche o interventi terapeutici specifici.
In quest’ottica, si prevede che l’utilizzo di informazioni digitali integrate fra loro consentirà un miglioramento dell’accuratezza e della qualità del percorso dei pazienti, nell’ambito della diagnosi, del trattamento e della prognosi. Tutto questo, a patto che ci sia la consapevolezza di affrontare le sfide etiche e tecniche associate a questa tecnologia, garantendo un utilizzo responsabile e benefico per tutti.
Lo sviluppo responsabile dell’IA in psicoterapia
L’Intelligenza Artificiale (IA) si presenta come una risorsa potenzialmente rivoluzionaria. Il suo impatto nella pratica della psicoterapia può offrire un enorme potenziale per migliorare la qualità del trattamento e la ricerca scientifica. Tuttavia, l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale in psicoterapia richiede una valutazione rigorosa e un uso responsabile.
Considerando alcune dimensioni fondamentali, è possibile ipotizzare delle linee guida per un utilizzo responsabile dell’Intelligenza Artificiale in terapia:
- Consapevolezza dei limiti: spiegare al paziente che il chatbot terapeutico è un modello di linguaggio basato sull’intelligenza artificiale e non ha una comprensione personale o emotiva. Può fornire risposte generiche basate su modelli di linguaggio, ma non ha capacità empatiche o la capacità di comprendere le sfumature individuali.
- Utilizzo di fonti attendibili: incentivare il paziente a verificare sempre le informazioni trovate con fonti affidabili. La terapia e la salute mentale sono questioni complesse, quindi è essenziale ottenere informazioni accurate da professionisti qualificati e fonti autorevoli.
- Comunicazione con il terapeuta: sottolineare l’importanza di mantenere una comunicazione aperta con il terapeuta e di condividere qualsiasi dubbio o preoccupazione riguardo alle informazioni trovate online.
- Evitare autodiagnosi: incoraggiare il paziente a non cercare di auto – diagnosticarsi utilizzando strumenti derivanti dai chatbot terapeutici. Solo uno psicologo qualificato può fornire una diagnosi accurata basata su una valutazione completa.
- Sensibilizzazione alle possibili distorsioni: informare il paziente che i modelli di linguaggio dei chatbot terapeutici potrebbero non sempre fornire risposte neutre o oggettive. Potrebbero riflettere le distorsioni e i pregiudizi e bias presenti nei dati su cui sono stati addestrati.
- Rispetto della privacy: insegnare al paziente a non condividere informazioni personali sensibili o confidenziali con modelli di intelligenza artificiale o altre risorse online.
- Uso complementare, non sostitutivo: sottolineare che i chatbot terapeutici o altre risorse online possono essere considerate come strumenti di supporto, ma non dovrebbero sostituire mai la terapia o il supporto di un terapeuta qualificato.
- Gestione del tempo: incoraggiare il paziente a stabilire limiti di tempo quando utilizza risorse online per la ricerca di informazioni terapeutiche, in modo da evitare di diventare eccessivamente dipendenti da tali strumenti, isolandosi dalle interazioni umane.
- Filtro emotivo: invitare il paziente a tenere presente che i modelli di intelligenza artificiale non possono capire le emozioni umane, quindi, è importante non aspettarsi risposte personalizzate o empatia da essi.
- Benessere complessivo: ricordare al paziente che la salute mentale è un percorso complesso e individuale. Incoraggiarlo a concentrarsi su pratiche di auto – cura, come una dieta equilibrata, esercizio fisico, meditazione, etc. che favoriscano il benessere psicologico generale.
L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale può sostituire la relazione con il terapeuta?
Sebbene l’IA offra nuove opportunità, è sostanziale ricordare che non può replicare la complessità delle relazioni umane. L’empatia e la comprensione profonda rimangono peculiarità dell’essere umano. Il lavoro dello psicologo e dello psicoterapeuta, infatti, è caratterizzato dalla capacità di creare relazioni significative, elemento fondamentale e cruciale per lo sviluppo della terapia e della sua efficacia.
Ascolto attivo, empatia, intelligenza emotiva, astensione dal giudizio, curiosità, creatività, intuizione, rispecchiamento, accettazione e contenimento emotivo dell’Altro sono caratteristiche che molto difficilmente possono essere riprodotte con l’Intelligenza Artificiale, in quanto caratteristiche che consentono di creare un ambiente sicuro in cui il paziente può conoscersi, comprendere e ri – significare le esperienze della propria vita.
Sicuramente, l’IA apre a nuove frontiere il mondo psicologico, offrendo strumenti innovativi per la diagnosi e il trattamento. Al contempo, però, si può ricordare che il nucleo della terapia rimane, la relazione umana. L’obiettivo è quindi quello di integrare l’efficacia della tecnologia nel percorso terapeutico, valorizzando sia l’Intelligenza Artificiale che le potenzialità relazionali umane.
La responsabilità nell’utilizzo dell’IA implica una valutazione critica delle sue potenzialità e dei suoi limiti, nonché un’attenta considerazione dei rischi e delle implicazioni etiche. Perciò è importante che i terapeuti acquisiscano conoscenze basilari sul funzionamento delle IA, in modo da poter affrontare la complessità della psicoterapia mantenendo un equilibrio tra il contributo dell’Intelligenza Artificiale e le abilità umane indispensabili per una terapia efficace. L’invito è di promuovere la formazione continua e la collaborazione tra psicologi clinici, ricercatori e sviluppatori di IA, al fine di sviluppare soluzioni che siano basate sull’evidenza e rispettose dei bisogni dei pazienti.
In questo contesto, l’intervento di istituzioni globali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la World Psychiatric Association (WPA) è fondamentale. Queste organizzazioni possono svolgere un ruolo chiave nel plasmare il panorama dell’IA per la salute mentale, stabilendo linee guida etiche e operative basate sull’esperienza mondiale e sulla ricerca scientifica.
Attraverso il coinvolgimento di esperti e la promozione delle migliori pratiche, queste organizzazioni possono contribuire a garantire che l’uso dell’IA nella salute mentale sia responsabile, etico ed efficace per migliorare il benessere dei pazienti in tutto il mondo.