Alcune donne vivono il periodo della gravidanza serenamente, mentre altre sperimentano stati d’animo altalenanti, a volte negativi. Ogni donna vive questo momento in modo unico, in base ai propri tratti personologici e alla propria storia di vita.
Aspettare un bambino può suscitare uno stato di entusiasmo totalizzante che fa sentire la donna pienamente realizzata e in pace con se stessa e con il bambino che custodisce nel grembo. Per altre, invece, l’arrivo di una nuova vita può far sperimentare un senso di incertezza, insicurezza e senso di inadeguatezza (plausibili da provare) circa la propria salute e quella del bambino che deve nascere. Inoltre, più si avvicina il parto è più si è impazienti di conoscere il piccolo o la piccola e può emergere una sorta di “angoscia del distacco” da una creatura con la quale si è creata una simbiosi totale.
In questa moltitudine di stati emotivi, un ruolo significativo è svolto dagli ormoni. Durante la gestazione i livelli di progesterone ed estrogeni aumentano considerevolmente, stimolando oscillazioni dell’umore che variano dal riso al pianto, mentre l’aumento dell’ossitocina, poco prima del parto, favorisce il benessere della donna e la capacità di creare un immediato attaccamento al bambino.
Il benessere della mamma per il benessere del piccolo o della piccola
Per vivere meglio un periodo così importante può essere utile per la donna accrescere la consapevolezza dei cambiamenti psicofisici ed emotivi a cui si sta andando incontro. Infatti, da questo momento in avanti, la donna deve affrontare il passaggio maturativo da figlia a madre, nonché accettare i cambiamenti del proprio corpo, reimpostare la propria vita all’interno dei propri mondi relazionali di appartenenza (coppia, famiglia, lavoro, comunità, etc.).
Questa premessa fa comprendere l’importanza di riconoscere e ri – significare i propri stati psicologici ed emotivi per non andare incontro all’espressione di sintomatologia ansiosa o depressiva (dalla fase di pre – concepimento, al post la gravidanza), condizione non funzionale alla buona riuscita della connessione psicologica tra madre e figlio.
Uno studio del 2019 pubblicato su Infant Mental Health Journalism (IMHJ), la principale rivista internazionale dedicata alla ricerca sulla salute mentale infantile, riporta che la depressione e l’ansia materna possono avere effetti avversi sul bambino. Il feto interagisce con l’ambiente, tanto da agitarsi quando la mamma prova emozioni negative e rasserenarsi quando questa è tranquilla e rilassata. Per questo motivo, davanti alla comparsa di stati d’animo complessi, non bisogna isolarsi, né sentirsi a disagio, ma chiedere aiuto alle persone vicine e ad un professionista.
La pratica psicoterapeutica può contribuire a far ritrovare il proprio equilibrio alla mamma, a sviluppare l’autostima e l’autoregolazione emotiva, attuando strategie per riconoscere e “utilizzare” l’emozione provata in un dato momento, ovvero, generare interpretazioni positive di una situazione apparentemente stressante.
Il prendersi cura
Accudire un neonato, oltre che emotivamente coinvolgente, è un compito estremamente impegnativo. Può subentrare il timore di non essere all’altezza dei bisogni del piccolo o della piccola, anche se in aiuto alla mamma che prova questi sentimenti arrivano proprio il bambino o la bambina stessa.
La conferma di questo è emersa in una recente ricerca condotta dalla Professoressa Alessandra Graziottin, direttore del Centro di Ginecologia San Raffaele Resnati (Milano) e dal Dottor Mario Valerio Tartagni, specialista in ginecologia presso lo Spitalregion Furstenland Toggenburg in Svizzera.
Lo studio suggerisce che il feto aiuta la madre a sviluppare la capacità di prendersi cura di lui attraverso “messaggi d’amore” che lui stesso le invia, fin dalle prime settimane. Questi messaggi arrivano sotto forma di cellule staminali fetali, le cosiddette “cellule progenitrici associate alla gravidanza” (Pregnancy associated progenitor cells, Papcs), che dal bambino migrano nel cervello della mamma, in particolare nel lobo limbico, sede della dimensione emotiva e affettiva. Qui, le cellule fetali occupano il cervello della madre, potenziandone la capacità accudente e la capacità empatica.
Da quanto descritto, si può dedurre che durante la gravidanza, il corpo materno non è solo una fonte di sostentamento per il feto, ma anche un ambiente interattivo in cui avvengono scambi cellulari eccezionali, che sembra avere un impatto significativo sulla salute e sulla rigenerazione dei tessuti.
Le cellule staminali fetali, spesso associate alla crescita e allo sviluppo del feto stesso, svolgono un ruolo più ampio e versatile di quanto si potesse immaginare. Durante la gestazione, queste cellule possono attraversare la placenta e distribuirsi in vari tessuti e organi della madre, tra cui sangue, midollo osseo, pelle e fegato. Questo processo, noto come microchimerismo, è stato oggetto di studio e si ritiene che possa avere impatti duraturi sulla salute materna.
Più i “messaggi d’amore” riusciranno a trovare un ambiente biologicamente recettivo, più forte sarà il reciproco legame affettivo ed emotivo dopo la nascita.
Funzionalità delle Papcs
La migrazione di cellule fetali dagli embrioni alle mamme è presente in tutti i mammiferi. Quando un fenomeno è molto conservato nella scala evolutiva, significa che svolge funzioni essenziali alla sopravvivenza, in questo caso dei piccoli. Le Papcs svolgono:
AZIONI BIOLOGICHE
Le Papcs migliorano la tolleranza immunitaria della mamma verso il piccolo o la piccola, ovvero aumentano da un punto di vista genetico la capacità della donna di tollerare il piccolo o la piccola senza attaccarlo/a. Possedendo, il feto il 50% di codice materno e 50% di codice paterno, le Papcs permettono di accogliere meglio il bimbo, per il 50% estraneo all’assetto genetico della mamma (di fatto, il feto è un vero “allotrapianto”, un trapianto geneticamente diverso).
AZIONI AFFETTIVE
Le Papcs stimolano la mamma ad amare di più il piccolo o la piccola. La tolleranza immunitaria è necessaria alla vita durante la gravidanza, ma non è sufficiente. Dopo la nascita, le mamme devono prendersi cura dei piccoli di mammiferi, allattarli, riconoscere i pericoli, proteggerli dai predatori, affinché sopravvivano. Il viaggio più interessante è proprio quello delle Papcs che migrano nel cervello della mamma al dipartimento degli affetti e dell’amore, ovvero nel lobo limbico. In quell’area cerebrale vanno ad attivare nella donna incinta un più forte sentimento di attaccamento ai piccoli, che sarà utile e farli sopravvivere dopo la nascita.
In quell’area cerebrale, le Papcs si differenziano in cellule nervose e stabiliscono nuove connessioni con i neuroni della mamma, soprattutto in due regioni chiamate amigdala e ippocampo, che sono il nucleo della memoria e della regolazione delle emozioni. Lo studio con Risonanza Magnetica (RM) del cervello di donne alla prima gravidanza ha mostrato una grandissima attività di ristrutturazione, proprio nell’amigdala e dell’ippocampo. C’è perdita di sostanza grigia e aumento della sostanza bianca, ovvero vengono distrutti neuroni in eccesso, ridondanti (“apoptosi”, morte cellulare programmata), una perdita finalizzata a ottimizzare la funzione delle rimanenti cellule nervose che vengono connesse in modo più efficace.
E’ proprio in queste aree cerebrali che ha sede la capacità di una Persona di riconoscere e comprendere le emozioni e i pensieri dell’Altro, ovvero la base dell’empatia, quella capacità che sostiene l’amore della mamma verso il proprio bambino o bambina.
Questo processo così strabiliante, attraverso il quale anche il piccolo o la piccola in grembo partecipa nel modulare la capacità della mamma di amarlo/a, è un dialogo ancora misterioso e affascinante, al quale la ricerca biologica e neuroscientifica sta sempre più rivolgendo attenzione.
Fonte: www.alessandragraziottin.it